CAPITOLO 35

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WAYNE

(parte 2)

Continuavo ad aggirarmi tra i miei uomini controllando che facessero gli esercizi con la massima correttezza, raddrizzandogli di poco le posizioni se le trovavo scorrette, e gridandogli contro quando li vedevo anche solo crollare a terra sfiniti dopo i cento piegamenti a cui li avevo sottoposti. Ero nervoso e non poco, se non furioso.
Con me, con lei, con il mondo. Cazzo ero fuori di me quel giorno e riuscivo solo a prendermela con la mia squadra che non c'entrava assolutamente nulla. C'entrava una nanerottola di un metro e una formica, con i capelli scuri che aveva lasciato quel palazzo con le lacrime agli occhi, spezzando in due la corazza di impassibilità che indossavo quotidianamente e che mi illudevo fosse indistruttibile. E lo era sempre stata, fino a quando non l'avevo sentita incrinarsi nell'esatto momento in cui le avevo permesso di fuggire da me, di uscire dalla mia vita e di cancellarmi dalla sua perchè era meglio così per entrambi.

Sicuramente in quel momento era a casa sua e mi stava odiando, augurandomi le peggiori disgrazie e me le meritavo ma non voleva capire che l'avevo fatto per lei, che quel lavoro non faceva per lei perchè era troppo pericoloso e lei troppo impavida. Troppo spericolata, ed io mai avrei potuto permettere che le accadesse qualcosa, non a lei. Non me lo sarei mai perdonato.

Ma lei non lo capiva, non capiva un cazzo di quello che tentavo di fare per lei e io non ero neanche in grado di spiegarglielo perchè mai, mai mi ero ritrovato nella situazione di dover proteggere qualcuno al di fuori di me stesso. Figurarsi una donna. Le donne che avevo nella mia squadra mi portavano il massimo rispetto e mai gli avevo lasciato pensare che potessero avvicinarsi, dandomi una confidenza che mai avrei concesso loro, lei era stata l'unica che fin dall'inizio aveva ribaltato ogni equilibrio.

Tuttavia da quel momento in poi non ci sarebbe stata più alcuna Juliette Miller ad ostacolarmi e a distrarmi, gli equilibri si sarebbero ristabiliti e tutto sarebbe tornato al proprio posto, perchè sarebbe successo, ne ero più che certo.

<<Cento curl-up Evans, muovi il culo.>> Gridai contro ad uno dei miei uomini a cui vidi battere la fiacca.

<<Ma Capitano io->> Cristo santo quel cazzo di soprannome.

<<Duecento e non fiatare o aumentano!>> In silenzio Evans iniziò a farli senza lamentarsi minimamente.

Ed era quello il comportamento che mi aspettavo dalla mia squadra, totale sottomissione, da quelle parti ero io a comandare, dunque dovevano ascoltarmi e fare tutto ciò che dicevo senza mai lamentarsi.

<<Non pensi di star esagerando un pochino?>> La voce della mia coscienza mi raggiunse alle spalle come la coltellata di un vigliacco che ti colpiva alle spalle, e avrei tanto desiderato di essere sordo in quel frangente, ma ahimè il mio udito funzionava perfettamente come ogni altra parte del mio corpo.

<<Si sono allenati senza di me per troppo e ora si sono rammolliti, devo farli tornare a com'erano prima che partissi.>> Kyle mi affiancò osservando come stavo facendo io la nostra squadra che si allenava senza darsi alcuna tregua, lui era l'unico a cui avevo concesso la giornata libera, post-missione, consapevole che un giorno di fermo non gli avrebbe fatto di certo male, contando che se lo meritava.

Ma solo a lui.

A Sidney invece avevo ordinato di unirsi ai suoi compagni ed erano diverse ore che continuava ad allenarsi, trucidandomi con lo sguardo quando poteva. Probabilmente perchè era stanca e la stavo facendo sforzare, o forse perchè avevo appena licenziato la sua amichetta del cazzo. In entrambi i casi non mi importava nulla.

<<Io li trovo in forma, non è che sei tu che hai bisogno di sfogarti su qualcuno oggi?>> Mi posò un gomito sulla spalla, quel fatto che continuasse a tentare di capirmi quando io tentavo di nascondere tutto era snervante. Perchè alla fine ci riusciva sempre. <<Non ho bisogno di sfogarmi su nessuno.>> Borbottai infastidito scrollandomi di dosso il suo gomito, non avevo nessuna voglia di sentire il ronzio fastidioso della sua voce, che mi ricordava puntualmente che io ero una testa di cazzo, e che lui era quello che tra i due affrontava meglio le cose. <<Bah, io ti vedo nervoso e quando sei nervoso tendi ad essere anche irascibile e severo.>> Gli lanciai un'occhiataccia che sperai lo facesse tacere ma sembrava quasi che si divertisse un mondo a stuzzicarmi. <<Perchè di solito come sono?>> A quella domanda aprì la bocca per rispondere, ma la richiuse subito dopo rendendosi conto che non avevo tutti i torti, in fin dei conti quella era la mia quotidianità. <<Irascibile e severo, ma anche un pochino più calmo.>> Aggiunse dopo averci ragionato su.

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