Capitolo 55.

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A COLPI DI STAMPELLE

I respiri mi si susseguivano in gola affannosi, uno dietro l'altro. Sentivo i polmoni sul punto di collassarmi, non più abituati a tutta quella fatica a cui mi stavo sottoponendo. Dovevo impiegare tutta la mia concentrazione nel non cadere o inciampare sulle mie stesse gambe, mentre zampettavo sconnessamente lungo la strada.
I muscoli del viso mi si contraevano sofferenti, causandomi espressioni di puro dolore, ad ogni passo claudicante. Il sudore mi imperlava la fronte e le ricciolute punte dei miei scuri capelli a contatto con la pelle. 
E tutto per colpa di una sola persona ... 
Wall Sina, quanto detesto quella ragazza!, imprecai mentalmente, osservando una snella figura ancheggiare innanzi a me, diretta verso una meta conosciuta solo da lei. 

Come diamine pensa io possa camminare con le stampelle se ho un braccio rotto?, aggrottai le sopracciglia irritato dalla situazione. Feci leva sul braccio illeso e mi spinsi in avanti, atterrando malfermo sulla gamba sinistra.

<<Ehi biondina, mi aspetteresti?>> alzai la voce, balzando in avanti ancora, sopportando a stento il polpaccio sinistro bruciare per lo sforzo eccessivo a cui lo stavo sottoponendo. Del resto la gamba destra era del tutto inutilizzabile. Ero ancora basito dal fatto che fossero riusciti a evitarmi l'amputazione. 
Non credo tornerà mai come prima. Quel gigante c'è mancato poco che me la spappolasse.
La ragazza bionda finse di non ascoltarmi, accellerando.

Io appena mi rimetto la prendo a stampellate in testa!
Odiosa serpe!
La ragazza si fermò improvvisamente, voltando il viso affilato nella mia direzione e indirizzandomi un'occhiataccia verde smeraldo: <<Veda di muoversi Strauss e smetta di pensare male di me>>
La sua voce sottile e acuta in quel momento mi ricordava una forchetta strisciata su un piatto.
<<Tu leggi la mente? Dimmi, a quale specie aliena o mutante appartieni?>> sbuffai, cercando di raggiungerla in qualche maniera.
<<Beh, non ci vuole molto a capire cosa passa per la tua testa boccolosa. E smettila di fissarmi il sedere!>> sibilò con un sorrisetto malefico.
<<Magari se ancheggiassi meno accentuatamente sarebbe più facile non fissarlo...>> roteai gli occhi. Non mi interessava certo una tizia così acida, potesse trattarsi di Venere stessa.
<<Muoviti, non abbiamo tutto il giorno.>> mi riprese, riprendendo il suo moto.
Mi ha ignorato nuovamente?
Io la detesto.
Sibilla era il mostro che si era occupato di me da qualche giorno dopo il mio risveglio. Quando inizialmente me l'avevano presentata,  ne ero rimasto incantato dalla delicata bellezza e quasi quasi avevo anche considerato una fortuna l'essere entrato in coma. 

Una fortuna? Cammino come uno Zombie!
Non dico di essere uno zombie perché io ho un aspetto sempre meraviglioso, modestamente!
Poi però si era dimostrata una sadica vipera senza cuore e mi aveva fatto rimpiangere le canoniche infermiere.

Avevamo passato quasi tutto il tempo in una casa dimessa, senza che mi fosse permesso di uscire.

Non che nelle condizioni in cui versavo potessi fare allegre passeggiate, ma oltre a Sibilla non ricevevo alcuna visita.
In più non mi faceva sapere nulla né della duchessina, nè del resto del corpo di ricerca.
O del mondo...
Era piuttosto seccante.
Poi improvvisamente la ragazza si era affacciata alla porta della mia camera e aveva pronunziato con fare dittatoriale: ''Muovi quelle chiappe flaccide. Dobbiamo andare immediatamente da Erwin''.
Il che per me era stato un fulmine a ciel sereno. 
Sinceramente speravo di vederlo ... 
Volevo chiedergli di T/N, sapere cosa fosse successo in tutto quel dannato periodo. Tutti quei giorni in coma o tenuto all'oscuro della situazione, senza vederla, sentirla ridere, parlare, arrabbiarsi.
Quel silenzio imperterrito sulla sua sorte era estenuante... 

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