Capitolo 14

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"Poiché non esistono due individui perfettamente uguali, ci sarà una sola determinata donna che corrisponderà nel modo più perfetto ad un determinato uomo. La vera passione d'amore è tanto rara quanto il caso che quei due s'incontrino." - Arthur Schopenhauer

Dopo aver terminato il capitolo sui vampiri, Katerina si sentiva sorprendentemente propensa a credere - almeno in parte - ai dati riportati in quel libro. Si era sempre considerata una persona razionale, con i piedi per terra, fermamente ancorata alle leggi della logica. Tuttavia molti elementi combaciavano fra loro, troppi per essere considerati casuali, decisamente troppi per essere ignorati.

Katerina si domandava chi fosse l'autore del volume, e come avesse fatto ad apprendere tutte quelle notizie. Nonostante l'ultima vittima dei vampiri di Visegrad fosse sua nonna, lei non aveva mai scoperto nulla a riguardo. Forse la famiglia Vukovic ne era al corrente e gliel'aveva tenuto nascosto? Oppure anche loro erano all'oscuro di tutto?

La ragazza decise che presto avrebbe dovuto tornare al villaggio per parlare nuovamente con il Dottor Smirnoff: forse lui poteva aiutarla a schiarirsi le idee, ed inoltre voleva scusarsi per avergli dato del ciarlatano.

Ma, prima di tutto, doveva parlare con suo padre. Magari lui sapeva qualcosa in merito ai vampiri, e Katerina intendeva estorcergli ogni informazione possibile. Perciò, dopo giorni di isolamento passati nella sua stanza da letto, si preparò ad uscire e cercò di sgattaiolare fuori senza farsi notare troppo.

Naturalmente, non riuscì nell'intento. Dopo il delitto di qualche giorno prima il Duca aveva aumentato ulteriormente la sorveglianza, ed il corridoio era presidiato da almeno una mezza dozzina di guardie, le quali, non appena videro Katerina spuntare fuori dalla porta, si pararono davanti a lei per impedirle di uscire. <<Ordini del Duca>> sentenziarono, perentori.

<<Non voglio uscire dal castello>>. "Stupidi idioti" aggiunse Katerina mentalmente. <<Devo soltanto vedere mio padre>>.

I soldati si scambiarono uno sguardo inebetito, indecisi sul da farsi. <<Il Duca ha dato ordine che nessuno si aggiri da solo per il palazzo. L'assassino potrebbe colpire ancora>> spiegò uno di loro, la voce incrinata per il terrore.

<<Allora che qualcuno di voi mi accompagni, santo cielo!>> sbottò Katerina, alzando gli occhi al cielo con aria spazientita. Dopo essersi rivolti un altro sguardo perplesso, finalmente i due uomini si decisero a condurla nello studio di suo padre.

Era una stanza dai soffitti alti, le pareti ed il pavimento rivestiti in legno. Le tende di velluto blu erano aperte, e la tenue luce grigiastra del cielo pomeridiano coperto di nuvole filtrava attraverso le alte finestre ad arco, abbattendosi sull'opulento ed opprimente mobilio, ingombro di ricchi ornamenti e cimeli di famiglia. Anche alle pareti erano appesi un'enorme quantità di quadri e ritratti contornati da cornici dorate, tanto che a Katerina quello era sempre sembrato più simile ad un museo che ad uno studio. Nel centro della stanza emergeva una scrivania di legno scuro, dietro la quale suo padre se ne stava stravaccato.

<<Eccoti qui, finalmente. Il tuo isolamento è durato diversi giorni, Katerina... Ora ti senti meglio?>> le chiese senza alzare lo sguardo dai documenti che stava analizzando. Il suo tono era così brusco che quella, più che una domanda, somigliava ad un'accusa.

<<Sì grazie... Molto meglio>> rispose Katerina, cercando di non tradire alcuna incertezza.

Il Duca sollevò finalmente gli occhi e li posò su di lei. <<A vederti, mi sembri ancora piuttosto provata>>. La squadrò con aria di disapprovazione mentre lasciava la sua poltrona per avvicinarsi, e Katerina sostenne a fatica il suo sguardo indagatore. <<Hai gli occhi gonfi, il tuo colorito è troppo pallido e penso che tu sia ulteriormente dimagrita>>.

Ruby - Il Rubino ~ #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora