CAPITOLO 49

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JULIETTE

Non poteva essere, erano le tre parole che mi rieccheggiavano nella testa come un eco deleterio che mi stava graffiando ripetutamente l'anima, per quanto mi mostrassi indifferente  e impassibile agli occhi di quei due uomini, che in quel momento erano chiusi nell'ufficio del mio capo che avevo trascinato nel mio ufficio, per non farmi sentire.

<<Comandante Brown lei lo sapeva fin dall'inizio vero, che si trattava di lui, non è così?>> Era inutile anche da chiedere, prima di lavorare con qualcuno quell'uomo era capace di spulciare nella sua vita fino ad arrivare al primo respiro esalato. <<Certo Miller, come sapevo ovviamente che tu hai lavorato per lui, che ti ha licenziata, che stavate insieme, che è partito per Londra quattro anni fa e che quindi facendo due più due è il padre di tuo figlio.>> Persino lui sapeva che era partito per Londra quando invece io fino a quel momento, ne ero sempre rimasta all'oscuro e ciò bastò a far riemergere l'odio e la rabbia che provavo per lui.

<<E ha comunque accettato di collaborare con l'A.S. senza dirmelo? Mi aveva detto che si trattava dell'FBI.>> Anche l'uomo che mi aveva regalato un posto nel mondo finalmente tutto mio, era arrivato a mentirmi, perfetto, pensai. <<Ti ho detto così perchè è stata l'FBI a consigliarmi loro per portare a termine questo caso, e non avrei voluto accettare perchè sapevo che avresti reagito così...>> Ribattè con semplicità.

<<Ma lo ha fatto comunque!>> Qualsiasi cosa avesse detto non cambiava il fatto che quell'uomo in quel momento era nel suo ufficio che ci aspettava, lo stesso che sarebbe tornato tutte le volte successive per collaborare con noi. <<Sì, perchè che tu ci creda o meno Miller, tu e quell'uomo siete i migliori in questo campo e sai chi mi serve per completare una volta per tutte questo caso?>> Mi guardava con le braccia incrociate e un sopracciglio alzato, di chi si vuol sentir dire ciò che sapevano persino i muri.

<<I migliori.>> Sospirai già stanca di quella situazione.

<<Esattamente, ora, sono più che certo che riuscirai a lavorarci assieme, senza che ciò che avete vissuto influenzi la missione, o sbaglio?>> Rovinarmi una carriera che mi ero conquistata da sola, riuscendo finalmente a vedere che i miei sforzi venivano ripagati, per un bastardo che se n'era completamente fregato di me? Non ci pensavo proprio. <<No, ha ragione.>> Non avrei lasciato che la sua presenza rovinasse ciò che mi ero riuscita a costruire fino a quel momento, a partire dal mio equilibrio mentale, e di vita.

Lui per me non era più nessuno, il niente più totale.

<<Come pensavo, ora torniamo nel mio ufficio o ci daranno per dispersi.>> E così facemmo, tornammo nel suo ufficio per la riunione che avrebbe unito, per quella missione, l'A.S. con la S.W.A.T.

Qualcosa che non accadeva spesso, anzi, che non era mai accaduto.

Il comandante si sedette sulla sua sedia, come fecero anche i due uomini non appena entrammo, io invece rimasi in piedi per accendermi una sigaretta dopo essermi spostata alla finestra, pur di non vederlo.

A quel punto la riunione incominciò ed io scoprii solo in quel frangente delle vere intenzioni di Cabrera e del suo alleato Garcia, di ciò che stava accadendo in Spagna e del fatto che la situazione era probabilmente più complicata di quanto avessimo previsto. Ciò mi bastò a comprendere che non ci sarebbe bastato qualche semplice giorno per riuscire a programmare tutto, ma ce lo saremmo dovuti far andare bene perchè non ne avevamo altro a disposizione.

Ad ogni modo, per fortuna la riunione non durò molto contando che i tre rimasero d'accordo per incontrarci l'indomani mattina, per incominciare la vera pianificazione del piano. In altre parole, avevo appena accettato di rinchiudermi in una stanza con quel bastardo e Kyle per ore, pur di far uscire un'idea che riuscisse a risolvere quel caos. Grandioso, pensai.

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