CAPITOLO 16

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JULIETTE

Non avevo chiuso occhio per tutta la notte, mi sentivo uno straccio ma al tempo stesso ero fiera di ciò che eravamo riusciti a fare. Ne era valsa la pena, e non mi pentivo di aver sacrificato ore di sonno per aiutare mio fratello a risolvere i suoi guai.

Dalle macerie da cui eravamo partiti, la casa era tornata integra e come prima, il tutto grazie a un po' di olio di gomito, tanti prodotti per la pulizia della casa e al nostro cognome.
Mio fratello aveva conoscenze importanti e grazie al nostro cognome, far arrivare soprammobili, una televisione nuova e mobili nuovi, nel giro di una notte, era stato un gioco da ragazzi. In una notte eravamo riusciti a sostituire il tavolino che aveva frantumato, il televisore, i soprammobili che aveva distrutto e le cornici che aveva ridotto in pezzi. All'alba delle sette era tutto come nuovo, ogni cosa era tornata come prima e tutto scintillava come un diamante. Persino la macchia di Jack Daniels che aveva lasciato sul muro era andata via, anche se ci era voluta un'eternità e una forza nelle braccia tale che non le sentivo più.

Avevo le narici piene dell'odore della candeggina e della cera, dopo un po' mi aveva dato la nausea tutto quel pulito, ma pur di far tornare in equilibrio la relazione di Aidan con Charlie, risolvere il guaio che avevo causato e liberarmi dei sensi di colpa, avrei fatto qualsiasi.

Quando ero crollata sul divano alle sei e mezza del mattino avevo potuto ammirare l'alba sentendo le palpebre cedere, ma il rumore dei passi di mio fratello che continuava a girare per la casa, controllando che tutto fosse apposto, non mi aveva permesso di riposare neppure mezz'ora.

Era nervoso, lo era stato fin da quando la sbronza gli era scivolata via, e anche il quel momento, quando ero certa anch'io che tutto fosse tornato apposto, lui non riusciva a darsi pace. Ero certa che l'unico momento di tregua che si sarebbe concesso, sarebbe stato quando Charlie e i loro figli sarebbero arrivati lì. E ci speravo vivamente, era teso da troppo tempo, non aveva accennato al desiderio di bere qualcosa o fumare neppure per un istante. Io mi ero rimpinzata di caffè, lui nemmeno quelli, aveva solo preso la sua solita dose di medicinali quotidiana e aveva continuato a farsi in quattro per far in modo che tutto tornasse come prima.

Aveva riordinato la camera dei bimbi, anche se il casino che vi era non era stato causato da lui, aveva messo le lavatrici, che non mi aspettavo neppure che sapesse fare, aveva ordinato la spesa, pulito a terra, spolverato ovunque, lucidato i vetri e altre trilioni di cose. Il tutto aiutato dalla sottoscritta che aveva perso la testa a forza di stargli dietro.
Dopo aver sistemato il casino che aveva creato, si era messo a fare persino le faccende che a casa nostra faceva o la donna delle pulizie, o la governante che ogni tanto aiutava mia madre a tenere pulita la casa. E io avevo dovuto soccombere ad ogni sua richiesta per far in modo che si calmasse, e dovevo dire che un minimo si era anche calmato ad un certo punto, mentre pulivamo avevamo riso e scherzato giocando un po', poi però più si avvicinava la mattina e quindi il possibile ritorno di Charlie, più era entrato nel panico.

Pulire però ci aveva portato a parlare un po' di più di quanto stessimo facendo nell'ultimo periodo, e ovviamente lui mi aveva chiesto di Reed. Un argomento che avrei preferito superare a piè pari, ma che mi aveva costretta a fingermi una fidanzatina innamorata e desiderosa di raccontare qualche novità.

Aidan non lo conosceva e dalla faccia irritata che aveva ogni volta che gli dicevo qualcosa, finiva con lo sbuffare, anche se era lui ad avermi chiesto di parlargli di lui.

Gli avevo parlato un po' di che carattere avesse, di come ci eravamo conosciuti, le solite piccolezze che interessavano a chiunque. A lui però non interessava, avevo come l'impressione che avesse semplicemente voluto scoprire di più riguardo a quella storia, solo per inquadrare meglio Reed.

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