CAPITOLO 37

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JULIETTE

Sentivo il cuore nel petto battere all'impazzata e per una volta, non erano i ricordi dolorosi che mi portavo dentro, non era il mio passato che mi inseguiva mandandomi in crisi, non erano i miei incubi che mi assillavano. Era un desiderio impetuoso che mi scorreva lungo la colonna vertebrale, lungo il collo, le braccia, tra le cosce e sulle labbra dove sentivo ancora il suo sapore, impresso nel mio.

Gli era bastato poco per migliorarmi quella serata che d'improvviso, sembrava illuminata da una luce totalmente differente, che mi scaladava e rendeva tutto così brillante da incantarmi.

Quando ci dividemmo io rientrai in casa quasi correndo facendomi strada tra la gente, lungo il corridoio, per raggiungere la sala dove vi erano la maggior parte degli invitati, tra cui anche tutta la mia famiglia e i loro amici più stretti.

Mi guardai intorno cercando uno dei loro visi, quando ecco che due mani mi strinsero le braccia facendomi voltare. <<Oh eccoti finalmente!>>Mia madre agitata quanto me ma sicuramente per un motivo differente da mio, mi fece voltare incollando il suo sguardo attento sul mio aspetto, dovevo proprio sembrarle appena uscita da una rissa. <<Si può sapere cosa hai fatto fuori? Sei completamente scombinata.>> Incominciò a pettinarmi i capelli con le mani cercando di acconciarmi un po' meglio, poi dalla sua pochette dorata appesa al polso sottile, tirò fuori il rossetto rosato che mi aveva messo e me lo ripassò, pulendo le sbavature.

<<H-ho fumato.>> Che era la verità, semplicemente vi era stato un dopo che non le avrei raccontato e fu talmente distratta dalla festa, lo scoccare della mezzanotte e tutto il resto, che non fece altre domande accettando la mia scusa. <<Ti abbiamo cercata ovunque, sta per partire il conto alla rovescia Julie, vieni!>> Mi trascinò con sè verso il tavolo dove vi erano l'enorme torta a più piani e una bottiglia di Champagne simbolica, quella l'avrei semplicemente dovuta stappare ma sicuramente per far bere tutta quella gente, ne avrebbero dovute stappare a decine.

Il resto della nostra famiglia era raggruppata intorno a quel tavolo rotondo e i loro occhi si illuminarono al mio arrivo, soprattutto quelli di mio cugino che, consapevole del motivo di quel mio ritardo, mi guardò quasi con disapprovazione, preoccupazione e fastidio. Sapeva ma non tutto, anche se avevo come l'impressione che in fondo ci fosse arrivato da sè al fatto che tra me e Wayne le cose si erano chiarite, doveva averlo dedotto dal sorriso che improvvisamente aveva occupato il mio viso, e che non riuscivo più a togliermi dal volto. <<Tieni sorellina, devi solo far pressione sul tappo con il pollice e->>
<<Dan so come si stappa lo Champagne, non ti preoccupare.>> Accondiscendente alzò le mani e fece un passo indietro, tornando al fianco della compagna e dei figli che, insieme ai miei zii, a James e ai miei genitori, guardavano lo schermo del conto alla rovescia con gli occhi lucidi, come fosse stata la notte di Capodanno.

<<Oh ecco, ecco!>> Si agitò ancora di più mia madre, quando partì il conto alla rovescia e tutta la sala iniziò a contare all'unisono riempiendo la casa con un coro di voci. <<Dieci! Nove! Otto! Sette!...>> Contavano per me, per scandire il poco tempo che mancava e che mi divideva dai miei venticinque benedetti anni che si ostinavano a credere assurdamente speciali. Io invece quei secondi li vedevo come degli ostacoli tra me e ciò che mi attendeva al piano superiore, tanto che presi a contare anch'io fino a giungere quasi alla fine.

<<...Tre! Due! Uno!>> Ai lati del tavolo due sparacoriandoli elettrici riempirono l'intera sala di coriandoli colorati, e il loro scoppio fu seguito dal rumore che fece la bottiglia che stringevo in mano quando lasciai partire il tappo. <<Auguri Juliette!>> Gridarono tutti applaudendomi come fosse stata una principessa e a me, per una volta, riuscì quasi facile fingere che mi importasse perchè in quel momento stavo sorridendo davvero. Loro pensavano che fosse per tutto quel caos di colori e grida, quando invece era causato dall'uomo che speravo di trovare in camera mia una volta salita, ma loro questo non lo avrebbero mai saputo.

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