JULIETTE
Di nuovo di fronte a quel palazzo, ero ancora lì, al suo cospetto e avevo la totale intenzione di fare in modo che quella divenisse una routine di ogni mia giornata.
Avevo la testa che scoppiava ed ero in un post sbornia assurdo.
La combo "avvenimento importante" unito a "una madre che non conosce limiti" ha dato vita ad un bel casino. Non appena ho fatto sapere a tutti la grande notizia abbiamo cenato tutti insieme per festeggiare, poi però io, Isabelle, Charlie e Martina siamo finite nel locale di Frank per festeggiare tra noi donne, divertendoci fino alle prime luci del mattino. Forse è stata una scelta un po' incosciente, ma gestire Isabelle Jones Miller era completamente impossibile.
E poi era da tanto che non mi divertivo così.
Entro roteando le chiavi della moto sul dito, avevo la capacità di ambientarmi velocemente ai luoghi nuovi e in quel momento, dopo aver messo semplicemente piede nell'atrio, già mi sentivo nel posto giusto.
La mia attenzione però raggiunse una figura che punzecchiò la mia tranquillità ancor prima che potesse notare che ero arrivata. Era in piedi, appoggiato ad una parete a guardare il telefono.
Contrariamente al giorno prima, non era sudato e provato dal lavoro, indossava un semplice jeans e una maglia nera a maniche corte. Il ciuffo sembrava costantemente bagnato, ma contrariamente al sudore in quel momento dedussi che fosse il gel a farlo sembrare così.
Mi avvicinai e quando mi notò non si sforzò nemmeno si sembrare contento di vedermi, mi squardò con riluttanza e il suo sguardo divenne subito duro e severo. <<Sei in ritardo.>> Fu questa la sua accoglienza il primo giorno. Lanciai un'occhiata all'orario che segnava l'orologio attaccato al muro.
<<Sono le otto e due minuti.>> Gli feci notare. Errore, quei pozzi oscuri si fecero ancora più bui.
<<Tu inizi alle otto, non alle otto e due minuti.>> Precisò. <<In questo lavoro in due minuti puoi perdere la vita.>> Roteai gli occhi già stufa di ascoltarlo, era tremendamente melodrammatico. No avevo ucciso nessuno per due minuti di ritardo e, per quanto mi sembrava, ero ancora viva, quindi non vedevo il senso di tutta quella tensione già di prima mattina.
<<E va bene, domani arriverò puntualissima.>> Stava perdendo più tempo a richiamarmi di quello che avrebbe potuto ottimizzare sorvolando su quei due dannatissimi minuti.
<<Miller.>> La sua voce si fece gelida. Mi inchiodò sul posto. <<Del tuo contentino del cazzo non me ne faccio nulla.>> Si avvicinò di un passo e a quel punto mi resi conto dell'effettiva differenza di altezza che ci divideva, gli arrivavo a malapena al petto, a dividerci c'erano venti centimetri buoni, se non di più.
<<Un altro ritardo, che sia anche di mezzo secondo e ti sbatto fuori, è chiaro?>> Annuii. Avere lui come tutor sarebbe stata la mia condanna a morte, l'avevo già capito ma d'altro canto era stato il grande capo ad affidarmi a lui, non potevo di certo lamentarmi di tale scelta.
<<Ora seguimi, prima di iniziare la giornata ci sono delle regole che devi conoscere e che devi tenere a mente fino a quando non ti chiuderanno in una bara.>> Iniziò ad avviarsi verso l'ascensore. <<O per lo meno fino a quando non ti licenzieranno, e ti assicuro che farò in modo che accada presto.>> Stargli dietro era già un'impresa, con quelle gambe lunghe riusciva a fare falcate che ci dividevano di almeno un metro, ma gli rimasi dietro, entrando nell'ascensore prima che le porte si richiudessero.
<<Penso di aver capito di non starti simpatica Wayne, non serve ripetermelo.>> I suoi occhi caddero di nuovo su di me, sul suo volto vigeva solo un'espressione ed era sempre seria, imperscrutabile, inesplicabile e imprevedibile. Non riuscivi mai ad anticipare cosa ti avrebbe detto, solo che sarebbe stata una ramanzina o un richiamo.
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Double Attraction
Romansa⚠️QUESTO LIBRO È IL QUARTO DI UNA SAGA, I PRIMI TRE LI POTETE TROVARE SUL MIO PRIMO PROFILO: sofiacuofano⚠️ Juliette è una ragazza che si era ritrovata a dover sopravvivere già dall'età di sei anni quando a malapena riusciva a dire il suo nome, avev...