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In un mondo in cui ogni cosa era imbrattata di tenebra, stava a noi trovare la forza di cercare quel minuscolo spiraglio di luce.
E davanti a quella porta io mi arresi di aver trovato il mio. L'indecisione che avevo, le due scelte che avevo - andarmene o aprire - mi erano state portate via da qualcuno che non avrei nemmeno dovuto conoscere.
Mi ritrovai davanti una cascata di capelli rossi e due occhi lucidi e inviperiti alla mia vista.
Strinse la mascella guardandomi e si girò verso l'interno della stanza.

«Meno male che non la conoscevi!» sbottò stizzita, lasciandomi di sasso. «Ora capisco perché mi hai detto andarmene...»

«Kate-» avevo sentito la voce di Adrian e mi era salito un conato a sentirlo chiamare il suo nome.
«Kate un cazzo!» lo interruppe lei, come se io non ci fossi... ma poi si voltò verso di me.
«Ti consiglio di seguirmi e andartene in questo istante, ammenoché tu non voglia unirti a lui. Visto che voi due vi conoscete saprai già com'é Adrian quando è fatto».

Mi squadrò dalla testa ai piedi con aria di sufficienza e per un istante la invidiai: era bellissima nel suo vestito color porpora, i suoi capelli erano perfetti, aveva solamente il rimmel un po' sbavato sotto agli occhi per via del pianto. Io mi ero svegliata nel cuore della notte, avevo i capelli legati alla rinfusa e me ne stavo in piedi di fronte e lei con una felpa fin troppo larga sopra ai jeans.

«Hai... hai detto fatto?» le domandai sperando di aver capito male, e il mio cuore iniziò a battere più forte.

La sua reazione scocciata mi lasciò impreparata, alzò gli occhi al cielo mentre confermò le mie teorie con un mh-mh.
Era evidente che avesse più a cuore le sue unghie che la salute poco stabile di Adrian.
Mi domandai che cosa ci facesse a casa sua a quell'ora della notte, se di lui non gliene importava poi granché. Non ci mise molto a scansarmi con una spallata, diretta verso la porta d'entrata. Molto probabilmente avrei dovuto seguirla e ficcarmi bene nella testa una volta per tutte che quelli non fossero affari miei. Non mi riguardava più quello che faceva lui... eppure dovevo accertarmi con i miei occhi che stesse bene.

«Adrian?» lo chiamai avanzando di poco, deglutendo il groppo che si era formato in gola.

I suoi occhi lucidi si aprirono di scatto al suono della mia voce e mi guardò per qualche istante.

«Ci mancavi proprio tu...» sbuffò con strafottenza, ma tremava, il suo corpo era scosso da fremiti violenti, doveva essere sotto l'effetto di qualche merda.

«Mi ha portata qui Josef...» ribattei un po' offesa.

In quel momento rividi il vecchio Adrian, quello del liceo, ma moltiplicato per dieci.
Mi ignorò ed io, da brava masochista feci qualche passo per avvicinarmi a lui.
La stanza era immersa nel buio, se non fosse stato per una luce fioca che proveniva da un abat-jour... e nonostante quella distanza che ancora c'era tra noi, notai qualcosa di strano.
Un angolino lucido sbucava al di fuori del suo pugno stretto... e non mi ci volle molto per realizzare che fosse la lama di qualcosa quella che stringeva.

Non potevo negare di certo di non essere spaventata, ma in quelle condizioni avrebbe potuto fare del male sia a me che a sé stesso.
Si alzò in piedi e venne verso di me, avrebbe voluto sembrare indifferente, ma la cattiveria che gli leggevo negli occhi mi suggerì di prepararmi psicologicamente e di trovare un qualsiasi tipo di riparo.

«Che strana coincidenza, tu e Josef... non trovi?» mormorò ad un palmo dal mio viso, lasciandomi a bocca aperta. Mi scrutò dalla testa ai piedi con una smorfia. «È meglio che te ne vai, Shannon.» sentenziò stringendo di più i pugni.

Mi sentivo confusa, ero stata letteralmente tirata giù dal letto e portata qui, e lui mi stava dicendo di andarmene... ma non appena lo guardai capii tutto. Il suo sguardo diceva più di quanto volesse dare a vedere.

«Lo so... lo so che non dovrei essere qui».

Glielo dissi sinceramente, gli avevo detto di starmi lontano... ma era brutto vederlo così, era brutto perché io amavo Adrian anche se non glielo avevo mai detto.

«Se lo sai, perché allora mi sembra che tu non abbia ancora imparato la lezione?» sussurrò con un espressione che non gli avevo mai visto. I suoi occhi lucidi stonavano sopra a quel ghigno malefico. «Non l'hai ancora capito che sei patetica? E non solo tu, ma anche Josef lo é...» soffocò una risatina.

