One.

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Gli uccelli si libravano allegri sulla cima della galleria nazionale del Canada, cinguettando di tanto in tanto mentre le foglie cadevano lente sull'asfalto cementato da poco, liscio e freddo.
"Mi piacerebbe essere libero, libero come una rondine che vola nel cielo diretto ovunque voglia. Mi piacerebbe essere libero. Libero per davvero."
Vari flash illuminavano quella tiepida giornata di fine ottobre, tra le tante decorazioni sistemante per halloween, di turisti accorsi nella capitale canadese per vivere le proprie vacanze.
"Mi piacerebbe avere di nuovo quella spensieratezza da bambino che si sorprende alla vista delle belle cose. Quelle stesse cose che, oggi, mi sembrano ovvie e prive di interesse. Mi piacerebbe sorprendermi ancora."
La punta della collina del parlamento sembrava scintillare sotto i pochi raggi di sole che la colpivano in pieno, inondandola di luce e donandole ancora più splendore di quanto non ne avesse già.
"Mi piacerebbe splendere come una stella, essere unico."

Le nere e consumate scarpe dell'adidas calpestavano i marciapiedi cosparsi di foglie, provocando un rumore sordo che a stento arrivava alle orecchie di chi non voleva sentire.
La felpa nera si muoveva a ritmo dei movimenti del giovane che la indossava, mentre questo lottava contro i suoi stessi capelli biondi che non volevano saperne di restare sistemati sulla sua testa. Gli occhi azzurri come un diamante venivano chiusi ogni volta che una folata di vento lasciava cadere altre foglie e questa si indirizzavano verso il ragazzo.
I pantaloni attillati, del medesimo colore della felpa, gli fasciavano le gambe magre mostrando scoperte le ginocchia abbronzate, nonostante non il ragazzo avesse perso la sua tintarella estiva diverse settimane prima.
L'ennesima folata di vento rovinò l'accurato lavoro che il ragazzo stava facendo con i suoi capelli, facendoli ricadere nuovamente sul bel viso.
-"Oh ma basta!" Esclamò il ragazzo, sfoggiando il suo accento tipicamente canadese. "Che cosa ho fatto di male per avere la vita contro?!" Imprecò il ragazzo, battendo il piede sull'asfalto e maledicendosi subito dopo per essersi fatto male ma ancor di più quando si rese conto di che cosa aveva appena calpestato. "Questa non è la mia giornata fortunata, l'ho capito." Borbottò il ragazzo e si trascinò fino alla panchina più veloce. Una panchina tinteggiata di azzurro che ospitava una quantità indefinita di foglie giallognole. "O meglio, non è la mia vita fortunata." Si corresse il ragazzo e sospirò, mentre osservava la sua scarpa sporca dei bisogni di qualche cane.
-"Ecco perché io non avrò mai un cane ma solo pesci rossi." Disse sottovoce il ragazzo e tirò fuori dalla tasca della sua felpa un pacco di fazzoletti. "Danno decisamente meno fastidio e non creano problemi."
-"Si dice che porta fortuna, lo sai vero?" Commentò una voce, palesemente divertita, che il ragazzo conosceva da tutta una vita.
Il ragazzo biondo si voltò nella direzione da cui proveniva la voce e alzò gli occhi al cielo.
-"Il giorno in cui questa merda, letteralmente, porterà fortuna io sarò già morto e se non lo sarò, di sicuro non mi capiterà mai più di calpestarla." Rispose il ragazzo e sorrise sarcastico. "Comunque ciao Kevin."
Kevin era il migliore amico del ragazzo dai capelli biondi sin dai tempi dell'asilo, anche se i loro primi mesi insieme non erano stati per niente semplici dato che i due continuavano a litigare. Kevin era un ragazzone di almeno due metri, che si divertiva a ricordare al biondo quanto lui fosse più basso anche se tra di loro c'erano solo dieci centimetri di differenza, dalla carnagione scura e il sorriso smagliante che aveva sempre rassicurato il biondo.
-"Ciao a te, Federico." Lo salutò l'amico e gli scompigliò i capelli biondi. "Ops." Disse, fingendosi dispiaciuto anche se non riusciva a smettere di sghignazzare, quando notò l'espressione rabbiosa del suo amico.
Federico, era quello il nome del ragazzo dai capelli biondi e gli occhi azzurri. Federico era il nome del ragazzo che voleva essere libero.
-"Rimpiango il giorno in cui mi sono presentato a te." Ringhiò il biondo e tornò a concentrarsi sulla sua scarpa ancora sporca.
Kevin alzò gli occhi al cielo e si sedette sulla panchina, spingendo verso destra Federico, ma la sua attenzione venne richiamata da un quadrato bianco che fuoriusciva dalla tasca della felpa dell'altro.
-"E così scrivi ancora su questo coso?!" Gli chiese, sorpreso e divertito, il ragazzo e prese il bloc-notes del biondo.
-"Kevin, no!" Esclamò Federico.
Il più alto sghignazzò e apri il bloc-notes, per poi leggerne alcune righe.
-"Mi piacerebbe splendere come una stella." Lesse il ragazzo. "Se continui a tingerti così tanto di sicuro splenderai." Commentò divertito.
-"Kevin ridammelo!"
-"Essere unico." Continuò a leggere il ragazzo. "Dolcezza ma tu sei già sfortunatamente unico." Aggiunse e chiuse il bloc-notes per poi ridarlo al suo proprietario. "Federico non credo sia produttivo continuare a scrivere su quel coso - indicò il blocchetto bianco - desideri che sai non si realizzeranno mai."
-"Come sei incoraggiante." Borbottò Federico e rimise il bloc-notes nella tasca della sua felpa. "Scrivendo su quel coso, come lo chiami tu, mi sfogo e non creo problemi a nessuno." Disse. "Perché dovrei smettere di farlo?"
-"Per iniziare a vivere, Fefé, anziché scrivere i tuoi desideri potresti fare qualcosa per realizzarli."
-"E quando dovrei farlo?" Replicò Federico. "Se non sono di turno al bar sono in giro a calpestare cacche di cane, quindi sono sempre abbastanza occupato." Continuò scocciato. "Preferisco scriverlo e non creare problemi a nessuno."
-"Crei problemi a te stesso." Rispose Kevin. "È da mesi che hai smesso di lottare per i tuoi desideri e ti sei rinchiuso nel tuo lavoro e non è giusto."
-"Per lavorare mi pagano mentre per farmi prendere per il culo dalla gente no, mi sembra ovvio che cosa preferisco fare." Disse il biondo, batté le mani sulle sue cosce e si alzò. "Io devo andare, tra dieci minuti inizia il mio turno."
Kevin sospirò ma annuì, sapeva che non avrebbe avuto alcun senso controbattere proprio come non lo aveva da sette mesi a quella parte.
-"Questa sera usciamo?" Gli chiese.
Federico si mise le cuffie collegate al suo iPhone e si allontanò di qualche passo.
-"Non ti assicuro nulla." Rispose. "Ciao Kevin."

