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Come già previsto, Adrian aveva continuato ad ignorarmi. Aveva continuato a guidare tenendo gli occhi fissi sulla strada e io decisi di non aprire più bocca. Tanto non mi ascoltava mai e forse era quello il motivo per cui io e lui non saremmo mai andati d'accordo. Non riuscivo a capire perché continuassi ad ostinarmi a pretendere che diventasse gentile ed educato con me, però, allo stesso tempo non riuscivo nemmeno a capire perché si comportava sempre come un perfetto stronzo se io non gli avevo mai fatto nulla di male.
Se gli stavo così antipatica o se la mia presenza lo infastidiva così tanto perché non mi stava lontano allora? Era sempre lui quello che veniva da me, mai il contrario.
Io lo avrei lasciato in pace...

Adrian si fermò in un parcheggio ed io mi guardai attorno confusa: eravamo davanti a un supermercato. Perché?
Josef aveva detto che ci avrebbero pensato loro per il cibo e le birre.

Avrei tanto voluto chiedergli perché si fosse fermato, ma non lo feci. Lo stronzo scese dalla macchina e qualcosa mi suggerì che si aspettasse che io facessi lo stesso.

«Scendi.» disse seccamente, puntuale come un orologio svizzero.

Mi presi qualche istante per guardarlo male e scesi dall'auto senza fiatare.
Questa sarà una "vacanza" meravigliosa!

Appena entrammo al supermercato Adrian va direttamente nel reparto degli alcolici senza nemmeno aspettarmi. Alzai gli occhi al cielo continuando a seguirlo svogliatamente come se fossi il suo cane.

«Ti ricorda qualcosa?» mi domandò, mostrandomi la bottiglia di vodka alla ciliegia che teneva fra le mani.
Aggrottai la fronte.
«Le tue labbra sapevano di ciliegia, la sera in cui mi hai pregato di baciarti...» mi informò con un sorrisetto.

Diventai rossa in faccia e non capii se fosse per l'imbarazzo o per la rabbia.
Mi stava prendendo in giro di nuovo, di sicuro. «Per sicurezza, la prendiamo» disse più a se stesso che a me. «Vuoi qualcosa?» mi domandò mentre continuavamo a camminare a metà giro tra gli scaffali. Spalancai gli occhi e lo guardai con diffidenza. Perché prima era antipatico e poi mi chiedeva se volessi qualcosa dal supermercato?
«No, Adrian. Non voglio niente. Voglio solo che ti comporti bene» gli dissi calma.
«Mi sto comportando bene, infatti» replicò alzando le spalle.
«Adrian...» lo ammonii.
«Cioè, mi sto comportando bene da adesso» si corresse con un sorrisetto che però fece sorridere anche a me. Per la prima volta.
Sospirai e sperai che fosse così.
Non mi piaceva il suo lato da antipatico, cioè sempre.

Quando ci mettemmo in fila alla cassa, dissi ad Adrian che volevo pagare io la bottiglia di vodka alla ciliegia e le altre cose che avevamo preso: mi sentivo a disagio a mangiare e bere qualcosa che avessero  comprato solo gli altri. Lui si rifiutò dicendo che non fosse assolutamente un problema, quando arrivammo alla cassa provai comunque ad essere più veloce di lui e passai alla cassiera cinquanta dollari per pagare il tutto, ma lei prese i soldi di Adrian.
Mentre lui era intento a sistemare la roba nei sacchetti, vicino alla cassa vidi uno scompartimento di cioccolatini vari e ne comprai una scatola di quelli al caffè riuscendo finalmente a pagare io quella piccola somma, sotto al suo sguardo contrariato.
Ce li dividemmo durante il viaggio.


Quando finalmente arrivammo a destinazione erano già le sei e mezza passate e il sole stava tramontando dipingendo il cielo di colori caldi.