Sentivo i frammenti del mio cuore cadere a pezzi davanti a lui, sul parquet scuro della sua camera da letto, e non potevo farci niente.

«É bastato solamente qualche singhiozzo e ripetere il tuo nome un paio di volte per farti apparire qui. Non sei ancora stufa di farti trattare come una bambolina?»

«Smettila...» bisbigliai e la mia voce uscì incrinata, stavo trattenendo le lacrime.

«Perché? Sei stata tu a volere che fossi sincero. Adesso hai cambiato idea perché la verità ti fa male?»

«Non credo a una parola di quello che hai detto».

«Ah, questo sì che é patetico» ghignò scuotendo la testa, «ma dovevo aspettarmelo. Dopo tutto, hai creduto a tutte le cazzate che ti ho detto e ora che per una volta sono sincero non mi credi...»

«Qual é il problema, Adrian? Dillo e facciamola finita.» bisbigliai trattenendo il groppo che mi si era formato in gola.

«Vuoi sapere qual é il problema?» mi derise, «Il problema é che mi avete preso tutti per il culo, trattandomi come se fossi uno stupido. E nonostante tutto, tu stai ancora fingendo che io non lo sappia».
«Di cosa stai parlando? Tu eri qui con Kate-»
«Shannon...» mi interruppe e sospirò scuotendo la testa, «Kate é una puttana, e non lo ha mai nascosto. Ma tu... tu sei decisamente peggio di quanto possa mai esserlo lei.»

Il cuore iniziò a battermi fortissimo all'interno della cassa toracica, era come se volesse sfondarla. Adrian sapeva. Adrian sapeva del bacio con Josef.

«Io non sono una puttana. E mi dispiace per quello che é successo ma non é come pensi tu...» gli spiegai calma, facendolo scoppiare in una risatina nervosa.

«Mi sembra di averti detto la stessa cosa di Lola, ma tu non mi hai creduto. E adesso hai rifatto esattamente la stessa cosa... quanto puoi essere ipocrita? Eh?» ringhiò contro al mio viso e sentii le lacrime iniziare a rigarmi il viso.

«Questo non è vero! Tu lo hai fatto apposta, la tua è stata cattiveria... Josef mi aveva appena detto che Lola era morta».

«Quindi giustamente ha deciso che avrebbe baciato la mia cazzo di ragazza!» urlò infuriato lasciandomi a bocca aperta.

Indietreggiai di qualche passo ma andai a sbattere contro alla parete, ero infuriata.
Mi aveva appena definita peggio di Kate, e l'ipocrita era lui!

«Io non sono mai stata la tua cazzo di ragazza!» sbottai ricordandoglielo. «Non hai mai voluto ufficializzare la cosa».

«E tu allora? Mh?» sbottò avvicinandosi di nuovo a me, ma quella volta non avevo via di scampo. «Forse non avevamo ufficializzato le cose, ma tutti sapevano come stessero le cose fra noi! E poi non mi sembra che tu ti sia fatta qualche problema a riguardo...»

«Io? Io te l'ho sempre detto che non sarei stata la fidanzata nascosta di nessuno!»

Urlai e lui si fermò per un attimo, mi guardò e il ghigno malefico che aveva in volto si trasformò in un risolino.
«Eppure non ti sei mai fatta problemi a lasciarti scopare... quando e come volevo io. Tu sei stata sempre questo per me, e niente di più. Se fossi contata qualcosa per me forse a quest'ora staremmo insieme.»
Lo disse con una freddezza allucinante e una calma bestiale che quasi mi fece dubitare di tutto ciò in cui credevo.

C'era una parte di me che mi diceva che lui non fosse mai cambiato, non lo avrebbe mai fatto, si era solo plasmato nel modo in cui avrei voluto vederlo. Ma l'altra parte di me, quella dettata dal mio cuore, pensava che avesse detto tutte quelle cattiverie solamente per ferirmi, voleva che fossimo pari.

Continuò a guardarmi come se stesse aspettando che gli dicessi qualcosa, come se potessi fomentare quel fuoco che era già stato acceso, ma rimasi in silenzio.
Cattiverie o meno, le sue parole mi avevano ferita e lui lo sapeva. Ma dovevo sapere anch'io se era arrivato il momento di mollare una volta per tutte.

«E questa allora?» gli dissi mostrandogli la collana a forma di mezzaluna che mi aveva regalato per Natale quando eravamo insieme a Londra. «Non significa nulla? Erano bugie anche quelle?»

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