"L'immagine sussultava cercando nella stanza e scorrendo sul viso di vari individui fermandosi su di uno in particolare: Sion. Un volto crudo all'interno di morbidi lineamenti. Gli occhi sottili erano piccole gemme, comete incandescenti precipitate...
"La realtà che ci circonda è soltanto un'illusione."
Può un eugo'hades opporsi al suo destino?
Si dice: Dio da, Dio prende ma è la stessa cosa per queste creature reputate divine? Forse è più giusto dire: un eugo'hades non da, un eugo'hades non prende. Esseri umani superiori semplicemente ancorati alla loro stessa umanità, aggrappati con forza a essa come un lenzuolo che non si vuol lasciar sfuggire, sottile ed effimero.
L'illusione è il regno degli eugo'hades perché sono molto più di ciò per cui gli esseri umani sono stati progettati. Comprendono e dominano l'illusione stessa, ma in essa sprofondano. La voragine della comprensione inghiotte chi scruta al suo interno lasciando le mani che provano ad afferrarla aride e vuote, chi domina l'illusione non è capace di stringere nulla e di ottenere altrettanto per sé stesso.
Chi può opporsi alla Ruota Cosmica? Al Movimento del Grande Attrattore? Al Principio Cardine?
Il canto è forte e riecheggia, rimbomba nel cosmo e lo pervade. Quella melodia dolce come il miele attira sempre più forte. Ogni eugo'hades sogna e giunge a sentire il coro riecheggiante, a bramare l'atavica unione.
Augoeides.
Il tuo destino.
La tua storia.
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La scena si aprì sul Pandæmonium, marmoreo e mastodontico. Le tenebre notturne sembravano impossibilitate ad avvilupparsi attorno alle varie strutture imponenti. La luna, in tutta la sua flebile luminosità, danzava sinuosa baciando timidamente la sagoma della sede centrale della Città del Cocito, ma il Pandæmonium sembrava poter assorbire quella flebile luce e propagarla con intensità maggiore. Le ombre non lo avvolgevano, ma quella luminosità così pallida e ultraterrena riusciva a sospingere il Pandæmonium oltre la prospettiva classica, imprimendola su di una foto sfocata, al di là della normale percezione.
Dalla base dell'edificio principale l'inquadratura si elevò muovendosi sinuosa lungo l'esterno lucido fino a giungere a una vetrata bianca, specchio immacolato, attraversandola si rese visibile l'interno: la prestigiosa sala dei ricevimenti dominata dal caos. Il palazzo fulcro del Cocito era terreno di scontro tra coloro che si opponevano all'attuale regime dei Malekhai e chi difendeva la vecchia egemonia, il quadro si modulava costantemente, vivo. Lo sfondo immacolato, candido come la stella più luminosa ma gelido come la vetta più elevata, osservava di sfuggita la massa in conflitto, con distrazione, quasi fosse una scena distante centinaia di metri e non lì, alla portata del proprio respiro.
La visuale scarrellò veloce superando la massa di figure in lotta, fendenti guizzanti e pugni metallici, per lasciare il salone infiltrandosi dentro un corridoio e giungere a una porta, metallica, spalancata. L'immagine sussultava cercando nella stanza e scorrendo sul viso di vari individui fermandosi su di uno in particolare: Sion.
Un volto crudo all'interno di morbidi lineamenti. Gli occhi sottili erano piccole gemme. Comete incandescenti precipitate nel mezzo di un'espressione perennemente tinta da tonalità ferali. L'espressione di una belva che circospetta attendeva, paziente, di assaltare la propria preda. Le grezze e rapide spennellate che formavano i sopraccigli si giustapponevano, contrariamente all'espressività di come erano stati modellati. Perfettamente simmetrici e ordinati. Non un singolo pelo osava stare dove non avrebbe dovuto. Labbra sottili imprigionavano dei denti feroci, canini selvaggi, capaci di dilaniare le membra, capaci di dilaniare qualunque cosa. Una chioma di sottili filamenti lo circuiva arrivando fin sotto le orecchie, così agitati che perfino in foto sarebbero apparsi in continuo movimento.
Le fiamme della rivolta divampavano sinuose mentre la sua attenzione veniva attirata da un monitor in particolare.
Sugli arcaici schermi erano visibili squadre di assalto in lotta e in atti di distruzione ma una scena rivelava di essere più tragica di qualunque altra.
Il monitor del salone nell'ala ovest stava ricevendo le immagini di due figure. La prima ammantata di nero aggredì la seconda di cui, nonostante le forti interferenze, gli abiti ne tradivano l'identità: Yoah Hannes, l'attuale Cancelliere del Pandæmonium.
Un colpo fulmineo ferì la somma autorità, Yoah Hannes si piegò con un tonfo sordo al suolo.
La manciata di persone radunata nella sala monitor trattenne il fiato e anche la distruzione che imperversa nelle sale della struttura tacque per un istante, così lungo da congelarsi nel tempo.
L'inquadratura si mosse lenta tra i volti dei presenti colmi di sgomento fermandosi su quello di Sion, impassibile. La sua espressione era ghiaccio ma dentro di sé fuoco vivo.
Non riusciva a credere a quelle immagini appena viste. Le fiamme divamparono sciogliendo il cristallo, involucro della sua collera. I denti si strinsero. Sion agguantò con forza il manico della propria Calabdog e si precipitò fuori dalla stanza, sordo alle comunicazioni dei suoi compagni. Inarrestabile.
Sion corse in direzione della sala dell'attacco al Cancelliere, verso il luogo in cui un traditore aveva fatto scorre sul filo di lama il sangue del proprio tradimento.
Muovendosi lungo il corridoio era ancora ignaro di ridurre a ogni falcata la distanza verso lo scontro imminente. Nessun calcolo, nessun processo mentale lo avrebbe portato a rassegnarsi a quella inaccettabile realtà: il 15 Marzo sarebbe divenuta la data dell'assassinio di Yoah Hannes.
Una miriade di sentimenti divamparono. In quella moltitudine di emozioni si celava un seme oscuro, eradicato e occulto anche per lui stesso. La sua interfaccia sussultava continuando a resettarsi, contribuendo a essere per lo più un fastidio. Sion impiegò tutta la concentrazione possibile per dare sensatezza alle vicende delle ultime ore.
La sua mente si riavvolse nelle due settimane precedenti. Ricordava che i primi tasselli degli eventi legati all'assalto del Pandæmonium cominciarono a emergere con un inseguimento differente dall'ordinario. Quattordici giorni prima.