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Spazio autrice:

Come state? 🩷
Spero che stiate passando bene quest'estate!
Buona lettura



Adrian p💚v's

Due mesi e mezzo dopo...

Non sapevo come mi fossi ritrovato su quella chaise longue grigio antracite sopra a cui ero stravaccato, mentre fissavo il soffitto bianco; quella era la dodicesima seduta a cui partecipavo volontariamente.

Due mesi e mezzo prima mi ero presentato davanti alla porta del Dr. White senza sapere bene cosa dire né come ci fossi arrivato in quello stato: ero ubriaco.
Il giorno precedente avevo passato tutto il tempo chiuso nella mia stanza, a fissare la porta dalla quale era uscita... finché non decisi che qualche bicchiere di whisky non mi avrebbe fatto di certo male. Non avevo mosso un dito, non l'avevo trattenuta. Le avevo promesso che l'avrei lasciata andare, in fondo, dentro di me sapevo che fosse stata la cosa più giusta che avessi potuto fare per lei.
E così, quasi tre mesi dopo mi ritrovavo al ventisettesimo piano di un edificio nel centro di Seattle a spendere un mucchio di soldi.

«Sembra frustrante sentirsi in balia di queste reazioni ogni volta che percepisci di affezionarti a qualcuno.» mormorò prestando attenzione a ciò che dicevo, e ascoltandomi per davvero come faceva sempre.

«Lo é. É difficile pensare a mente lucida, quando sei in quelle situazioni...»

«É un circolo vizioso. Il ciclo dell'ansia che ne deriva funziona così, il cervello una volta che é abituato a reagire in un certo modo, lo compie in automatico. Per questo motivo devi spezzare il cerchio, é a questo che serve la terapia cognitivo-comportamentale.» mi spiegò tranquillo. «Devi darti del tempo, prima lo accetterai e prima ti sentirai libero da queste catene».

«Pff... io mi sento solamente un fottuto idiota, altroché.» sbottai incrociando le braccia al petto sotto al suo sguardo calmo.

«Se in questo momento scoprissi che la persona che ti sta più a cuore fosse stata vittima di abusi, che cosa faresti?» mi domandò improvvisamente.

«Io... credo che le starei vicino, e anche che andrei a spaccare la faccia a chiunque le abbia fatto questo. Proverei ad aiutarla come posso, le direi di non mollare...» ribattei lasciando la frase a mezz'aria, spontaneamente e senza pensarci.

Lo vidi guardarmi e sorridere lievemente da dietro la cartellina rossa.
«E non penseresti che sia una persona idiota?»

«No».

«E allora perché tu dovresti esserlo? Sai, Adrian, molte volte possiamo essere molto cattivi con noi stessi, siamo in grado di farci del male in un modo che non immagineremmo mai di fare a qualcun altro. Questo comportamento é autodistruttivo e non porta a nulla di buono, se non a provocare male a noi stessi e alle persone che ci circondano. Se una persona é stata abituata a ricevere solamente spine, penserà di non meritarsi mai una rosa, e sai che cosa bisogna fare? Amarsi e rompere questo schema. Non ci sentiremo mai completamente amati e accettati al punto giusto dagli altri, se non siamo noi i primi a farlo. Tu non sei solo un ombra nera, tu hai tutti i colori dentro di te... tu sei in grado di trovarli e sei in grado di amare, devi solo crederci e volerlo.» mormorò piatto, eppure le sue parole fluivano chiare e coincise.
«Adesso, il nostro tempo sta per terminare e ti vorrei dare un compito per la prossima settimana, oltre che ai soliti esercizi di Mindfullness: prendi un foglio bianco e scrivici sopra un mini tema su chi pensi di essere. Prendila come una specie di autobiografia, su come percepisci te stesso oggi. Dovrà essere come se dovessi descrivere te stesso ad un cieco».

Mi guardò con uno sguardo speranzoso ed io annuii poco convinto, ma se pensava che potesse servirmi lo avrei fatto.

***

Fuori era già buio, girai la chiave all'interno della toppa ed entrai in casa diretto verso la cucina, dove trovai Josef seduto, intento a studiare qualcosa su un libro aperto accompagnato da una tazza di caffè.

«Com'é andata?» mi domandò senza alzare lo sguardo.

«Con tutto quello che lo pago, spero bene.» ribattei inarcando un sopracciglio.

Josef alzò lo sguardo su di me e assunse un espressione divertita.
«Lo dici sempre, come se i soldi fossero mai stati un problema.»

«Be', non ci posso fare niente se non ho mai pianto miseria.» gli feci notare facendogli scuotere la testa e chiudere il libro.

Il nostro rapporto era tornato alla normalità dopo quella notte. La terapia mi aveva aiutato a passare sopra al bacio tra lui e Shannon, avevo capito che non fosse stato qualcosa contro di me. Josef era davvero pentito, ne ero sicuro e si era scusato più volte nel corso dei giorni a venire. Mi ero ritrovato spesso a domandarmi se fosse vera la frase che diceva chi ti vuole bene ti fa piangere.
In ogni caso, era l'unico che mi era sempre stato vicino, e che mi stava vicino anche in quel momento.

Feci il giro del bancone e andai ad aprire il frigorifero tirando fuori una birra.
Mentre cercai di aprirla mi distrassi un attimo guardando al di là della vetrata, alla vista di una luna bianca così luminosa che spiccava davanti a tutto il resto, sullo sfondo di un cielo spettrale.

«Allora?» mi domandò aspettando qualcosa.

«Che c'é?» rinsavii dai miei pensieri e mi voltai verso di lui.

«Non me lo chiedi?» incrociò le braccia al petto.

Riportai per un istante lo sguardo sulla luna e mi voltai di nuovo.
«Non oggi...» sospirai passandomi una mano fra i capelli.

Solo io sapevo quanto fosse difficile la decisione che avevo preso, quella con cui convivevo ogni giorno. Lo sforzo immenso che stavo facendo doveva pur servire a qualcosa, se non a soffrire per un destino che ci aveva sempre sbarrato tutte le strade e suggerito di prendere direzioni diverse, mai insieme.

Ogni sera me ne stavo a guardare il cielo dal balcone della mia stanza, fissando la luna in cerca di un po' di conforto. Mi dava un po' della forza che mi serviva per non rovinare un'altra volta la mia vita... e anche perché in qualche stupido modo, era l'unica cosa che mi ricordava che Shannon fosse stata reale nella mia vita. Era l'unico modo in cui sentivo di averla vicina.

Tra crateri e polvere di stelle non saremmo mai stati veramente lontani.

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