-"Una nuova vita a New York..." Sussurrò il più piccolo, stentava a credere che Benjamin lo pensasse davvero.
Benjamin annuì e gli baciò le mani.
-"Vuoi trasferiti con me a New York, Federico?" Gli chiese felice.
Federico ritrasse le mani, prese la sua giacca e si alzò.
-"No." Rispose e andò via.
Il moro rimase interdetto per qualche momento, guardava il più piccolo uscire dal ristorante e non credeva stesse succedendo davvero. Credeva fosse solo un'illusione, una brutta illusione. Dovette battere le ciglia più volte per rendersi conto che davanti a lui non c'era più nessuno. Federico era davvero andato via. Federico aveva davvero rifiutato la sua proposta di trasferirsi con lui a New York.
Benjamin, in fretta e furia, prese la sua giacca e seguì il più piccolo fuori dal ristorante. Per sua fortuna il ragazzo era seduto su un muretto, con la testa tra le mani e sembrava non avesse alcuna voglia di muoversi da lì.
Il moro sospirò rumorosamente, si passò una mano tra i capelli e raggiunse il più piccolo.
-"Federico." Lo chiamò, il tono era calmo così come anche la sua espressione. Non voleva aggredirlo, voleva solo capire che cosa fosse appena successo.
Federico, da parte sua, non alzò lo sguardo per guardare il ragazzo davanti a lui. Non voleva vederlo.
-"Vattene." Disse semplicemente.
-"Non me ne vado."
-"Vattene Benjamin." Ripeté Federico. "Non voglio parlare con te."
-"Se vuoi che me ne vado dovrai, come minimo, guardarmi negli occhi." Rispose il moro. "Guardami, Federico, e me ne andrò."
Il più piccolo sbuffò e accontentò il moro, alzò lo sguardo per guardarlo.
-"Ti sto guardando." Disse il più piccolo. "Ora vattene." Aggiunse.
Benjamin ignoró le sue parole, invece, si fece spazio tra le sue gambe e gli prese il viso tra le mani.
-"Che ti prende, piccolo?" Gli chiese.
-"Non mi prende nulla."
-"Perché sei scappato in quel modo?" Continuò a chiedergli Benjamin e iniziò ad accarezzargli le guance leggermente arrossate per il freddo di quella sera di inizio gennaio. "Stavamo solo parlando."
-"E io sono solo andando via." Rispose il biondo. "Non sono scappato."
-"A me invece sembra proprio che tu sia scappato." Replicò il più grande e abbozzò un sorriso.
Federico alzò gli occhi al cielo e scacciò via le mani del più grande dal suo viso.
-"Problemi tuoi allora." Ringhiò Federico e cercò di scendere dal muretto ma l'altro lo bloccò.
Il moro gli prese il polso e gli impedì di allontanarsi.
-"Perché non vuoi venire con me a New York, Federico?" Gli chiese, senza troppi giri di parole. Non voleva litigare ma voleva risposte.
Il più piccolo rimase in silenzio per qualche momento. New York. Non aveva neanche mai pensato che sarebbe davvero andato fuori dal Canada neppure per una vacanza.
Come poteva Benjamin volerlo portare con lui a New York.
-"Perché tu vuoi che io venga con te a New York, Benjamin?"
-"Perché ti voglio al mio fianco in questa mia nuova avventura." Rispose Benjamin. "Ti voglio con me."
-"Appunto, Benjamin, è la tua avventura. Non la mia." Replicò il biondo. "Se dovessi accettare di seguirti, io non avrei nulla a New York."
Il più grande gli prese le mani e le strinse.
-"Avresti me." Rispose.
Federico ritirò le mani e si allontanò dal più grande.
-"Non mi basta."Federico lasciò il più grande nel parcheggio di quel ristorante da solo. Salì nella sua macchina e andò via senza mai voltarsi indietro.
