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La nostra permanenza a Riverdale non fu poi così duratura.
Una settimana fu più che sufficiente per conoscere e passare del tempo con i suoi genitori, e soprattutto per visitare la città.

Cheryl disse che saremmo tornate per la festa di bentornato di Archie, con Veronica e Betty che sicuramente non avrebbero perso occasione per salutare un'ultima volta il rosso.

Noi percepivamo che Veronica stava male. Non era più così solare, produttiva, caotica. E quasi non si prendeva più cura di sé.

Ma soprattutto, era diventata più acida del solito.
Ed io, proprio da Cheryl, avevo imparato che bisogna sopportare chi si ama proprio nel momento del bisogno.
E quindi, anche se non lo facevo con cuore, mi destinavo ad ascoltare le sue cantilene.

"Riverdale è un obbrobrio, te l'ho detto."

"Non mi è sembrata così male." sospirai, poi mi sedetti sul letto di Betty. Ormai Veronica e Cheryl avevano già scambiato le proprie stanze.

"Perché eri con Cheryl. È ovvio che con lei ti sembri tutto perfetto."

Io alzai gli occhi al cielo, perché nel suo tono di voce potevo cogliere un minimo di sarcasmo, e non volevo proprio litigare. "E quindi? Quale sarebbe il problema?"

"Il problema? Non lo so." ammise. "È solo che... tu non ti leghi a nessuno. Odi tutti, e provi rispetto soltanto per te stessa."

Io strinsi le spalle, poi rimasi in silenzio.

Veronica piegò leggermente il capo da un lato, poi sospirò. "Si può sapere perché proprio lei?"

"Mh..." riflettei. "Perché lei è lei. Il resto è gente."

-

Io e Cheryl ci stavamo preparando per l'esame che a breve avremmo dovuto sostenere per ricevere la borsa di studio.

E al contrario del solito, non provavo alcuna competizione ma soltanto la speranza che una di noi due la ottenesse.

Perché era questa la realtà: la felicità di Cheryl era la mia e viceversa.
E ce lo eravamo promesse: nulla avrebbe dovuto cambiare il nostro rapporto, neanche qualcosa di così tanto importante.

Allora io mi rassegnai ad un tragico destino dove avremmo dovuto separarci, ma il mio cuore sapeva benissimo che quel premio lo avrebbe dovuto ricevere lei.

Lo meritava, perché aveva tutte le capacità e competenze per poter sostenere un trasferimento così importante. Ma più di tutto, sapevo che era il suo sogno, non il mio. E per qualche motivo, più di tutti era giusto che lei lo realizzasse.

Il mio era forse un capriccio, qualcosa che desideravo per poter fuggire in un posto che mi creava soltanto sofferenza.
Io volevo una realtà nuova, una nuova vita, ricominciare da zero per trovare finalmente la felicità.

Ed in sua compagnia era anche impossibile concentrarsi, perché il suo viso, la sua voce, le sue idee erano molto più interessanti del testo che avrei dovuto imparare.

E lei sorrideva di continuo, aveva sempre un viso così lucente che mi devastava, e volevo che mi danneggiasse la vista.

Ricordavo ogni singola parola che mi riservava, ogni discorso lo richiudevo nella cassaforte della mia mente ed ogni sua preferenza restava cucita nel mio cuore.

Ed adesso, con le nostre mani unite sul tavolo che stavamo condividendo nell'area riservata allo studio per gli studenti del nostro college, lei mi stava raccontando delle sue abitudini più strane che aveva quando era bambina.

Ed io volevo sapere tutto, perché sua madre mi aveva accennato che era l'essere umano più particolare al mondo, ma la rossa aveva fatto di tutto purché Penelope Blossom non mi rovinasse la sorpresa.

𝘈𝘧𝘵𝘦𝘳𝘨𝘭𝘰𝘸 «𝙘𝙝𝙤𝙣𝙞»Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora