CAPITOLO 12

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JULIETTE

Mi sentivo una persona orrenda, più di quanto fossi già consapevole di essere.

La sera prima avevo dovuto guidare io per far sì che ritornassimo a casa integri, senza andare contro qualche muro. James non era in grado di guidare con l'occhio gonfio e il viso livido, pieno di sangue. Così l'avevo scortato fino a casa mia. Era mattina ormai, si erano fatte le quattro. E fu una fortuna perchè così eravamo riusciti ad entrare in casa senza nessuno che facesse ramanzine fastidiose, e lo avevo condotto fino in camera mia facendolo sdraiare sul mio letto. Da quel momento non avevo chiuso occhio.

Erano passate tre ore da quando lui era riuscito a prendere sonno, ma che fosse sveglio o addormentato la situazione non cambiava, non mi aveva rivolto la parola ne durante tutto il tragitto di ritorno e ne una volta arrivati in casa mentre lo medicavo.

Non mi aveva guardata, non mi aveva detto nulla, era rimasto scostante e freddo.

Facendomi sentire ancora più in colpa del solito.

Avevo sbagliato tutto, ogni cosa. Avevo permesso a Reed di avvicinarsi, gli avevo permesso di toccarmi, baciarmi ma il peggio era stato che mi era anche piaciuto per un attimo, mi era sembrato un'altra persona per un istante.

Poi tutto era svanito, ogni speranza di pace era svanita, lui era tornato ad essere il mostro senza cuore che avevo conosciuto e me lo aveva ricordato scagliandosi contro James, senza alcuna dignità, prendendolo a pugni come fosse stato il peggiore dei suoi nemici.

Era completamente privo di anima, ma in qualche modo lo avrei fatto pentire di tutto ciò che gli aveva fatto, non gliel'avrei di certo fatta passare liscia.

Mi sedetti sul bordo del mio letto, accanto a James che ancora dormiva, con il viso ammaccato, illuminato dalla luce del sole che filtrava dalle finestre.

Era così bello persino quando dormiva, che non riuscii a non sfiorarlo. Gli spostai una ciocca rossa di quel suo ciuffo ribelle, spostandogliela dagli occhi. Aveva l'occhio gonfio e il labbro rotto.

Non aveva la minima idea di quanto mi dispiacesse, era solo colpa mia se era ridotto così e anche di quel coglione di Reed che non sapeva rimanere al suo posto.

Mi alzai per lasciarlo riposare e uscii da lì. Ero già pronta per andare a lavoro, ma soprattutto carica di una rabbia che sarebbe bastato a distruggere mezzo mondo.

Scesi le scale girandomi le chiavi della moto tra le dita, era ancora presto e i miei erano già svegli, ma tentai comunque di fuggire in silenzio.

Invano, ovviamente.

<<Julie, vieni un secondo.>> La voce di mia madre mi arrivò chiara dalla cucina, ma non dissi nulla, rallentando il passo per sperare di poter ancora passare inosservata.

<<Non far finta di non avermi sentita, muoviti.>> Mi arresi. Era tutto inutile.

<<Che c'è?>> Entrai in cucina, sbuffando. Non avevo voglia di parlare quella mattina, ero già abbastanza stressata e nervoso di mio, ci mancava solo che mi facesse una ramanzina su qualcosa che ancora dovevo capire. <<Innanzitutto si dice "buongiorno mamma".>> Mi redarguì. Mio padre doveva essere in sala da pranzo o non si spiegava il perchè del suo parlare così sottovoce, c'era qualcosa che voleva dirmi che lui non doveva sapere. Il tutto divenne più interessante.

<<Buongiorno mamma.>> La imitai. <<Che c'è? Devo andare a lavoro.>> Tagliai corto, ero di fretta.

<<C'è che ti ho sentita cercare qualcosa nell'armadietto dei farmaci stanotte, è successo qualcosa a te o a James a questo punto, visto che mi sembri sana.>> Era impossibile nasconderle qualcosa, era come un cane da tartufo, sentiva l'odore dei guai a miglia di distanza, senza che io dovessi parlare. Era snervante non riuscire a nasconderle nulla. <<Non è successo niente.>> Tentai comunque di mentirle sperando che ci credesse. Invan, ancora. Mi guardò con rimprovero, alzando un sopracciglio, come a chiedermi se ci credessi davvero che lei potesse bersi una cazzata simile. <<Quindi se salgo in camera tua non trovo James pieno di lividi?>> L'avevo capita. Si era affacciata in camera mia mentre mi cambiavo, io non me ne ero accorta e lei era riuscita a vederlo, preparando una bella ramanzina da farmi.

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