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7 mesi dopo...

Adrian p💚v's

Mi é stato chiesto di scrivere che cosa sono, chi sono e di spiegarlo nella maniera più chiara possibile, come se lo stessi raccontando a qualcuno che non può vedermi.
Sono un ragazzo come tutti, ho i capelli biondi e gli occhi color miele, sono alto e vado in palestra. Sono nato nel lusso del sacrificio costante delle persone che mi hanno messo al mondo e non sapevo cosa volesse dire volere veramente qualcosa a qualsiasi costo, perché quando hai tutto non c'è niente in realtà che attira la tua attenzione, non esiste qualcosa che non si possa comprare con i soldi.
O forse, sono io che non ho mai desiderato qualcosa che non si potesse comprare... ma tutto quello che ho scritto fino ad ora é superficiale e vorrei accartocciare questo foglio e lanciarlo dritto nel cestino, ma non lo farò.

Io sono vernice sporca sopra a vestiti costosi, una macchia d'inchiostro che si espande e imbratta gran parte del mio corpo, ho cicatrici che tutti possono vedere ad occhio nudo se solo non le nascondessi. Ho un'anima tormentata che non ha mai trovato la pace nelle cose giuste della vita, ma l'ha sempre cercata nelle cose temporanee, come una bottiglia di Gin che arriva alla fine e non sai se aprirne un'altra o accontentarti di quella che hai già ingerito; quando non sai se trattare le donne come pezzi di carne che respirano sia  poi così sbagliato, se con te hanno fatto la stessa cosa più e più volte.

Sono quello che ha sempre vissuto la vita accontentandosi della mediocrità... finché non ho visto la mia sentenza di morte riflessa dentro ad un paio d'occhi azzurri; non ho mai voluto accettarlo, non ho mai desiderato di essere legato a qualcuno, perché l'amore mi rende debole, mi rende vulnerabile... mi porta ad afferrare le chiavi della macchina ad orari improponibili della notte e a premere con forza l'acceleratore per allontanarmi il più possibile.
Mi sono reso conto che sono scappato da un milione di posti, un milione di volte, ma la cosa più difficile di tutte da capire é che stavo scappando solamente da me stesso.
E fino a qui, questo ero io fino ad un paio di mesi fa.

Vorrei scrivere di quello che sono diventato in questi mesi, mettere su carta tutti i traguardi che ho tagliato da quando ho imparato ad accettare e non a respingere, da quando la mia vita ha preso tutti i colori della tavolozza e gli spazi bianchi sono stati riempiti... e da quando ho accettato di essere degno dell'amore che pensavo di non meritare, e di restituirlo reciprocamente a Shannon, il paio di occhi azzurri che mi hanno cambiato la vita e l'hanno stravolta. Insieme abbiamo creato qualcosa che ci terrà uniti per la vita e che continuerà a vivere anche quando noi andremo oltre.
Ancora non so di che colore saranno i suoi occhi, ma Dr. White, ora devo proprio lasciarla: sta per nascere mio figlio.

Adrian


Ripiegai il foglio e me lo infilai in tasca, Carrie e mia madre avevano fatto per ore avanti e indietro per il corridoio, in ansia ed emozionate all'idea di diventare nonne... anche se vedevo più serenità in mia madre.

«Carrie, va tutto bene?» le domandai notando i suoi occhi lucidi.

«Sì, sono solo emozionata...» replicò venendo a sedersi di fianco a me e prendendomi la mano.
«So che mia figlia ti ha raccontato quanto é stato difficile per me averla così giovane, più giovane di voi...» sospirò, «Shannon si é sempre sentita come se fosse stata un po' di troppo, come se le cause della mia mancata realizzazione negli studi e nelle altre cose fossero dipese da lei... ma é stata una mia scelta e non mi sono mai pentita di nulla. Ogni respiro che mi ha regalato mia figlia é stata una benedizione e tra poco capirai anche tu quanto l'amore possa essere incondizionato. Spero che appena prenderà tra le braccia vostro figlio per la prima volta se ne possa rendere conto e mettersi l'anima in pace» mi sorrise con le lacrime agli occhi e tirando su con il naso.

