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Mara era entrata, probabilmente aveva sentito la conversazione dalla sua stanza.
"Hei" aveva detto sedendosi per terra accanto a me.
Ero scoppiata a piangere e lei mi aveva fatto appoggiare a se mentre provava a farmi calmare.

Charles aveva continuato a chiamarmi e a mandarmi messaggi.
Mi aveva scritto che una ragazza lo aveva morso al collo e che non era un succhiotto ma un livido.
Era una stronzata, ne ero certa.
La gente non va in giro a mordere le persone.

Martedi mattina Charles era sotto casa. Me lo aspettavo ma non gli avevo aperto la porta. Era rimasto un paio di ore e poi era andato via.
La sensazione di vuoto che sentivo dentro era devastante.
Il mondo mi era caduto addosso.
Vagavo come uno zombie a casa e a lavoro incapace di realizzare quello che era successo.
Ogni volta che prendevo il telefono per scrivergli o chiamarlo mi ricordavo che non potevo farlo, che mi aveva tradita ed era una coltellata dritta al cuore.
Ogni volta che mi ricordavo che era finita dovevo trattenermi per non scoppiare a piangere.
Ogni volta che sentivo il suo nome era un pugno allo stomaco.
Non volevo mangiare, avevo smesso di andare a correre e mi ero abbandonata al dolore senza provare a reagire.
Sapevo che sarebbe finita cosi.
Per questo avevo combattuto contro me stessa prima di decidere che potevo lasciarmi andare.
Un uomo che tradisce una volta lo farà sempre.
Chissà quante altre volte mi aveva tradito durante i suoi viaggi o alle serate con i suoi amici.

Fortunatamente avremmo avuto un paio di settimane di stop prima della prossima gara cosi potevo riprendermi.
Charles mi chiamava tutti i giorni ma non riceveva mai riposta poi giovedi sera aveva scritto un messaggio.

"Smetterò di chiamarti, non voglio assillarti e ti ho promesso che se te ne saresti voluta andare ti avrei lasciato libera di scegliere.
Sappi che non ti ho mai tradita, non ho mai pensato a nessun'altra se non a te.

Sei stato il mio girasole nei giorni bui, calma durante la tempesta e ossigeno quando mi mancava l'aria.
Sei stato l'amore più grande che potessi desiderare.
Ti amerò per sempre"

Ero scoppiata a piangere. Si era arreso e mi faceva male ma era giusto cosi.
La nostra storia era finita e prima troncavamo tutto meglio era per entrambi.

Venerdi a lavoro non ero in forma.
Probabilmente la notte passata a piangere aveva influito.
Non ci avevo dato peso ma intorno all'ora di pranzo ero uno straccio.
Anche gli altri se ne erano accorti ed ero stata mandata in infermeria.

Avevo 39 di febbre.
Ero andata a casa prima di infettare qualcuno.
Mentre dormivo avevo iniziato a tossire. Una tosse secca e fastidiosa che mi aveva svegliata.
Avevo un forte mal di testa e la vista era leggermente annebbiata.
Avevo preso una medicina ed ero tornata a dormire.
La febbre non diminuiva ed era continuata anche sabato e domenica.
Lunedi mi sembrava di stare meglio anche se ero debole. Non mangiavo da giorni e la tosse continuava a tornare e quasi mi strozzavo ogni volta.
Avevo chiamato il medico che mi aveva informato che si trattava di un'influenza. Mi aveva prescritto uno sciroppo per la tosse e Mara si era offerta di andare a prenderlo lunedi dopo lavoro.

Avevo iniziato la nuova cura ma martedi stavo persino peggio. La febbre era tornata sopra i 39 e passavo il tempo in stato semi incosciente.
Solo la tosse mi teneva sveglia.
Mi faceva male il petto anche a respirare. Una sensazione di bruciore come se avessi corso troppo.
Ero stesa sul letto e parlavo con Mara che era in cucina. Stavamo a distanza per evitare che si contagiasse.
Secondo lei dovevo farmi visitare perché era da troppi giorni che avevo la febbre.
Mentre parlavo ero stata sopraffatta da un attacco di tosse. Avevo tossito cosi tanto che mi sentivo la testa esplodere, avevo guardato il fazzoletto che avevo in mano e che avevo usato per coprirmi la bocca e c'era del sangue. Alcuni puntini più grandi e altri più piccoli.

Sapevo che non era normale "Mara ho sputato sangue" avevo detto allarmata "cosa? Io ti porto in ospedale" aveva detto lei e io ero d'accordo. Ero spaventata.

Avevo preparato un piccolo zaino con alcuni indumenti puliti e le prime necessità in caso di ricovero. Prima di uscire dalla mia stanza avevo indossato una mascherina e cosi aveva fatto anche Mara.
Mi ero seduta sui sedili posteriori dell'auto per mantenere più distanza possibile.
Ero debole e solo per aver fatto pochi passi mi mancavano le forze.
Appena entrata in Pronto Soccorso avevo iniziato nuovamente a tossire. Mi ero portata una mano alla bocca e una al petto che faceva sempre più male.
Quando ero riuscita a riprendermi l'infermiera in accettazione mi stava guardando con occhi preoccupati "da quanto va avanti questa tosse?" Aveva chiesto "venerdi" avevo risposto "metti questa" aveva detto lei passandomi una nuova mascherina.
Avevo tolto la mia, era sporca di sangue. Molto più del fazzoletto di prima.
Anche l'infermiera aveva indossato una mascherina "non può venire nessuno, potrebbe essere Covid e non possiamo rischiare contagi" aveva detto lei a Mara "vai Mara, ti chiamo dopo" avevo detto e mi ero fatta dare la mia borsa.
L'avevo salutata con la mano mentre l'infermiera spingeva la mia sedia a rotelle.

Mi avevano fatto un tampone Covid, negativo.
Ero stata visitata da uno pneumologo e poi mi avevano mandato a fare i raggi.
Sospetta polmonite.

Avevo atteso in una stanza da sola continuando a tossire e ogni volta era sempre peggio.
Il medico era rientrato "si, confermo polmonite" aveva detto "che devo fare?" Avevo risposto cercando di non sforzarmi a parlare perché mi faceva male anche la gola.
"Hai i sintomi da venerdi, la polmonite è progredita velocemente e ora è in fase acuta, inoltre sei molto disidratata. Dobbiamo ricoverarti qualche giorno, faremo un ciclo di antibiotici endovena e vediamo come risponde il tuo corpo" aveva detto.
Mi aveva appena confermato una delle mie paure. Essere ricoverata.
Avevo fatto tutto quello che mi avevano chiesto ed ora ero in una stanza con una signora che sembrava avere l'età di mia madre.
Il medico mi aveva detto di parlare il meno possibile e quindi avevo mandato un messaggio alla mia famiglia e poi a Mara e a Carlo spiegando la situazione.
Mamma si era subito preoccupata e stava già per partite per Milano ma ero in un reparto contagioso e non potevo ricevere visite.
Mi avevano messo l'ossigeno e iniziato a bucare per trovare una vena ma essendo disidratata avevano fatto fatica ma al terzo tentativo, sulla mano sinistra, erano riusciti a inserire l'ago e a iniziare l'infusione dei medicinali.
Sarei dovuta partire mercoledì sera per l'Arabia Saudita ma probabilmente me lo avrebbero impedito.

Love me - Hate me - Kiss meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora