CAPITOLO 7

564 22 1
                                    

JULIETTE

Le mani mi facevano male, avevo le nocche completamente distrutte e sanguinanti ma sopportavo bene, non era niente che non avessi già subito. Il dolore a malapena lo sentivo. Anche se non erano solo le mani a farmi male. Durante il circuito e il combattimento corpo a corpo mi ero resa conto che era vero, lì non scherzavano affatto. Una volta messi l'uno contro l'altro si scontravano come nemici, quando poi però interrompevano lo scontro era come se non si fossero appena malmenati fino a perdere sangue. Si stringevano le mani e sorridevano. Erano tutti legati da uno strano affetto, un rispetto reciproco e una fedeltà magnetica.

La schiena, le gambe, la testa e la pancia mi dolevano. Avevo avuto un blocco digestivo che mi aveva fatto bere fino a perdere i sensi e non stavo granchè neppure in quel momento, avevo la nausea, ma non me ne sarei andata da lì senza prima concludere tutte le attività della giornata.

Dopo essermi infilata di nuovo la tutina e essermi legata i capelli umidi in una coda, cercai la palestra, aprendo qualche porta. Erano tutti ancora alle piscine per il corso di sub quindi potevo curiosare un po'.

Quel posto era davvero enorme, proprio come me lo aveva descritto Reed.

Vi erano le saune, la sala del poligono di tiro, una sala riposo dove vi erano divanetti e macchinette ricolme di merendine proteiche e energy drink. C'era di tutto lì sotto, non mancava nulla.

Dopo qualche altro minuto di sconsolato girovagare, finalmente trovai la palestra.
Qualcosa di incredibilmente grande.

File di sacchi da boxe attaccati al soffitto, tappeti in spugna sottili ed enormi stesi a terra, un ring contornato da una recinzione, macchinari, attrezzi, pesi, vi era di tutto e di più. Qualsiasi cosa che potesse distruggere il corpo di una persona fisicamente stabile.

Era già tutto pronto per l'ora successiva. Boxe.

A terra vi erano guantoni, fasce per i bendaggi delle mani, i caschetti che non avevo la più pallida idea di come si chiamassero. Sembravano degli elmetti colorati. E tutti gli attrezzi annessi che ci sarebbero potuti servire.

Presi una delle bende e iniziai ad avvolgermela sulle nocche, facendo lo stesso anche con l'altra mano, mentre me ne stavo seduta al bordo del ring, in attesa che la squadra tornasse.

Il chiacchiericcio che sentii dopo pochi minuti, avvicinarsi sempre di più, segnò la fine del corso e anche del fatto che senza perdere troppo tempo si erano già cambiati. Lì dentro si correva sempre, costantemente, nessuno si prendeva un attimo per respirare.

Entrarono corricchiando uno dietro l'altro, raggiungendomi con sguardi quasi sorpresi. Non si aspettavano di trovarmi lì dopo ciò che era successo, glielo leggevo in faccia, ma avrebbero imparato a conoscermi anche loro da lì a poco.

<<Julie, Reed ci ha detto che eri tornata a casa.>> La ragazza dai capelli biondi come i raggi del sole, che avevo scoperto chiamarsi Sidney, mi raggiunse sedendosi a fianco a me, insieme ad altri che iniziarono a domandarmi come stessi, come mi sentissi, se andava tutto okay. Ecco, quelle attenzione per quanto apprezzabili, iniziarono a soffocarmi. <<Non sto male, posso continuare.>> Mentii, anche se solo in parte, non stavo granchè, mi sentivo ancora stordita ma non avrei dato la soddisfazione a Reed di mandarmi a casa con la sconfitta tra le mani. <<Ci hai fatto prendere un bel colpo, Miller.>> Un uomo dalla possente stazza, la pelle scura, gli occhi buoni e un fisico molto prestante, mi sorrise gentilmente ed io ricambiai. Si erano preoccupati tutti a quanto sembrava. <<Non serve che vi preoccupate tanto, ho un talento innato a mettermi nei casini da sola.>> Dove la vita poteva essere calma e tranquilla io sicuramente non c'ero, a me piaceva il rischio, l'adrenalina, il desiderio di conoscere i miei limiti fino in fondo e il più delle volte anche vincerli, oltrepassarli. Vincere me stessa.

Double AttractionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora