CAPITOLO 30

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WAYNE


Era esattamente quella parte che mi piaceva di più di ogni missione: gli inseguimenti.

In quegli istanti ero l'unico ad avere il comando della situazione, come sempre d'altronde, ma precisamente in quei momenti sentivo che tutto dipendesse solo ed esclusivamente da me, che ero la mia unica certezza, l'unica persona su cui riuscivo a fare affidamento.

Il rombo del moto che ruggiva, i clacson delle macchine che rischiavano di finire fuori strada per evitarci, correre più veloce di chi mi stava dietro e sentire lo stridere delle ruote sull'asfalto ad ogni derapata fatta come Dio comanda. Era tutto ciò che riusciva ad accendermi, a infuocare il sangue che mi scorreva nelle vene, a distendermi i nervi e caricarmi di adrenalina. Una droga, la mia unica droga che mi rendeva spericolato.

Sono in quegli istanti quando avevo tutto sotto il mio controllo, mi spingevo oltre ogni limite, dando il meglio di me. O forse il peggio.

Schivavo le macchine una dopo l'altra correndo a centocinquanta chilometri orari su una strada che tagliava il centro di Londra, se non avessimo avuto l'FBI dalla nostra parte oltre alle macchine che avevamo dietro, avrei avuto anche molti altri problemi a cui pensare. Anche se ci avrebbe odiato la polizia per i danni che stavamo per infliggere a quella città.

Cambio di marcia e una maggiore pressione sul pedale dell'acceleratore, mi permisero di raggiungere anche i centosettanta. Sapevo come domare i cavalli di quella bellezza, avevo io le redini, io l'assoluto controllo.

<<Si può sapere perchè ci inseguono? Se non hanno nulla da nascondere e non abbiamo rubato nulla, che senso ha che ci vengono dietro le guardie del K16?>> Juliette non sembrava intimorita, anzi, era a dir poco decisa e concentrata a voler capire cosa stesse succedendo e cosa potessero fare per sistemare la situazione, dopo che era stata lei a farci mettere gli occhi addosso da quei bastardi.

<<Non sono solo guardie della Davis, quelli sono anche scagnozzi di Cabrera, li devono aver chiamati immediatamente visto che è già la seconda volta che ci facciamo i cazzi loro.>> Kyle, al mio fianco, ricaricava la sua pistola mitragliatrice, pronto a far fuori qualche bello scagnozzo di quel figlio di puttana.

<<Ormai hanno capito che qualcuno gli sta alle calcagna peggio di quanto non ci stanno loro in questo momento, siamo nell'occhio del ciclone, ci vogliono tutti morti.>> Dei colpi rimbalzarono sulla carrozzeria della macchina spingendomi ad accelerare ancora di più, quella macchina era a prova di qualunque cosa, eravamo protetti ma dovevano riuscire a far fuori quei bastardi prima che tutta quella protezione concludesse con il fare una brutta fine.

Alla prima rotonda che avvistai poco distante da noi, riuscii già a pensare ad un modo per toglierci di mezzo alcune di quelle macchine che ci stavano attaccate al culo. Questo mio piano però avrebbe infranto più regole stradali di quante ce ne si poteva immaginare, per questo ero pronto ad agire.

<<Sidney, Kyle, quando ve lo dirò dovrete aprire le portiere e sparare a quei bastardi.>> Li informai.

<<Che hai intenzione di fare?>> Juliette dietro il sedile di Kyle non capiva, gli altri due invece avevano già inteso. <<Tu reggiti forte.>> Lo avrebbe scoperto da sola.

Spostate dal nostro arrivo irruento, molte macchine di civili spaventati si fecero da parte, lasciandoci la strada libera su quella rotonda che presi all'incontrario. Questa mossa azzardata e improvvisa, non permise agli uomini di Cabrera di starci dietro, così persero secondi preziosi girando all'ultimo dalla parte giusta della rotonda.

In quei secondi preziosi però io avevo già agito.

Era questo che intendevo con l'importanza dei secondi, con uno sbaglio, in poco portavi l'altro alla vittoria.

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