Dal giorno di quella fatidica intervista sono trascorsi quattro mesi. Quattro lunghissimi mesi. Quattro mesi devastanti. Quattro mesi infernali.
Sono stato sballottato tutto il tempo. Per primo un rapidissimo corso che mi spiegasse dal lato teorico la tecnologia LexAharq su cui si sarebbero basate le riprese. Con tutta onestà metà di quello detto fu impossibile da comprendere, troppi tecnicismi, spiegazione sul funzionamento degli ologrammi tridimensionali e sulle connessioni neurologiche.
L'altra metà delle cose che mi spiegarono finsi di comprenderle per poter proseguire nelle lezioni.
Grazie a quel corso ho perfettamente capito che chi sceglie un ramo d'ingegneria come laurea è fondamentalmente un masochista.
Dopo la teoria la pratica, che riguardava strettamente il mio ambito. Da buon attore.
Il luogo delle riprese avveniva in una struttura a superficie grande quanto un campo da basket dove alberga la camera olografica: l'area che sfruttava la tecnologia LexAharq per simulare ciò che veniva mostrato a noi attori.
La camera non era solamente dotata della tecnologia olografica, ma era anche farcita di strumentazioni che rendevano perfettamente l'immersività in tali riproduzioni olografiche. Possedeva un'elaboratissima struttura a nastri semi movibili che permettevano a più persone sullo stesso piano di avere andature differenti e anche in direzioni diverse rimanendo potenzialmente ferme sul posto, simili a tanti piccoli tapis roulant che cambiavano orientamento.
Oltre a questo vi era anche un sistema di cablaggio e carrucole totalmente mimetizzate durante il rendering olografico che facevano compiere quella gamma di movimenti sovrumani richiesti. I cavi potevano tendersi e ammorbidirsi a seconda delle necessità, oltre a spostarsi automaticamente senza intralciare i movimenti dell'attore.
Non si aveva mai la ben che minima sensazione di essere imbragato.
Rimaneva in conto la strumentazione di rilevazione sinaptica, il vero cuore delle riprese. Soltanto io ero dotato di tali rilevatori capaci di monitorare e registrare tutto ciò che vedevo, le sensazioni e tutti i pensieri.
Il setting sembrava provenire direttamente dal futuro. Oltre a tutti gli avveniristici vantaggi, però, portava con sé anche diverse complicazioni.
La natura stessa delle riprese andava in contrasto con la figura più standard dell'attore moderno: colui che imparava a memoria una parte e la esprimeva esattamente come il regista la intendeva.
Gli sforzi nell'ottenere una metodologica performance si scontrava con la tecnica impiegata per registrare le sensazioni e trasmetterle successivamente al pubblico. Il pensare alla battuta, alla posizione, alla gestualità, all'impostazione, alla flessione, in pratica a tutto quello che di norma era recitare veniva trasmessa negativamente nella ripresa. In questo caso il risultato ottenuto non diventava più, ad esempio, avere il pubblico che otteneva la sensazione di un cavaliere durante il suo duello o di un poliziotto durante una sparatoria. Si trasmettevano invece le sensazioni dell'attore che cercava di fingersi loro e che pensava progressivamente alle azioni che doveva eseguire.
La risposta a tutto questo stava nella totale immedesimazione. I miei sensori avevano la duplice funzione di riprendere e amplificare le proiezioni olografiche immergendo totalmente me e di conseguenza il pubblico in quel mondo digitale.
Tutto questo implicava che le mie parti non prevedessero battute fisse, andando a incidere anche sulla capacità di adattamento degli altri attori e donando molto spazio all'improvvisazione. Il tutto accentuato da stacchi di ripresa lunghissimi.
Oltre a questi problemi tecnici la tecnologia portava con sé anche complicazioni di natura legale.
Riprendere quello che poteva essere fondamentalmente ridotto come immagini direttamente dal cervello possedeva la non così remota possibilità di registrare anche ricordi o immagini mentali del soggetto. Queste, se viste da terzi, avrebbero violato diversi leggi legate alla privacy, create proprio per contrastare l'invasività del monitoraggio LexAharq.
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Redshift - ZAIRISHA
Science-Fiction"L'immagine sussultava cercando nella stanza e scorrendo sul viso di vari individui fermandosi su di uno in particolare: Sion. Un volto crudo all'interno di morbidi lineamenti. Gli occhi sottili erano piccole gemme, comete incandescenti precipitate...