Per tutta la notte i due ragazzi ripensarono alla conversazione che avevano avuto. Benjamin si sentiva male al pensiero di non bastare a Federico. Di non essere abbastanza per lui. Sapeva benissimo che gli aveva fatto una richiesta molto pesante, gli aveva chiesto di rinunciare ai suoi amici e alla sua famiglia, a tutta la sua vita per seguirlo a New York per realizzare un suo sogno. Federico aveva ragione, se i ruoli fossero stati inversi probabilmente anche lui avrebbe reagito allo stesso modo, ma lo stava facendo soffrire l'idea che per Federico non fosse abbastanza.
Federico, allo stesso modo, non riusciva a non pensare a quello che era successo. Ripensava alla proposta di Benjamin e pensava che forse si sarebbe potuto comportare diversamente, avrebbe potuto chiedergli qualche giorno per pensarci ma sentiva di non averne bisogno. Lui non voleva andare a New York, non aveva motivi per farlo. Odiava l'idea di vedere Benjamin andare via, perché lui non gli avrebbe mai impedito di inseguire il suo sogno, ma odiava anche l'idea di ritrovarsi in un luogo a lui sconosciuto senza conoscere nessuno. Se si fosse trasferito con lui, sarebbe finito per essere dipendente da Benjamin, il suo unico punto di riferimento, e lui non voleva essere dipendente da nessuno. Nemmeno da Benjamin.Non appena il sole fece capolinea da dietro le candide nuvole, nella casa del più piccolo si diffuse il trillo, in quel momento estremamente fastidioso, del campanello. In un primo momento Federico fu tentato di ignorare chiunque fosse, erano appena le sei e mezzo del mattino. Chi lo disturbava a quell'ora?
Quando però il campanello trillò nuovamente e il nome di Benjamin si fece spazio nella sua mente, il più piccolo si alzò dal letto e senza preoccuparsi del suo aspetto corse ad aprire.
Non sbagliava.
Benjamin era fermo oltre la soglia, indossava un pantalone di tuta nera e una maglia bianca. La sua.
-"Ho portato la colazione." Borbottò, imbarazzato, il maggiore e mostrò un sacchetto bianco che l'altro non aveva notato.
Federico abbozzò un sorriso e si spostò per farlo entrare.
-"In genere non sei così mattiniero." Disse Federico e chiuse la porta dietro le spalle del maggiore.
-"In genere non passo la notte sveglio a pensare che non voglio perderti." Rispose il moro e si voltò verso il più piccolo.
Il più piccolo sospirò e si diresse verso la cucina, seguito dal moro che si guardava intorno come se non conoscesse quella casa meglio della sua.
-"Neanche io voglio perderti, Ben." Replicò il più piccolo. "Mi dispiace per come mi sono comportato ieri sera." Aggiunse. "Non dovevo farlo."
-"Avevi tutte le ragioni per comportarti in quel modo." Disse Benjamin. "Ti ho chiesto di rinunciare a tutta la tua vita, per seguire il mio sogno." Aggiunse e si avvicinò al minore, per poi prendergli le mani. "Siamo una coppia e dobbiamo pensare l'uno all'altro. Tu sei importantissimo per me e anche i tuoi bisogni e esigenze, non volevo farti sentire inferiore." Concluse e gli baciò il dorso prima di una mano e poi dell'altra.
-"Non mi hai fatto sentire inferiore." Replicò il biondo. "Anzi mi hai dimostrato che mi vuoi al tuo fianco in qualsiasi situazione." Aggiunse. "Mi hai dimostrato che mi ami." Continuò e gli strinse i fianchi tra le mani. "Ti amo."
-"Ti amo." Ripeté il più grande e gli sorrise. Allacciò le braccia al collo e gli diede un bacio a stampo.
-"Non pensiamo a New York, ad Ottawa o a qualsiasi altro posto del mondo." Disse Federico. "Pensiamo solo a noi." Aggiunse e gli sorrise.
Benjamin annuì e ricambiò il sorriso del suo fidanzato.
-"Pensiamo solo a noi." Ripetè e fece unire le loro labbra.

STAI LEGGENDO
Hot Chocolate || Fenji.
Fiksi PenggemarHot chocolate || Fenji. "Una cioccolata calda, un'abitudine da bambino. Il cielo incontrerà il mare, sotto lo sguardo della gente nascerà una delle storie più belle. Tavolo numero 7 tutto può succedere. Una pennellata al gusto d'amore."