Capitolo 59

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NO

"Dobbiamo parlare".
Quelle due parole avevano l'intrinseco potere, se accostate, di fare calare un'aura di panico su chi le udiva.
Avevano un ché di ineluttabile e terribile. Un ché di apocalittico.
Una concisa frase che ti proiettava addosso gli scenari più terribili, anche se normalmente alla fine si trattava di mere stupidaggini.
Come quando mio nonno, dopo avermi terrorizzato con la sua espressione inquisitoria e con il suo tono severo, alla fine se ne uscì con "Dopo lunghe ore di riflessione sono indeciso... riguardo te... Preferisci la torta al pistacchio o con la crema pasticcera?"
Nel frattempo avevo esalato l'anima.
Sta volta a pronunciarle ero stata io e potevo notare sul viso teso di Jean una nota di preoccupazione, con un pizzico di ansia e una bella dose di incredulità.
Non te l'aspettavi eh?
Che poi sembro così tosta esternamente e incazzata, mentre dentro sto tremando.
Ansia!
Lo fissai imperscrutabile e seria, con una espressione decisa che doveva ricordare troppo quella di mio nonno.
Le cinghie dell'imbracatura mi stringevano e tiravano la pelle ed erano parecchio scomode e mi distraevano, ma a giudicare dallo sguardo timoroso di Kirschstein non lo davo a vedere.
Aspe'... che dovevo dire?
Oh diamine! Che dovevo dire?!
<<T/N non credi sarebbe meglio rimandare?>> chiese incerto il ragazzo, avvicinandosi quasi come a costringersi.
Più lo osservavo comportarsi così, più mi si stringeva il cuore.
Così vicino eppure così distante...
Bastava balzare giù dalla mia seduta e fare qualche passo e lo avrei raggiunto, abbracciato, baciato. Gli avrei detto che andava tutto bene, che sarebbe finito tutto al meglio anche se era palesemente una bugia.
Non potevo farlo.
Poco prima mi aveva stretto tra le braccia vinto dalla preoccupazione e dal sollievo di vedermi lì.
Avevano surclassato le emozioni la sua parte razionale.
Ora invece gliela scorgevo negli occhi.
Il suo sguardo era lucido e attento, per quanto terrorizzato e un tantino irritato. Non avevo però intenzione di tornare sui miei passi.
<<Sta ceppa rimandiamo! Stiamo andando a crepare!>> battei la mano sul sedile del cocchiere e storsi la bocca: <<Siediti e non perdere tempo! So che non ami molto Eren e che probabilmente i Reiss ti stanno facendo un favore, ma quel suicida ci serve e non si salverà da solo! Non è nel suo stile...>>
È più la damigella in pericolo che deve essere salvata.
Jean è il destriero del prode cavaliere, che presumo sia Mikasa.
E io... boh. Sarò la fatina magica?
O è levi il prode cavaliere?
Il basso oscuro princip- STO DIVAGANDO!
Jean sbuffò e fece un mezzo sorriso inquietante e abbinato al suo sarcasmo: <<Vedo che non hai perso il tuo innato ed enorme ottimismo!>>
Si accomodò al mio fianco, silenzioso quanto impacciato e teso. Per un attimo mi parve di ritornare al periodo in cui c'eravamo da poco conosciuti. Avvertivo lo stesso imbarazzo e la stessa tensione.
Jean aveva l'espressione accigliata e incerta, con un lieve rossore sulle guance. Si rigirava tra le mani le redini per sistemarle al meglio, con le dita esitanti e tremanti.
Notavo chiaramente il suo corpo rigido e il sorriso forzato.
È quasi come ritornare nel passato. A prima che ci baciassimo...
Mi mancava quel periodo pieno di sogni e speranze. Prima che il mondo dei sogni e della fanciullezza crollasse spazzato via dai titani e dalla Gigantessa Annie.
In realtà il crollo era iniziato con la battaglia di Trost, tuttavia devo ammettere che fu la morte di Tess a porre fine alla mia gaiezza infantile.