In un gesto spontaneo l'abbracciai e la ringraziai all'orecchio, prima di sentire un urlo più forte degli altri che mi fece accapponare la pelle e battere il cuore fortissimo.
Era come se qualcosa dentro di me si fosse staccato dal mio corpo e fosse uscito al di fuori... non potevo sbagliarmi: lui era lì.
Era arrivato.

Avevo avuto appena il tempo di pensarlo, che la porta si aprì e lo sentii piangere ancora prima di vederlo. L'ostetrica mi cercò con lo sguardo e si abbassò la mascherina prima di sorridermi, facendomi cenno di entrare con la mano.

Mi alzai con le gambe che tremavano e mi diressi verso la porta che teneva aperta, mi voltai una volta verso mia madre e Carrie che si stringevano le mani a vicenda per l'emozione mentre mi guardavano.

La stanza era immersa nella penombra in quel momento, le tende lunghe fino al pavimento coprivano le vetrate per dare un po' di privacy, eravamo in una clinica privata, forse la migliore di Seattle per far sì che Shannon e il bambino avessero avuto tutto ciò di cui avessero bisogno e le migliori cure.
Era molto importante per me che fossero nelle mani dei migliori medici.

La vidi semi sdraiata, con un fagottino avvolto in una coperta azzurra e le lacrime agli occhi.
I capelli erano scompigliati e sulla sua fronte vidi l'accenno di piccole gocce di sudore... ma il sorriso che mi regalò appena notò la mia presenza mi fece esplodere il cuore dalla felicità.

«Quasi non ci credo che sia arrivato...» sussurrai emozionato, avvicinandomi a loro.

Shannon mi fece un po' di spazio sul letto in modo che potessi sedermi e girò il nostro bambino nella mia direzione facendomi bloccare il respiro in gola. Una creaturina rossiccia con gli occhi chiusi e il viso un po' schiacciato dalle smorfie si muoveva tra le sue braccia, era davvero arrivato.
Era tutto surreale, in quel momento mi passò davanti agli occhi tutta la mia vita fino a quel giorno, e successivamente era come se ci fosse stato un reset totale di tutto il resto.

«Questo é il tuo papà...» le sussurrò dolcemente prima di mettermelo con cura fra le braccia.

In quel momento mi resi conto che tutto ciò che avessi fatto, giusto o sbagliato, non importava più... perché tutto mi aveva portato dove ero. Fino a quel momento era stato solo un pensiero, qualcosa di astratto di cui ti chiedi a chi assomiglierà, di che colore avrà gli occhi e i capelli... e se sarai in grado di amarlo come merita e di riuscire a dargli tutto ciò di cui avrà bisogno; io che non avevo mai accettato l'amore, mi sentivo scoppiare il cuore per quanto fosse incondizionato e profondo, era come se il mio corpo non riuscisse a trattenerlo tutto dentro di sé... e piansi.
Piansi ringraziando il destino, ringraziando Shannon e soprattutto me stesso, per aver avuto il coraggio di dire che tutto questo amore io lo meritavo.
Guardai la ragazza che avevo sempre amato e le lasciai un bacio sulle labbra al gusto di sale.
«Ti amo così tanto, Shannon. Così tanto che non si può spiegare a parole... grazie per avermi regalato la cosa più bella della nostra vita, e grazie per aver sempre creduto in me».

«Ti amo Adrian e ho sempre creduto in te. Non vorrei vivere questo momento con nessun altro, é tutto perfetto così com'é...» sussurrò con la voce rotta dall'emozione.

«Sai, non riuscivamo a decidere tra i due nomi che avevamo scelto... ma guardandolo ora penso che Liam sia quello che gli si addica di più...» mormorai guardandolo con il cuore pieno di emozione.

Era così piccolo e aveva bisogno di noi. Gli sfiorai una manina con il dito finché lui non ce la strinse attorno, regalandomi il nostro primo contatto. Mi sentivo pieno, sentivo di avere un nuovo scopo nella vita e avrei fatto qualsiasi cosa per proteggerlo.

«Liam... sì.» acconsentì Shannon felice.

Quello era il mio traguardo.
Il più grande della mia vita, e lo avevo raggiunto con Shannon.

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