ANIMALI NOTTURNI

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La foresta di notte. Latrati nelle tenebre. Corro a più non posso, l'adrenalina in corpo mi spinge non curante di quanto i miei piedi nudi siano martoriati. Il cuore rimbomba nel petto, pompando troppo sangue e reclamando troppo ossigeno. Ansimo.

Mi appoggio a un albero, le ombre notturne si fondono con l'ambiente mostrandomi solo un quadro contaminato dalla pece. I rami degli alberi sono arti che si protendono verso di me, anche loro vogliono afferrarmi. I miei respiri sono troppo forti, troppo rumorosi, devo rimettermi a correre o mi troveranno.

Arranco in una foresta che di giorno mi sarebbe stata familiare, ma che ora è soltanto un labirinto monocromatico: steli neri conficcati nel terreno, muri fatti di ombre.

Quelle bestie mi perseguitano, voglio addentare le fauci nelle mie carni, perché non può essere tutto più semplice? Perché devo fuggire da tutto questo?

Al centro della radura c'è un cumulo di legna, in mezzo a questo uno spaventapasseri, ma al posto di un manichino imbottito di paglia vi è una figura femminile, dai tratti dovrei riconoscerla.

Gli occhi di lei, morenti, sono su di me iniettati di un rosso sangue così intenso da penetrare nelle mie stesse pupille a cristallizzarsi nel mio intimo.

Vedendola lì, so per certo che quella figura sia una strega, destinata a essere ridotta in cenere per le sue colpe. Le fiamme divampano. La pira si trasforma in un ricettacolo di fuoco. La strega apre la bocca emettendo un urlo tanto forte e disperato da sembrare muto, il suo sguardo rimane fisso su di me, dentro di me, mentre muta rapidamente in polvere incandescente.

Alle mie spalle sento le bestie latrare. Ansimo.

Proseguo nella mia fuga cercando di rientrare nel bosco oltre la radura, ma in quel punto la vegetazione sembra una parete impenetrabile. Le creature sono dietro di me, colme di ira per loro stesse e per ciò che hanno generato.

Mi volto e mi paralizzo potendo vedere come quelle entità siano una sola: un mastino nero con tre teste, nelle sue fauci ci sono incomprensione, imbarazzo e odio. La zanne della fiera mi assalgono, il mio corpo è stordito dall'orrore e posso solo proteggermi usando le braccia come scudo. Ritraggo gli arti ormai dilaniati e lordi di sangue, guardando la mano vedo il liquido denso colare nel lavandino punteggiandolo di macchie vermiglie.


Osservando il mio riflesso riesco a suturare le perdite della mie mente: l'incubo di questa notte continua a riecheggiare, oramai saranno quattro o cinque notti di seguito che continuo a farlo.

Appoggio il rasoio che stavo tenendo e comincio a pulirmi la mano che si è sporcata, sovrappensiero ho fatto correre grossolanamente la mano. Prendo un po' di carta igienica e la uso per tamponare, il taglio è solo superficiale.

Mi sento un disastro, confermato anche dalle terribili occhiaie che riesco a vedere nel mio riflesso, Cinzia me ne dirà ancora di cotte e di crude quando dovrà truccarmi.

Sistemato il viso mi trascino ancora in stato comatoso in camera, piegandomi per mettermi i vestiti sento le ossa scricchiolare, mi stiracchio e il gesto riesce a darmi un minimo di sollievo.

La mia camera è un po' più ordinata del normale. L'ultima volta che l'ho vista a soqquadro è stata la sera del cosplay, più di una settimana fa. Oramai siamo in fase di arrivo, la fine delle riprese avverrà nel giro di dieci giorni: la fine del Carnevale, la fine della storia di Sion e Zack.

Mentre aspetto che il caffè al ginseng riempa la tazzina, nel turbinio del liquido torbido rivedo quello che sta succedendo nella mia mente. Gli incubi devono essere una rielaborazione dei contenuti prodotti dalla camera olografica, sul set non ho più problemi, grazie anche agli esercizi di concentrazione cromatica che faccio ogni giorno, ma ciò che la mia testa calcola quando è staccata dalle riprese è tutt'altro: una casa in fiamme, una fuga nel bosco, un mastino inferocito e una strega maledetta.

Redshift - ZAIRISHADove le storie prendono vita. Scoprilo ora