«È andato tutto bene?» mi domandò Lola aiutandomi a scaricare la macchina di Adrian.
«Se per bene intendi che Adrian è sempre antipatico, allora sì» le dissi ironica.
«È fatto così, ma come ti ho detto il primo giorno in cui ci siamo conosciute... non è così cattivo come sembra, è una brava persona» mi rassicurò.
«E tu che mi dici di Josef?» le chiesi guardandomi attorno per essere sicura che nessuno ci sentisse.
Lei si bloccò per un attimo e mi guardò senza dire nulla, un sorriso che voleva trattenere spuntò ugualmente sulle sue labbra e le sue guance si imporporarono.
«Ma cosa dici...» squittì imbarazzata.
«Lo sai che puoi dirmi tutto, Lola. Non ne farò parola con nessuno, lo giuro» le assicurai.
Inoltre lei mi chiedeva sempre se tra me e Adrian ci fosse qualcosa...
Mi guardò non sapendo cosa fare, ma alla fine sospirò annuendo.
«Be'... ecco... Josef è molto carino e... sì lui mi piace...» ammise con un sorriso amaro.
«Ma...» le sorrisi incitandola ad andare avanti. Avevo capito che c'era qualcosa fra loro due!
«Ma non penso di piacere a lui, Shannon. Se mi facessi avanti, farei una figuraccia e la nostra amicizia andrebbe a puttane, non sarebbe più la stessa cosa...» bisbigliò sospirando di nuovo. Ogni tanto lanciava qualche occhiata dalla parte dei ragazzi e sorrideva come un ebete.
«Per me gli piaci anche tu» le dissi sinceramente.

Dopo un'altro paio di botta e risposta capii che la mia amica non avesse più voglia di parlare di Josef, e io non volevo forzarla. Decidemmo di finire lì il discorso e che lo avremo ripreso una volta tornate a casa quando saremo state da sole. Cambiammo argomento e iniziammo a parlare di scuola e degli esami, mentre entrambe fissavamo incuriosite i ragazzi che stavano montando due tende abbastanza grandi.

Josef aveva scelto il posto, un piccolo spazio verde in cui non ci sono alberi se non attorno.
Il posto perfetto in cui fare un campeggio e montare le tende... avevano detto.
Anche Adrian sembrava avere esperienza con questo tipo di cose, dato che montò la tenda con una facilità assoluta.
Una volta finito di montare tutto, vennero verso di noi.
«Le tende sono pronte, manca solo la legna per accendere il fuoco» ci avvisò Josef sfregandosi le mani.

Lola ed io ci offrimmo per andare a cercare un po' di legna, ma Josef disse che era meglio di no.
«Le ragazze possono andare da questa parte, mentre noi da quest'altra» propose Adrian, infilandosi le mani in tasca.
«No, potrebbero perdersi Adrian!» esclamò Josef. «Non conoscono il posto e poi è quasi buio!»
«Oh, bene: allora vorrà dire che moriremo di freddo» sbottò Adrian alzando gli occhi al cielo.
«No, tu vai con Shannon. Io vado con Lola. Semplice» sentenziò Josef.
Adrian mi guardò e il sorrisetto che gli si formò sulle labbra non prometteva niente di buono.
Lola mi sussurrò un "fai attenzione!" senza farsi sentire da nessuno prima di seguire Josef in mezzo agli alberi.

Sospirai e mi voltai trovando Adrian con una sigaretta fra le labbra mentre continuava a guardarmi divertito.
«Che c'è? Cosa hai da guardarmi in quel modo adesso?»
«Niente. Andiamo» ribatté secco avviandosi dalla parte opposta senza nemmeno guardarmi.
Come sempre, lui camminava ad almeno dieci metri da me e sapevo benissimo che lo stava facendo apposta per irritarmi.
«Potresti aspettarmi?» gli chiesi
infastidita.
Lui si fermò di colpo e si voltò verso di me, l'espressione annoiata e il sopracciglio inarcato mi stavano suggerendo che di lì a poco avremmo litigato. «Sei lenta» sbuffò.
«Non sono lenta» lo guardai male.
«Be', non è colpa mia se le tue gambe sono corte» mi fece notare.
«Che razza di montato...» borbottai a bassa voce, quasi bisbigliando, mentre lui riprese a camminare dandomi le spalle.
Si fermò di nuovo di scatto, quasi facendomi scontrare contro la sua schiena e si voltò verso di me, il suo sguardo era cattivo.
«Cosa hai detto?» chiese irritato.
Adesso ha anche un udito fuori dal normale?
«Io... non ho detto nulla» mormorai rosicando tra i denti l'interno della guancia.
Lui si avvicinò pericolosamente a me e senza che me ne accorgessi, mentre indietreggiai andai a sbattere contro alla corteccia di un grande albero.
Perfetto, pensai.
«Ripeti quello che hai detto, se ne hai il coraggio.» Mi sfidò.
Era a pochi centimetri dal mio viso e sentivo il suo fiato accarezzarmi dolcemente le labbra.

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