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"Santo cielo, Toni! Come stai? Cos'è successo? Dobbiamo andare in ospedale?"

Mia madre era una persona tranquilla e silenziosa, al contrario di quanto si potesse immaginare.

Lo era soltanto con chi non sapeva ascoltare, con chi non meritava le proprie parole. Quando si trovava circondata da persone che non conosceva si chiudeva e parlava poco, quasi mai, perché apprezzava più il silenzio che i mille discorsi detti a vuoto.

Eppure, con me adottava un altro tipo di comportamento: era logorroica, parlava di tutto, si preoccupava di qualsiasi cosa e necessitava che io fossi in salute.
Aveva ovviamente i suoi momenti no, dove non voleva parlare e si chiudeva in se stessa senza degnarmi di una singola parola, perché preferiva non ferirmi.

Aveva fatto tanto per me, nonostante non avesse mai ricevuto l'amore dei suoi genitori. E per quanto non fosse mai stata amata, a me donava quel piccolo privilegio di sapere che peso avesse il suo.

A volte era forse anche troppo tragica ed ingigantiva le situazioni senza farlo appositamente, proprio come in questo momento, che corse dal proprio hotel fino alla mia stanza del college dopo averle scritto di non star bene, e che di conseguenza non sarei potuta uscire quel giorno.

Io, che ero distesa nel mio letto, alzai gli occhi al cielo e poi sospirai. "Ho solo la febbre, mamma."

Seduta su una sedia, al mio fianco, vi era Cheryl. La mattina mi venne a svegliare e mi ritrovò in condizioni pessime, con la fronte che scottava ed un'emicrania a rendermi la giornata impossibile.

"Solo la febbre? Oh mio dio... sarà stata la pasta di ieri sera? Sapevo che quel locale non era dei migliori."

Mi scambiai uno sguardo comunicatorio con Cheryl, che si alzò e si fece da parte quando mia madre mi raggiunse.

Posò un mano sulla mia guancia, poi con le sopracciglia corrugate si allontanò sconsolata.
"Sei bollente, tesoro... questo è perché non ti copri abbastanza, o perché esci troppo spesso."

"O forse gira l'influenza?"

Lei continuava ad osservarmi sconvolta, come se si aspettasse il peggio o fosse successa una catastrofe.
Aveva lo sguardo assente, scuoteva lentamente il capo e teneva due dita sul proprio mento mentre rifletteva.

"Devo assolutamente andare in farmacia, non posso lasciarti così." sospirò, dopodiché si accorse della presenza della rossa che con le braccia conserte e la mascella contratta se ne stava in disparte.

"E tu... saresti?"

"Cheryl Blossom." rispose, avvicinandosi poi di qualche passo. "Piacere."

Mia madre annuì confusa ed ancora preoccupata, stringendo la sua mano che precedentemente le aveva teso. "Saresti un'amica di mia figlia?"

Cheryl posò lo sguardo nel mio, poi lo rivolse nuovamente a lei. "Sì."

"Bene." poi sorrise. "Vado immediatamente in farmacia. A breve ti porterò tutto."

Non feci neanche in tempo a rispondere che con la sua borsa lasciò la stanza, ed io rimasi ancora una volta da sola con Cheryl, nel silenzio più assoluto mentre richiudeva la porta.

"Scusa, lei è un po'... pessimista."

Cheryl strinse le spalle, poi si sedette al mio fianco. "Mi ricorda qualcuno."

Alzai gli occhi al cielo. "Solo esteticamente."

"Non vuoi assomigliare né a tua madre e né a tuo padre. Da qualcuno avrai dovuto riprendere il tuo carattere.." lei ridacchiò.

𝘈𝘧𝘵𝘦𝘳𝘨𝘭𝘰𝘸 «𝙘𝙝𝙤𝙣𝙞»Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora