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Jughead Jones era la persona più strana che conoscevo.

Non solo per il suo stile, per le sue idee o per il suo carattere, ma anche per il suo passato.

Jughead nacque e crebbe a Toledo, una città fuori dal mondo.

Non parlava positivamente di quei tempi, e raramente mi forniva informazioni.

Non perché non si fidasse di me, ma per difendere la propria sanità mentale.

Si trasferì a Los Angeles in piena adolescenza. Era molto solo, viveva in condizioni pessime e raramente lo vedevi sorridere.

Il nostro primo incontro avvenne nel liceo della mia città. Lui era un mio compagno di classe e seguivamo gli stessi ed identici corsi.

Non so quando, né come, ma cominciammo a parlare e capimmo di essere affini.

Jones ed io eravamo piuttosto solitari, silenziosi e pacifici. E nel nostro silenzio, ci capivamo.

Erano più le volte che passavamo del tempo insieme in spiaggia, nel totale silenzio, piuttosto che quelle in cui parlavamo.

Nonostante questo, parlare con Jughead era una vera benedizione.

Era acculturato, tirava fuori cose intelligenti e mirate, non si perdeva in lunghi discorsi.

Era coinciso, ed essendo che i nostri interessi erano comuni, mi interessava realmente ciò che aveva da dire.

Era diverso dagli altri ragazzi. Non pensava solo allo sport, alle ragazze o al divertimento, ma si sforzava per portare avanti i propri obbiettivi.

Era uno scrittore con abili capacità, credeva nel vero amore e cercava sempre di fare del suo meglio.

Nonostante viveva solo con suo padre, la propria umanità era ben visibile. Era un ragazzo corretto e dalle buone maniere, con un'educazione impeccabile. Quando sbagliava era il primo a scusarsi, a chiedere perdono cercando di migliorarsi. Quando invece riconosceva di essere innocente, non ignorava il colpevole, ma cercava di farlo ragionare ed ottenere rispetto.

Non gli interessavano le scuse, soltanto pace e quieto vivere.

Ogni volta che necessitavo di un consiglio, Jughead era sempre pronto a donarmi un proprio punto di vista neutrale ed oggettivo.

Fidarmi di lui era una totale garanzia, ed era l'unica persona da cui apprezzavo i consigli sinceri, perché sapevo che non avrebbe mai cercato di ferirmi.

Forse era per questo che ultimamente gli parlai di Cheryl.

Stavo capendo che il mio interesse non doveva poi passare così inosservato. Perlomeno dovevo accettarlo.

"Jug, secondo te per Cheryl sono così...
antipatica?"

Eravamo nella sua stanza. Lui era seduto su una sedia e scriveva delle ricerche sul computer, io godevo del silenzio che ci avvolgeva.

Qui Veronica non avrebbe potuto disturbarmi, quindi avrei potuto leggere, pensare oppure rilassarmi nella più totale pace.

Jughead ci penso su, poi rispose. "Sinceramente non conosco Cheryl. Posso dirti che è particolare, ma non so come la pensa."

Io annuii, ma non ero soddisfatta. "Quindi?"

"Quindi... non so se i suoi atteggiamenti sono una difesa personale, dell'odio oppure è solo il suo carattere. Solitamente sei tu quella che legge le persone, non io." ridacchiò, poi si voltò nella mia direzione. "Piuttosto è strano che ad odiarla non sia tu."

"Perché dovrei?"

Strinse le spalle. "Forse perché non ti conosce eppure ti ha umiliata una volta ad una festa ed una volta in camera di Archie? Credo possa bastare."

Sospirai. Non aveva torto, e ne ero a conoscenza.

Forse, ciò che volevo sapere, era proprio questo.

"Che ne pensi del fatto che non mi interessa minimamente? Nel senso che...nonostante tutto quel che ha detto, a me interessa ancora conoscerla, e le sue parole ancora pesano."

Jughead fece un sospiro profondo. "So a dove vuoi arrivare, Toni."

"Ossia?" sorrisi in modo colpevole. "È solo una novità."

"A te non sono mai interessate le novità, Toni. A te interessano persone specifiche e mirate, per qualche ragione, e soprattutto è la prima volta che parli così tanto di una persona per così tanto tempo."

Ed ecco la sincerità di Jughead. Era così diretto che quasi sembrava che mi leggesse nel pensiero.

Non sapevo come rispondere, e nemmeno come comportarmi.

Forse, restare in silenzio, era tutto ciò che dovevo fare per non alimentare un possibile interesse.

Non poteva interessarmi Cheryl Blossom, perché era una mescolanza di forti emozioni, sensazioni ed impulsività.

Ma soprattutto, non potevo lasciare che qualcuno avesse così tanto potere su di me.

-

La mensa del mio college era un vero abominio.

Non solo per l'inciviltà di molti ragazzi, ma per il personale.

Erano tutti così stressati e scurrili che quasi facevano passare la fame.

Il cibo, poi, era disgustoso.
Quasi rimpiangevo la mia vita prima del college, con grandi pancake per colazione ed una tazza di caffè caldo.

Necessitavo di una pausa, e di questo ne ero certa.

Ad ogni modo, era l'ora di pranzo, e con il mio vassoio mi stavo dirigendo nel tavolo composto da me, Veronica, Josie, Jughead ed Archie.

Chissà per quale motivo, ma ero sempre l'ultima ad essere servita.

Mentre camminavo, sentii una mano sulla mia spalla.

Confusa mi voltai.

"Ti sono caduti questi." Cheryl si schiarì la voce. "Non volevo che restassero a terra, inquinatrice."

Afferrai i tovaglioli che mi porse, sistemandoli sul mio vassoio prima di rispondere. "Grazie, senza di te sarei rimasta senza."

Ridacchiai e Cheryl accennò un sorriso, poi si ricompose. "Te l'ho detto perché l'ho fatto, Antoinette. L'inciviltà non è tra i miei pochi difetti, non volevo salvare il tuo pranzo."

"Okay." sospirai. "Ti ringrazio per aver salvato l'ecosistema, allora."

Dopo un breve silenzio, parlai ancora.

Non sapevo perché ma non volevo che quella conversazione concludesse, ed in qualche modo volevo che Cheryl mi vedesse una persona migliore rispetto alla sua idea.

"Ti sta bene il bianco, comunque." la mia voce tremava e cominciai a sudare.

Cheryl abbassò i suoi occhi sul top che indossava, poi sollevò nuovamente lo sguardo. "Sì, ho notato come l'osservavi, l'altra volta."

Sentii il sangue congelarsi nelle mie vene e le mie guance ardere, potevo sentire il vassoio scivolare tra le mie mani sudate ed il mio cuore palpitare contro la mia cassa toracica.

Rimasi in silenzio per un momento, lei teneva le sopracciglia corrugate e le braccia incrociate.

"E comunque, lo so. Mi sta bene qualsiasi cosa."

Nota autrice
what if prendo 4 alla verifica di matematica di domani

𝘈𝘧𝘵𝘦𝘳𝘨𝘭𝘰𝘸 «𝙘𝙝𝙤𝙣𝙞»Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora