CAPITOLO 44

583 34 17
                                    




JULIETTE

Da che avevamo accettato di rimanere a cena, a che avevamo accettato di spostare i nostri bagagli nella villa che Chiara e Alessandro avevano in Sicilia proprio a due passi dal mare. Come fosse successo non lo sapevo, quei due riuscivano ad essere tanto persuasivi da far cedere persino uno come Reed, mentre io ormai avevo imparato a non tentare neanche di contraddirli, tanto in qualche modo riuscivano sempre a farci fare ciò che volevano. E di certo non mi dispiaceva.

Da uno dei nostri uomini ci eravamo fatti portare i bagagli dall'hotel a quella villa meravigliosa, che sembrava più un castello. A quanto ci avevano raccontato era l'unica casa che sentivano veramente loro, le altre erano più appoggi che gli servivano per staccare durante i viaggi in barca, senza spendere in hotel costosi.

L'avevamo raggiunta la mattina dopo aver passato la mia prima notte in una barca, che dovevo dire non mi era dispiaciuta affatto. Era stato più strano svegliarmi e ricordarmi che stavo letteralmente galleggiando in un mare, nel blu più profondo, ma fare colazione con quella vista era stato meraviglioso.

Quando poi ci siamo svegliati per bene Ale ha ricondotto la barca al porto e da lì, con dei motorini siamo arrivati fino alla loro villa per farci portare le nostre cose e cambiarci, prima di rimetterci in moto.

Girare la Sicilia con due persone che la conoscevano come le loro tasche si era rivelato comodissimo, e anche più divertente.

Ci fecero un tour pazzesco e viaggiare su quei motorini mi fece riprovare quel senso di libertà che mi mancava, ma di certo non era come stare sulla mia Ducati, la mia bambina. Lei era imbattibile.

Conoscemmo posti nuovi, ci fecero girare e tra risate, granite al pistacchio con la panna, Cannoli e molto altro, visitammo tutto il possibile in un giorno. Ma con loro il tour non si soffermò soltanto alla parte storica, ci portarono in posti che solo chi conosceva quell'isola poteva sapere dove si trovassero.

E per la prima volta in venticinque anni conobbi il vero divertimento, ballare insieme a Chiara davanti ad un chitarrista seduto sul marciapiede di una via, andare su una moto d'acqua, girare per i negozi del centro città senza doverci preoccupare di essere fotografati.

E poi tanto mare, così tanto che me ne innamorai, quelle acque cristalline, quelle spiagge a me nuove. Miami si affacciava sul mare ma non ci avevo mai passato neanche un giorno, non ero mai stata un'amante di nuotate e ore intere passate a prendere il sole. Eppure mi stavo riscoprendo persino io stessa grazie a quel viaggio.

In quel momento eravamo a cena in un ristorante posto su un promontorio affacciato sul mare, la vista era a dir poco spettacolare e il cibo era gustosissimo, come qualsiasi piatto italiano e questo non andava affatto bene. In quei giorni stavo mangiando un sacco, avevo come l'impressione che ormai avevo preso ben più di un chilo, ma il problema era che non riuscivo a dire di no a tutte quelle prelibatezze che mi stavano facendo riscoprire un appetito nuovo, più persistente e vorace. Avevo costantemente fame.

<<Ma ancora non ci avete raccontato come vi siete conosciuti voi due comunque.>> Si accorse Chiara, mentre posava sul tavolo il terzo bicchiere di vino che si rigirava tra le dita, ed eravamo ancora al primo.

Wayne gli aveva detto la solita frottola che raccontava tutti, ossia che era un avvocato e che gestiva con suo padre uno studio legale di prestigio, nulla di più. Bugia che ormai mi ero abituata a dire forse con fin troppa scioltezza, ma era giusto che nessuno scoprisse la verità, perlomeno non sconosciuti.

<<Lavoro, mi ha assunta come sua assistente personale.>> Fui restia nel aggiungere troppi dettagli, quando si mentiva era facile venir scoperti, soprattutto se ci si dilungava in particolari che spesso e volentieri ci si dimenticava a lungo andare e così prima o poi, si cadeva nella trappola della verità.

Double AttractionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora