CAPITOLO 11

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WAYNE


Non sapevo perchè l'avessi seguita, non sapevo perchè quella sera mi attirasse così tanto, non avevo la più pallida idea di cosa mi fosse passato per la testa e non potevo neppure dare la colpa all'alcool, io in confronto a lei non avevo bevuto niente. Ero lucido, totalmente sveglio ed era anche per questo che mal sopportavo quella mia stessa idea di andarle dietro. Se avessi bevuto avrei potuto dare la colpa alla sbronza, ma la verità era che l'avevo seguita per tutta la sera con lo sguardo, non riuscendo a scollarglielo di dosso.

L'avevo sempre vista con quei suoi due stracci e non ero di certo abituato a vederla così, con quei dannati jeans attillati che le fasciavano a meraviglia quel culo sodo, il corsetto che le strizzava il seno piccolo facendolo risaltare ancor di più, quei capelli neri, legati in una coda che le accarezzava le spalle esili ad ogni movimento del capo. Ma non erano quegli indumenti il solo problema. Lei era il mio fottutissimo problema.

Non riuscivo a togliermela dalla testa e quella sera, il desiderio di avvicinarmi aveva sovrastato qualsiasi grado del mio autocontrollo.

Stava male per quel coglione, un figlio di papà che non la degnava neppure di uno sguardo. Non mi era piaciuto fin dal momento in cui li avevo visti arrivare insieme, aveva un visetto da bravo ragazzo, troppo buono per quella piccola bomba di sensualità e testardaggine. Una così andava domata e io mi sarei vendicato di tutte le volte che mi aveva fatto perdere la pazienza, arrivando al limite, regalandole qualcosa da pensare che non fosse più quel pel di carota. Mi sarebbe bastato poco.

La inchiodai contro il muro di mattoni del palazzo, poggiandovi una mano contro. Era minuscola al mio cospetto, ma quegli occhioni grandi di un verde intenso, che brillavano come due stelle, riuscivano a reggere i miei senza farsi spaventare. Io ero il buio e lei la luce, non saremmo mai potuti coesistere, ma come all'alba e al tramonto, per un attimo avremmo avuto modo di conoscerci meglio, per poi lasciarci andare. Nulla di più semplice. Ed io desideravo da morire di conoscere di cosa sapesse la sua luce.

<<Forse posso aiutarti.>> Le avevo detto, accarezzando con lo sguardo quelle labbra carnose di un rosato intenso, con l'arco di cupido ben marcato, socchiuse dai piccoli sospiri concitati che le stavo rubando. Era bella cazzo, dannatamente bella e io non riuscivo a smettere di guardarla.

<<Sicuro che dopo tornerà tutto come prima?>> Mormorò con un filo di voce, muovendo quelle labbra a cui mi ero avvicinato sempre di più. Aveva un profumo diverso dalle altre donne che avevo avuto, il suo era deciso, forte ma al tempo stesso ti attirava, ti rendeva soggiogato dal suo potere.

<<Tu mi odi?>> Le domandai sottovoce, percependo il brivido che la attraversò.

<<Sì.>> Bene, pensai.

<<Anch'io.>> Controbattei. <<Quindi non potrà mai cambiare nulla.>> E poi accadde.

Le nostre labbra si scontrarono in un bacio che intrecciò i nostri respiri, le mie si schiusero contro le sue, due nuvole morbide che mi alcolsero senza alcuna esitazione.

Era dolce, aveva un sapore dolce come il miele, un gusto delicato che mi rimase sulle labbra come dell'inchiostro impregnato in un foglio. Aveva una scorza aspra, ma il succo all'interno era divino.

Fu un bacio semplice, da cui mi staccai poco dopo, riaprendo gli occhi per guardare quelle perle verdi. Era stato un bacio a stampo, un semplice bacio.

Eppure avevamo tutti e due il fiato corto.

Mi passai la lingua sulle labbra e sentii il suo sapore, ancora. Era fottutamente sublime.

Double AttractionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora