Capitolo 44

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Mi lascia un bacio tra i capelli e sono sicura che stia sorridendo. «Usciamo da qui, bimba.»
Gli cingo il collo con le braccia e mi lascio trasportare fino a riva. Mi rivesto velocemente e Justin fa lo stesso, eccetto per la maglietta che sistema sulla sabbia.

Si distende su di essa, per quanto possa fare la differenza, e mi fa segno di unirmi a lui. Mi distendo al suo fianco e appoggio la testa sulla sua spalla, mentre lui mi cinge il corpo con un braccio.

«Solo tu puoi essere così pazzo da portarmi in spiaggia, in Messico, a dicembre.» Dico accarezzandogli il petto e lo sento ridacchiare.

«Ti ci riporterò in estate.» Esordisce. «Certo, non potremo fare quello che abbiamo fatto oggi, ma qui non è mai tanto affollato...» Mi bacia la tempia ed io sento le mie guance ardere al solo pensiero di quello che abbiamo appena fatto.

«Come conosci questo posto?»
Lo sento irrigidirsi, ma poi sospira e risponde.

«Me ne ha parlato mio padre quando ero piccolo.»

Alzo il volto verso di lui e mi giro, appoggiando entrambe le mani sul suo petto. «Parlami di lui.» Dico in un sussurro.

Lo sguardo di Justin è fisso nei miei occhi. «Perché vuoi che ti parli di lui?»

«Voglio conoscerti.» Dico per poi mordermi l'interno della guancia.

«Mi conosci già.» Mormora lui con fare ovvio e forse anche un po' scocciato.

«Mi sento come se non sapessi nulla di te, Justin.» Sospiro. «Non ti ho mai chiesto perché sei sparito o perché sei tornato.»

«Non c'è molto da dire.» Risponde guardandomi con un'espressione impassibile.

«Una volta mi hai detto che la vita ti ha reso così: le droghe, le lotte...» Mi inumidisco le labbra. «Non ti ho mai fatto domande del genere, ma ora che stiamo insieme ho bisogno di sapere, ti prego.»

Justin rimane un po' in silenzio a pensare mentre io continuo a guardarlo bisognosa di una risposta.

«Avrò avuto cinque o sei anni quando mio padre mi ha parlato di questo posto. Me lo ricordo perché è stato poco dopo che ci ha abbandonati, lasciando la responsabilità di tre bambini a mia madre.» Inizia a raccontare ed io lo guardo assortita.

Ho già voglia di farlo smettere per via del suo sguardo cupo e sofferente, ma allo stesso tempo ho bisogno che continui.

«Per mantenerci mia madre lavorava notte e giorno e ci vedeva pochissimo, ma nonostante ciò era comunque difficile.» Spiega mettendosi seduto, facendo in modo che anche io lo faccia. «Io, Jazmin e Jaxon abbiamo passato quasi tutta la nostra infanzia dai nostri nonni.»

Mi sento ancora più stupida non conoscendo neanche il nome dei suoi fratelli e sospiro. «Immagino che tu gli voglia molto bene.» Gli faccio un lieve sorriso, mentre gli rivolgo uno sguardo di conforto.

«Gliene voglio davvero tanto.» Risponde facendo un mezzo sorriso. «Ho sempre dato la colpa della nostra situazione economica a mio padre perché ci aveva lasciati, quindi quando ho compiuto quattordici anni, ho iniziato a cercarlo e sono finito a San Diego.» Gli rivolgo uno sguardo stranito e aggrotto le sopracciglia.

«Che significa che sei finito a San Diego?» Domando e lui fa un sorrisetto.

«Sono canadese, piccola.» Spalanco gli occhi e inizio a lamentarmi, piagnucolando.

«Non ne avevo idea, Justin.» Mi porto una mano sul viso e lo sento ridacchiare.

«Adesso lo sai.» Mi toglie la mano dal viso. «Posso continuare?» Annuisco. «Quando avevo sedici anni, ho conosciuto una ragazzina, diceva di odiarmi ma era attratta da me...»

My Bad BoyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora