CAPITOLO 59

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JULIETTE


Sentivo la bocca asciutta, secca come se d'improvviso non avessi avuto più la capacità di produrre saliva. La testa mi pulsava talmente forte che mi divenne difficile persino riuscire ad aprire gli occhi, ma mi sforzai comunque, sentendo che non ero più a casa mia dall'odore acre dell'aria che mi si annidava nelle narici.

I palmi, aperti sul pavimento sudicio, si punsero a causa di sassolini taglienti e si sporcarono di polvere quando tentai di alzarmi, ma il mio corpo a malapena riusciva a rispondere agli impulsi che gli mandava il cervello. Mi sentivo stanchissima, mi faceva male tutto, percepivo i muscoli indolenziti e gli arti bruciare.

Nonostante il dolore però tentai di tirarmi su dal pavimento su cui ero distesa, ma quando tentai di attirare le ginocchia al petto per tentare di mettermi a carponi e alzarmi, qualcosa mi tirò indietro il piede facendomi capitombolare con la pancia sul pavimento.

Una luce accecante mi fece assottigliare lo sguardo e mi rese ancor più difficile cercare di abituare la vista a ciò che mi circondava, che lentamente divenne più nitido e meno sfocato.

Era una stanza scura, completamente vuota e priva di finestre, l'unica luce che illuminava per come poteva quel tugurio, era una lampadina che pendeva dal soffitto e sotto al suo fascio di luce notai delle sagome.

<<Chiara...>> Sussurrai a stento con la voce ridotta ad un flebile mormorio appena udibile, avevo la gola talmente secca che parlare non mi riusciva nemmeno, ma tentai di chiamare l'ultima persona che avevo visto prima di svenire sul pavimento di casa mia e ci presi, perchè si trattava proprio di lei.

Il suo biondo chiaro risaltava ancor di più sotto la luce calda della lampadina, mentre i suoi occhi azzurri mi colpirono come due proiettili quando il rumore di una catena riempì la stanza, quando tentai di muovermi.

In braccio aveva Christian che sembrava dormire, perchè se ne stava disteso tra le sue braccia, senza tentare di allontanarsi da lei e ciò mi svegliò sul serio, allontanando la stanchezza dalla mia mente per lasciare il posto ad un'agitazione soffocante.

<<Oh ma guardala piccolo, la mamma si è svegliata.>> Parlò a mio figlio come se lui l'avesse potuta sentire, ma lui non si mosse di una virgola e ciò mi causò un forte senso di ansia che mi spinse a sporgermi verso di loro, tuttavia fui di nuovo bloccata da qualcosa e quando mi voltai vidi che una catena mi legava la caviglia ad una palla di titanio che pesava probabilmente un centinaio di chili, se non di più.

<<C-cosa... cos'è successo? Dove siamo?>> Mi tirai a sedere notando che indossavo ancora gli indumenti del giorno prima, il costume e il copricostume quasi trasparente, le scarpe invece non le avevo più.

<<Julie, piccola mia, ti è stato iniettato del semplice sonnifero e tu hai dormito per svariate ore.>> Il suo tono era scherzoso ed irritante come pochi, ma soprattutto, fu sufficiente a farmi perdere le staffe in pochissimo.<<Si può sapere perchè ci fai questo? Chiara io ti credevo->>

<<Cosa? Tua amica?>> Quelle sole parole la fecero scoppiare a ridere di gusto. <<Tesoro sono anni che vengo pagata per tenere te e Reed sott'occhio, vi controlliamo da ancor prima del vostro viaggio in Italia, avvicinarci a voi era solo parte dei nostri piani.>> Rimasi senza parole. Lei e Alessandro erano soltanto stati mandati per tenerci sott'occhio, tutta la recita dei bravi italiani accoglienti era stata una bufala bella e buona, ed io ci ero cascata con tutte le scarpe mentre Wayne ci aveva visto lungo. Lui non si era mai fidato di loro fino in fondo, fin dall'inizio aveva sentito che c'era del marcio in loro.

<<Ma perchè?>> Mentre le parlavo tenevo d'occhio mio figlio con il cuore in gola, non sembrava reagire alle sue carezze ed era strano, Chris era diffidente con le persone che non conosceva, era un bimbo introverso e di certo non aveva un sonno così profondo da non sentire le nostre voci.

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