cap 2

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Esco da Wal-Mart ripensando alla faccia che ha fatto il commesso.

Quando gli ho chiesto se sono i migliori quelli che ho preso, non sapeva cosa rispondermi, poveretto lui e stronzetta io.

Noto un furgone bianco, devo attraversare la strada, se mi sbrigo riesco ad arrivare alla macchina prima che transiti.

Va lento, ho tutto il tempo per attraversare, prendo le chiavi della macchina dalla borsa e le frecce si illuminano.

"Signorina guardi che ha la borsa aperta e le escono i documenti.

Non mi ero accorta di questo tale in camicia bianca, istintivamente guardo la borsa e non ci sono documenti che fuoriescono.

Succede tutto in un attimo, due braccia mi sollevano da terra e mi scaraventano all'interno del furgone.

Il furgone bianco penso.

Cerco di divincolarmi, cerco di mordere e graffiare.

Il cuore va a mille, non ho paura, non ho tempo per la paura.

Uno schiaffo mi arriva diritto in faccia, io riesco a graffiare la faccia di uno dei due.

Il furgone riparte e cado all'indietro sbattendo la testa contro il portellone posteriore.

Quello dalla pelle chiara con i baffi mi cade addosso, pure lui non se lo aspettava.

L'altro dalla pelle più scura chiude il portellone e per un attimo c'é buio, accende la luce di servizio e ritorno a vederci.

Sono stordita, cerco di sollevarmi facendo leva sulle braccia, un violento ceffone mi fa cadere di nuovo.

Sento il sapore del sangue in bocca, con la lingua mi tocco il labbro e sento male.
Mi accorgo di aver perso anche un sandalo.

Non ho tempo di cercarlo, un nuovo ceffone mi stordisce del tutto, cado distesa sul fondo del furgone, non so chi ma uno di loro mi sale con le ginocchia sulla schiena e grido disperata non riesco a respirare.

Prende le mie braccia esili e mi ammanetta le mani dietro alla schiena.
Grido disperata.

Mi spinge contro la parete laterale del furgone, non é delicato, non gli importa di farmi male, ha il fiatone, capisco che é agitato quanto me.

L'altro torna con un sacchetto nero e mi incappuccia.

Da adesso buio, e paura.
Grido con quanto fiato ho in gola, mi sento soffocare.

"Avete sbagliato persona, sono la persona sbagliata, c'é stato un equivoco.

Non mi rendo conto di piangere mentre grido quelle parole.
Attendo una risposta, sento solo un ceffone arrivarmi diritto sul naso

"Io non sono quella che stavate cercando.

Una raffica di sberle volano sulla mia testa, non riesco a difendermi ho le mani legate dietro alla schiena.

Mi ha fatto male, appoggio la testa tra le gambe e piango, fortuna che non mi ha rotto il naso e non esce sangue.

Ma perché mi hanno rapita, cosa vogliono da me, perché proprio a me, i soldi, vogliono i miei soldi probabilmente é cosi, oppure é una vendetta nei confronti di mio padre, mi drogheranno con punture, mi inietteranno droghe ogni giorno.

Sarò sbattuta in una cella sotto terra, niente luce, e si dimenticheranno di me, morirò di fame e sete.

E se volessero violentarmi.

Mi porteranno in un campo e mi faranno del male, immagino che mi strapperannò i vestiti e mi violenterannò tutti e tre.

Resto in un angolo, cerco con il piede il sandalo che mi manca, non so il perché ma lo faccio.
Non trovo niente e nessuno di loro me lo passa.

Parlano in una lingua che non conosco, non capisco niente di ciò che dicono, forse arabo o indiano.

Dopo un tempo che sembra infinito il furgone entra in un tratto di strada sconnesso, il mio culetto rimbalza sulle buche che il furgone incontra, spero che le buche finiscano in fretta.

Finalmente si ferma, ma ho paura, non so se era meglio prima, adesso mi devo aspettar di tutto, strada sconnessa, bosco o campi, alberi, ombra mi violenteranno.

Il motore si spegne, il portellone si apre e li sento uscire.
Immagino che faranno scendere pure me, invece il portellone si chiude e sento la serratura del mezzo richiudersi, mi hanno chiusa dentro.

Resto sola al buio, con le mani legate dietro alla schiena, vorrei toccarmi la faccia, mi fa ancora male per i colpi che ho preso.

Cosa ho fatto per meritarmi questo, ho trattato male tutti i miei compagni ma non possono essere stati loro a farmi questo.

Il tempo passa, forse un ora, non riesco a capire quanto tempo é passato, so solo che c'é un caldo che si soffoca, siamo a fine maggio e oggi si poteva prendere il sole, qui dentro ci saranno cinquanta gradi.

Ho bisogno di acqua, ho sete, non resisto più a stare seduta, ho voglia di muovermi, sento le gocce di sudore scendere lungo la schiena dentro alla mia canotta gialla.

Voglio trovare il mio sandalo, devo ingannare il tempo, devo fare qualcosa.

Dopo un paio di minuti lo trovo e lo calzo, una piccola soddisfazione che mi fa venire da piangere.

Mi siedo, spero sia dove stavo seduta prima, non voglio dargli modo di colpirmi ancora per niente.

Sto soffocando, il caldo mi porta allo stremo, non so se é passata un altra ora, ogni tanto mi appisolo, non riesco a rimanere lucida.

Ho sete, lo grido, acqua, acqua per favore, ho la gola secca, ho pure smesso di sudare, vorrei piangere ma non ci riesco.

Mi sveglio, sono sdraiata su di un fianco, il caldo sembra essersi fatto meno prepotentemente ma non so se resisterò ancora molto, la gola é secca, non riesco nemmeno a parlare.

Le braccia mi fanno male, sono intorpidite e non parliamo della faccia, la sento gonfia e duole.
Torno a dormire anche se non ne ho voglia.

Due braccia mi svegliano prendendomi dai piedi e mi trascinanano fuori dal furgone, l'aria fresca sul petto sudato mi fa venire la pelle d'oca.

"Acqua, acqua per favore.

Non riesco a dire altro nessuno mi risponde.

"Acqua vi prego, acqua.

Una mano mi prende per il collo e mi fa camminare, mentre un l'altra mi sorregge.

"Acqua, acqua per favore.

La Schiava di TerenceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora