3.8 Topi di campagna e topi di città

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Soobin si sedette sul divano, cercando di celare l'apprensione che provava.

Hoseok li aveva convocati tutti nel soggiorno della casa, annunciando di aver terminato il proprio lavoro e di avere delle informazioni da condividere con loro. Tuttavia, l'espressione seria del suo volto non sembrava comunicare segnali positivi. Soobin si impose di rimanere calmo, di non iniziare come suo solito a preoccuparsi troppo prima di sentire ciò che il ragazzo aveva effettivamente da dire.

Soobin si guardò attorno, notando Kai e Taehyun già diligentemente seduti sul divano davanti a lui. Yeonjun invece era seduto al suo fianco, come sempre. L'unica persona che mancava all'appello era Beomgyu. Non che Soobin ne fosse sorpreso, del resto.

"Qualcuno può chiamare Beomgyu?- domandò Hoseok, battendo ripetutamente il piede sul pavimento tradendo un leggero stato d'ansia- non ho molto tempo a disposizione prima che il mio aereo parta". Taehyun sollevò lo sguardo sul suo amico, stupito. Evidentemente non era a conoscenza della sua decisione. "Non rimani ancora con noi?" domandò. Hoseok scosse la testa "No, ho promesso a mia sorella che sarei ritornato da lei a Los Angeles prima del rientro in Corea". Si passò una mano tra i capelli castani, sospirando a causa dell'attesa. "Soobin, non puoi dire a Beomgyu di venire qui?" continuò, rivolgendosi al ragazzo. Soobin scosse la testa, vagamente divertito. "Beomgyu non ascolta mai, si comporta sempre come vuole lui, è inutile" ribatté.

"Eccomi, eccomi. Non c'era bisogno di ripeterlo all'infinito, sono solo leggermente in ritardo" sbuffò il ragazzo in questione, entrando nella stanza e sedendosi di peso sulla poltrona lasciata libera. I capelli lunghi fuoriuscivano dal cappuccio della felpa sollevato sopra la sua testa. A Soobin non sfuggì lo sguardo di Taehyun, vagamente preoccupato, rivolto verso il ragazzo appena arrivato nella stanza. Aveva un'incredibile voglia di prendere a schiaffi il suo migliore amico per convincerlo a risvegliarsi e decidersi a parlare seriamente con Beomgyu. Guardarlo in silenzio non avrebbe risolto niente nella loro relazione.

"Bene, posso cominciare allora- esordì Hoseok, battendo le mani e catturando di nuovo l'attenzione di Soobin- vi ho riuniti tutti per comunicarvi che sono riuscito ad infilarmi nel database utilizzato per gli scambi di reperti archeologici. Ne ho intercettato qualcuno proveniente dal sito degli Inanima, ma purtroppo non è emerso nulla di rilevante per quanto riguarda la tavola con il codice delle traduzioni. Sembra quasi che sia sparita nell'aria, evaporata come se non fosse mai esistita. In realtà qualche miliardario ne è in possesso ma per una ragione specifica, che non conosco, i dati di quella tavola non sono rilevabili". "È possibile che si siano già accorti della sua importanza?" domandò Yeonjun, mordendosi il labbro preoccupato. Chiunque vedendo dei codici incisi avrebbe potuto facilmente comprendere che si trattasse di una lingua sconosciuta.

"Non lo escludo, -ribatté Hoseok- ma il problema principale è un altro. Inserendomi nel network di comunicazioni tra i vari collezionisti d'arte e i loro trafficanti, ho scoperto un dettaglio molto pericoloso e inquietante. Qualche ora dopo la vostra incursione nel grattacielo, hanno iniziato a circolare nella rete numerosi messaggi di allarme. I collezionisti hanno considerato la vostra mossa come un palese interesse sospetto legato ai reperti acquistati provenienti dal deserto di Ordos. Molti di loro hanno richiesto espressamente ai trafficanti d'arte di indagare e approfondire la questione, poiché probabilmente se c'è stato un tentativo di furto quei reperti sono più importanti di quello che pensano. Vi avviso che qualcuno ha anche ipotizzato la presenza di un possibile tesoro".

Soobin impallidì vistosamente, sentendosi inghiottire dal divano in cui era seduto. "Non ci credo, non ci credo!" esclamò Yeonjun, alzandosi in piedi e iniziando a camminare per la stanza con le dita infilate tra i capelli. Kai fissava un punto fisso sul pavimento, non sapendo come commentare l'intera vicenda. Era stato tutto un autentico disastro, fin dall'inizio.

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