Capitolo 63

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"Quando scoprirò chi sono, sarò libero". Ralph Ellison

Katerina si abbandonò passivamente fra le braccia di Frederick, travolta dalla sensazione che, se avesse provato a opporre resistenza, il dolore sarebbe stato ancora più terribile.

Quell'aggressione non aveva nulla a che vedere con le tenui fitte di dolore misto a piacere che le aveva provocato il morso di Maximilian: era una letale combinazione di agonia e disperazione, probabilmente molto simile alla sensazione che prova un agnello mentre viene sgozzato e macellato senza alcuna pietà.

Ma mentre le fauci del vampiro dilaniavano avidamente la sua gola, lei combatteva contro il suo cervello, imponendogli di non oscurarsi del tutto: non poteva assolutamente permettersi di svenire, doveva rimanere sveglia, vigile, attenta... doveva riuscire a pensare.

Ed improvvisamente, un'idea si fece strada nella sua testa. Era campata in aria, pericolosa ed improbabile, ma era la sua unica possibilità di salvarsi la vita.

Kat attese pazientemente finché il respiro di Frederick si fu fatto più pesante, più calmo. Notò che il vampiro aveva smesso di ingozzarsi del suo sangue come faceva all'inizio, e che ora deglutiva in maniera più lenta e tranquilla, come un neonato soddisfatto ed intontito che sta per addormentarsi beatamente dopo la poppata. Il peso del corpo di lui gravava completamente sul suo, che a sua volta era appoggiato contro il legno marcio e scheggiato del portone della cappella.

Ha preso molto sangue, forse troppo pensò Katerina, percependo un formicolio alle gambe e alla testa. Si è cibato di quella povera domestica e poi ha aggredito me, quindi ora è come se fosse ubriaco... ubriaco di sangue. Questo dovrebbe rendere il suo corpo rallentato, appesantito, e la sua mente annebbiata. Pregava che fosse così, perché altrimenti sarebbe andata incontro ad una morte certa. E lei non aveva alcuna intenzione di morire: non quella notte, non con così tanti conti in sospeso...

Iniziò ad armeggiare dietro la schiena, con movimenti così lenti e delicati da essere quasi impercettibili. In ogni caso, Frederick non sembrò accorgersi di nulla: era così concentrato sul suo pasto da sembrare quasi assopito.

Ma nell'attimo stesso in cui sfilò le zanne dal suo collo, Kat era pronta a colpire: con gesto fulmineo si scostò lateralmente restando aggrappata alla maniglia della porta, facendogli mancare il sostegno che lo reggeva in piedi. Il robusto corpo del vampiro, evidentemente colto alla sprovvista, stava quasi per scontrarsi rovinosamente contro il portone della cappella, bloccando così l'unica via d'uscita.

Katerina, però, aveva pensato anche a questo: in un secondo tirò la maniglia con tutta la forza che aveva in corpo, spalancando il battente della porta verso l'interno. L'impatto con la testa di Frederick fu davvero violento: il legno sbatté contro il suo cranio provocando un tonfo sordo, simile a quello di un cocomero che si rompe, dopodiché il vampiro cadde a terra come un sacco di patate, presumibilmente privo di sensi.

Nel passargli accanto, Kat notò che la sua fronte era rigata da un sottile rivolo di sangue, ma di certo non aveva né il tempo né l'intenzione di accertarsi del suo stato di salute. Lo scavalcò con un leggero balzo, sempre tenendosi aggrappata alla maniglia della porta per non cadere.

Quando si ritrovò all'esterno, fuori dalla cappella, si concesse qualche secondo per assaporare quella sensazione di puro sollievo, per inspirare profondamente la gelida aria notturna del campo santo e per tamponare la ferita che aveva sul collo con un piccolo brandello di seta candida che aveva appena strappato brutalmente dalla propria camicia da notte.

Eppure, si accorse subito che c'era qualcosa che non andava. Quello non era il solito cimitero, o meglio... somigliava al cimitero, ma allo stesso tempo era terribilmente diverso, sconosciuto.

Ruby - Il Rubino ~ #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora