CAPITOLO 31

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JULIETTE

Mi aveva permesso di rimanere, era stata Sidney quella mattina a dirmelo, quando entrò in camera mia saltellando felice come non mai, mandata da lui, che a stento mi guardava. Alla base erano arrivati almeno una ventina di agenti dell'FBI con il loro comandante, un uomo tutto d'un pezzo sulla sessantina e l'aria di un veterano di guerra che sapeva il fatto suo. Vi era così tanto movimento tra quelle mura che mi sembrava di sparire tra tutti quei poliziotti, tutti loro sapevano per cosa erano lì, io ancora stavo imparando a capire come andassero le cose da quelle parti.

Reed, per tutta la mattinata, era stato impegnato a parlare con il comandante e alcuni suoi agenti per migliorare e schematizzare meglio il piano d'azione che avremmo attuato quella sera, io ancora sapevo fin troppo poco visto che non avevo presenziato durante la stesura di quest'ultimo, ma avrei potuto ascoltare quando più tardi lo avrebbero esposto a tutta la squadra.

Parlare con il nostro Capitano quella mattina era stato impossibile, persino Kyle che di solito gli stava sempre accanto, aveva passato più tempo a parlare con gli agenti dell'FBI per spiegarli la situazione. Ma Reed quel giorno era teso come una corda di violino, era impossibile da avvicinare. Sid mi aveva detto che era così ogni volta che si avvicinava l'epilogo di ogni missione, ma avevo come l'impressione che ciò che era accaduto la sera prima influenzasse in parte il fatto che neanche riusciva a guardarmi. O forse non voleva per non distrarsi, per pensare solo alla missione e ciò avrebbe avuto senso contando ciò che mi aveva detto la sera prima.

"Perchè arriverei a volere più di quanto vuoi tu e più di quanto posso permettermi."

Quelle parole continuavano a fluttuarmi nella mente senza darmi tregua. Quella storia tra noi due era iniziata quasi per gioco, avevamo iniziato a fingere di stare insieme per preservarlo da una denuncia da parte di James, poi siamo andati a letto insieme solo per puro divertimento, ma con il passare del tempo quell'attrazione tra di noi si stava trasformando in un legame che ci teneva uniti. Mi faceva arrabbiare come nessuno ci era mai riuscito, era in grado di smontarmi completamente solo a parole, ma quando tornava l'uomo che mi aveva lasciato conoscere solo un paio di volte, era tutto diverso. Io riuscivo a non pensare, a godermi il momento fino in fondo e lui cambiava, diventando l'uomo che nel corso della mia vita avevo atteso iniziando a perderci le speranze. Era diverso quando si lasciava andare, quando si toglieva la divisa e lasciava riemergere un briciolo di umanità.

Ed erano pensieri che mi frullavano nella testa mentre da sola, mi mangiavo un panino fatto con le prime cose che avevo visto nel frigo delle cucine, giusto per mettere qualcosa sotto i denti e non crollare durante la missione.

D'un tratto la porta si aprì e due agenti dell'FBI entrarono nelle cucine trovandomi lì, a mangiare il mio panino ricolmo di qualsiasi cosa, nel silenzio di una stanza vuota di persone.

<<Oh scusa, volevamo prendere qualcosa ma se ti disturbiamo...>> Parlò il biondino ben formato come il suo compagno mulatto, entrambi possedevano una stazza prestante, celata sotto la divisa da agenti, come tutti coloro che facevano quel lavoro e che dovevano allenarsi di continuo.

<<Entrate pure, tranquilli, non è mica un problema.>> Mi sorrisero entrambi, sembravano due ragazzi proprio a modo. <<Allora è vero ciò che si dice tra gli agenti dell'FBI, la figlia del grande Miller è il nuovo gioiello dell'A.S.>> La voce tra gli agenti correva veloce ma fin quando rimaneva tra di loro era tutto normale, sapevano mantenere i segreti o lo avrebbe già saputo chiunque. Presero dalla dispensa un paio di barrette proteiche e si sedettero di fronte a me. Vedere quelle barrette mi ricordò mia madre e mio fratello, ma soprattutto il fatto che ancora non mi fossi fatta sentire da quando eravamo arrivati a Londra. Più tardi le avrei dovuto scrivere un messaggio, pensai, ero adulta ma la mamma era pur sempre la mamma.

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