REQUIEM PER UN SOGNO

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Osservo il pavimento nero. A ogni passo l'acqua scura si increspa formando degli anelli concentrici che via via vanno espandendosi. Quel pavimento è incredibilmente strano, non si riesce realmente ad avvertire la sensazione di bagnato. Più domande mi saltano in mente e più mi sento di voler rimanere ignaro.

«Quando ritornerà Itx'zack?» Chiedo all'altro interlocutore, l'unico della camera: lo strano cavaliere Azazel, che mi risponde facendo spallucce.

«Cosa sarebbero quegli affari?» Da quando la dæva era sparita delle piccole creaturine fatte d'ombra, non più alte della mia gamba,  degli strani esseri di cui si riescono a riconoscere sotto gli elmetti in testa le cavità luminose che dovrebbero essere degli occhi, avevano cominciato a riversarsi in quella stanza.

«Concetti. Sono i residenti di questo posto. Se addestrati possono svolgere delle funzioni minori, ma se si ha il tempo di farli sviluppare possono diventare dei dæmon di classe inferiore.»

A questa informazione rimango perplesso, quindi i dæmon minori sono originari di questo posto, mi domando quelli superiori come facciano ad arrivare qui. «Ma che cos'è un dæmon allora?»

«Come spesso succede, con lo stesso termine si possono intendere più cose.» Indicando prima i residenti e poi noi due.

Dicendo così rimango ancora più interdetto. Vedendo la mia reazione però prosegue con: «a cosa si potrebbe ridurre l'esistenza di un individuo? Nella sua totalità, nelle sue percezioni, nelle sue esperienze, nelle sue interazioni e in tutto il resto.»

Mi metto a riflettere, cercando la connessione che Azazel cerca di intendere, penso e ripenso ancora, fino a quando la scintilla di un'idea mi abbaglia: visto da fuori, la vita di una persona potrebbe essere messa su carta sotto forma di libro. «Un racconto?» Rispondo.

«Sì, ma forse la sua forma più corretta sarebbe quella di una bozza, rappresenta meglio un qualcosa in costante mutamento.»

«Quindi i dæmon sono gli scrittori di questo racconto? Vuoi intendere quello?»

Azazel fa no col dito. «Non lo scrittore.» Dopo una pausa molto teatrale finisce con: «ma tutti gli altri.»

Non riesco a seguire il discorso, il cavaliere me lo legge in faccia, decisamente voleva essere d'impatto in questa sua teoria, e ci sta riuscendo. «Supponiamo che tu stia scrivendo una storia Ti sei documentato tanto e sei pieno di annotazioni e di fonti. Quando arrivi a un punto accettabile lo fai leggere a qualcuno, ecco, questa persona leggendo la tua storia si farà una idea. Adesso la tua storia, in qualche modo, non appartiene solo a te, è entrata dentro questo primo lettore, si è trasformata in una ispirazione mentale. La cosa può fermarsi lì, oppure lo scrittore può farsi influenzare, come quando si chiede un'opinione, e la storia può mutare in funzione di questa. Il concetto della storia stessa è una nebulosa che si espande, la somma di tutte le interazioni possibili.»

Credo di riuscire a capire. «I dæmon sono i lettori.»

«I dæmon sono una potenza cognitiva, una forza senziente capace di leggere la vera essenza di un dato individuo: la sua storia. Riescono a percepire le righe che compongono il cardine di un individuo, anche fosse solo in parte, e in qualche modo, già soltanto osservandola la influenzano, lasciano una parte della propria energia in quella storia.»

«Ma, seguendo questo esempio, se si incontrasse una persona per strada, questa diventerebbe un dæmon?»

«Da un punto di vista strettamente concettuale sì, ma da uno pratico no. Nell'esempio della storia da scrivere si parla di bozza, l'interazione deve avvenire a questo livello, per questo un dæmon vero e proprio deve trovarsi qui, all'origine più profonda di un individuo, il luogo più cupo da cui si attinge l'inchiostro stesso che serve per scrivere la storia di una persona.»

Redshift - ZAIRISHADove le storie prendono vita. Scoprilo ora