Il naso perennemente puntato verso il cielo, anche quando questo era grigio e nuvoloso, e la testa persa chissà dove erano due degli elementi che caratterizzavano il giovane Federico di soli ventidue anni che nella vita ne aveva passate tante e aveva smesso di fidarsi di chiunque. Anche di lui stesso.
Una gocciolina d'acqua bagnò la fronte di Federico e gli fece capire che la sua sfortuna non era ancora finita per quella giornata.
-"Ma perché ce l'avete tutti con me lassù!" Quasi urlò Federico e spalancò le braccia. La sua mano destra, però, quella provvista di anelli colpì qualcosa che poco dopo mugolò.
-"Forse hai colpito in pieno viso anche loro!"
Federico spalancò gli occhi e si voltò. Un ragazzo, più basso di lui anche se non di molto, dai capelli mori e gli occhi chiari era fermo davanti a lui e si stava toccando il naso appena colpito.
-"Scusa!" Esclamò il biondo e sobbalzò. "Ti ho fatto male?" Gli chiese e si avvicinò di qualche passo.
-"Di sicuro non mi hai fatto bene." Replicò il moro e allontanò la mano tatuata dal volto, mostrando le sue labbra carnose e il suo piercing. "Sono ancora vivo però." Aggiunse.
-"Mi dispiace, non volevo colpirti..."
Il moro scrollò le spalle e sorrise.
-"Nulla di grave, tranquillo."
-"Posso farmi perdonare in qualche modo?" Gli chiese Federico.
Il ragazzo restò in silenzio per qualche momento, prima di alternare il suo sguardo tra il ragazzo e il bar dietro di loro.
-"Accetterei volentieri una cioccolata calda."

Hot Chocolate || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora