5.4 Il peso delle responsabilità

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Soobin camminava lentamente lungo la stretta via che portava all'ingresso della sua casa, attraverso l'enorme giardino.

Sospirò, guardandosi attorno. Era da mesi che non tornava nella propria abitazione. Quando erano rientrati a Seoul, seguendo Beomgyu in ospedale, Soobin aveva preferito prenotare una stanza d'hotel insieme a Yeonjun. Le motivazioni erano essenzialmente due: la prima era legata al fatto di voler trascorrere più tempo possibile insieme all'archeologo e non lasciarlo solo, la seconda invece riguardava proprio il non voler tornare a casa.

Mentre digitava il codice di riconoscimento per aprire la porta, sentì un senso di nausea risalirgli lo stomaco. Era da giorni che suo padre provava a chiamarlo o gli lasciava messaggi in cui gli diceva che aveva urgente necessità di affrontare un discorso serio con lui. Ovviamente, Soobin non aveva mai risposto. Disprezzava suo padre e una parte di lui, che però preferiva lasciare lontana, sospettava che ci fosse anche l'uomo dietro agli attacchi che avevano ricevuto. Sperava sinceramente di sbagliarsi, ma sapeva di doversi aspettare di tutto dal padre.

L'unica ragione quindi che lo aveva spinto a tornare nella loro villa di famiglia era molto semplice. Aveva terminato i vestiti e aveva necessità di recuperare un cambio. Si era recato in quel luogo alle prime ore della mattina, sperando che suo padre fosse già a lavoro e sua madre impegnata in qualche evento benefico con altre donne dell'alta società.

Tuttavia, le sue preghiere furono vane, dal momento che, quando entrò in casa, vide immediatamente la madre scendere le scale per recarsi in soggiorno. Come sempre indossava un completo elegante e i capelli erano perfettamente ordinati, ma non sembrava dover uscire di casa. "Bin-ah!" esclamò lei, sorpresa. Si avvicinò a rapidi passi verso il figlio, abbracciandolo forte. Quando percepì la rigidità nel corpo del ragazzo, che non stava in alcun modo ricambiando la stretta, si allontanò leggermente, non riuscendo a nascondere un'espressione delusa sul volto.

"Sono felice che tu sia tornato a casa, ma potevi avvisarci" proseguì poi, sistemando i capelli del figlio con un gesto della mano. Soobin sbuffò, allontanandosi da lei. "E per quale motivo? Per darvi modo di organizzare una trappola a mio danno? No, sono qui solo di passaggio, poi devo ripartire" ribatté il ragazzo, sfilandole accanto e dirigendosi verso le scale.

"Dove credi di andare, tu?" tuonò una voce maschile, proveniente dalla cucina.

Soobin si fermò immediatamente, un piede già appoggiato sul primo gradino della scala. Strinse gli occhi per quale istante, trattenendo un'imprecazione. Bingo. C'era anche suo padre.

Soobin si voltò lentamente verso l'uomo, che in quel momento si trovava in piedi accanto allo stipite della porta della cucina, una tazza di caffè in mano e l'espressione infastidita. "È da giorni che cerco di contattarti per poterti parlare- proseguì l'uomo- temevo di dover inviare qualcuno dei miei bodyguard per prelevarti. Invece sei arrivato qui di tua spontanea iniziativa" "Non di certo per chiacchierare con te- ribatté Soobin, incrociando le braccia al petto- sono di fretta, ci organizzeremo per un altro giorno".

"Non muovere un solo passo, -lo avvertì il padre, sibilando- Soobin, sono stanco dei tuoi comportamenti. Abbiamo già affrontato il discorso in passato ma non sembri aver capito. Continui ad atteggiarti ostinatamente da bambino ribelle, quando invece dovresti iniziare ad assumerti le tue responsabilità da adulto quale sei. Per questo motivo ho dovuto, come sempre, compiere una scelta per gestire la tua vita, dal momento che risulti totalmente incapace di essere indipendente. La nostra azienda ha bisogno di stipulare un accordo finanziario importante e quindi organizzeremo un matrimonio con la figlia di un ricco imprenditore, nostro rivale, con cui ho intenzione di siglare una potente alleanza".

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