EPISODIO 9.2

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La stanza che ospitava il rituale del sacrificio era forse la più oscura e tetra di tutto il Pandæmonium

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La stanza che ospitava il rituale del sacrificio era forse la più oscura e tetra di tutto il Pandæmonium. Famosa per possedere due peculiarità: la prima era l'essere l'unico posto in cui le pareti fossero composte di un granato poroso e ruvido, nulla del morbido e del liscio che fosse possibile trovare in ogni altro punto, tra interni ed esterni, stava lì; la seconda era la mancanza della tipica illuminazione della sede centrale, neanche il cielo fittizio voleva scorgere gli orrori che venivano compiuti in quel posto.

Di tutta la famiglia Itx soltanto Seth mancava all'appello e Sion non poteva sorprendersi della cosa.

Sara, nella sua forma matura, l'aspetto che avrebbe posseduto praticamente per il resto della sua esistenza, stringeva suo fratello minore con quel suo fare materno. Avendo già vissuto quell'esperienza in prima persona lo strinse forte, come per proteggerlo, come se con maggiore forza impressa avrebbe potuto evitargli più dolore, ma quello che aveva realmente bisogno di protezione era la piccola Zack.

«Sei stata lontana molto tempo sorella.»

La giovane Hugginn rilasciò la presa per osservare gli occhi di suo fratello.

«Troppo tempo.» Rimarcò il fratellino.

«Mi dispiace Sion, non sai quanto mi dispiace. Avevo chiesto a Seth di badare a te, di proteggerti, ma non è stato in grado di farlo.»

«Quella che aveva bisogno di essere protetta era Itx'zack e non io.»

«Il suo nome,» titubò Sara. «quel suo nome la legava al sacrificio, è qualcosa su cui noi non potevamo avere potere»

Sion pensò all'origine dei nomi della sua famiglia, ripensò a Sara, moglie di Abramo e madre di Isacco per poi dire: «la principessa non è riuscita a salvare la giovane dalla mano dell'angelo della morte, la principessa non è riuscita a proteggere la sorella dal suo sacrificio.» Quella frase pronunciato da Sion fu così profonda da raggiungere l'Abisso, da sembrare quasi pronunciata in codice Aar, come fosse una formula di stato cosmica.

Il volto di Sara non poté sbiancare ma delle linee cinetiche di un attrattore segnarono il suo viso, con le braccia prese le distanze da Sion, il suo sguardo era la rabbia, una rabbia calma, contenuta e alimentata con lucidità, la rabbia che un individuo possedeva nella consapevolezza di poter distruggere ogni cosa fin dove lo sguardo poteva arrivare.

La giovane principessa dei corvi, non potendo più reggere il peso di quegli occhi, la carica che Sion esercitava in ogni cosa che incrociasse il suo sguardo, con solo dei gesti del capo si congedò, trovando giusto la forza di aggiungere: «ritornerò quando sarà tutto finito.» Prima di uscire dalla camera del sacrificio.

I capelli bianchi e immacolati di un Sion ragazzino oscillavano come mossi da un vento misterioso, il simbolo proprio di quel gruppo di Vestige reputate le più pure tra tutte.

Redshift - ZAIRISHADove le storie prendono vita. Scoprilo ora