Ero una donna ormai, a prescindere dalla mia giovane età.
Solo che non è lo stesso... Jean non ha quella luce negli occhi e sembra diffidente.
<<Di cosa vorreste parlarmi di grazia Duchessa di Stohess?>> chiese con tono saccente il ragazzo, gettandomi un'occhiata di traverso.
Deglutii sentendo cedere la mia sicurezza. Trattenni il fiato presa in contropiede dalla sua freddezza rabbiosa e mi costrinsi a ignorarla.
Mi feci coraggio.
<<Di te e di me ovviamente.>> risposi concisa, aggiungendo poco dopo: <<E di quella sera... >>
Il mio tono si fece grave.
A Jean gli si era mozzato il respiro in gola a tale allusione. I suoi occhi mi sondarono preoccupati e sorpresi. Dava l'impressione di un topo caduto in trappola.
<<Sì, parlo della sera in cui hai colpito in testa Eren mandandolo k.o. Non ti ho mai visto una espressione tanto beata in viso come quella volta!>> cercai di fare la spiritosa, senza successo.
Lui continuò a fissarmi truce e improvvisamente gelido.
Mi contemplò qualche istante.
Infine si rivolse a me, con il labbro tremante quanto la sua voce e con durezza: <<Cosa pensi ci sia da dire T/n o da aggiustare? Quella sera mi hai tradito, voltato le spalle e sei fuggita!>>
Strinse i pugni attorno alle redini e allontanò lo sguardo da me, per fissarsi le mani.
Sembrava ferito più di quanto immaginassi e arrabbiato.
Deluso, proseguì...
<<Io ero disposto anche a farmi ingannare e ad ascoltare qualsiasi tua verità, ma hai preferito lasciarmi steso sul pavimento e scappare! Quindi perché parlare ora? Hai avuto la tua occasione. Pensavi che non avrei capito? Che ti avrei preso per bugiarda!?>>
Mi sentii colpita in un punto dolente e avvertì un tediante senso di colpa avvolgermi il petto e costringermi i polmoni.
Sospirai, rigirandomi le dita, prendendo a osservarmi i piedi.
La mia espressione non era mutata poi tanto, ma ero sicura che Jean fosse in grado di percepire quasi istintivamente qualsiasi cosa mi stesse passando per la mente.
<<Hai ragione.>> dissi calma, in una maniera che aveva dell'innaturale.
Lui non disse nulla.
Si limitò a fissarmi incerto su quella uscita, intento a valutare ogni mia inflessione di voce e ogni mia espressione.
<<Ho avuto paura di vedere nei tuoi occhi la stessa espressione di Eren... Me la sono beccata comunque, forse anche peggiore.>> un mezzo sorriso amaro inclinò la piega delle mie labbra.
<<Paura?>> soffiò con sarcasmo Kirschstein, poco propenso a credermi.
<<Si, paura che non mi avresti capito. Esattamente come hai detto tu.>> alzai gli occhi su di lui, seria: <<E ti chiedo scusa per tutto. Per avere sottovalutato i tuoi sentimenti per me... Hai ragione, avresti capito probabilmente e io sono stata una stupida al cubo. Però non c'entra nulla con il perché io abbia agito in quel... modo>>
Jean ridacchiò istericamente a tali parole, guardando dritto innanzi a sé e spronando i cavalli ad avanzare.
Se c'era una cosa peggiore dello stare ferma seduta scomoda con tutte quelle ferite, era farlo in movimento su un carro. A peggiorare il tutto il desiderio di sprofondare per quella discussione.
<<Intendi a terra addormentato con sa quale droga?>> la sua risata continuò: <<Ogni volta che ci sarà qualche difficoltà mi tramortirai per caso?>>
<<Jean...>>
<<"Tesoro ti piace questo vestito? No? Allora dormi!">> imitò una voce femminile.
<<Jean...>>
<<Fammi la cortesia di tacere! Pensi che io sia stupido? Cosa dovrei mai dirti!? Non si tratta del fatto che tu sia una traditrice o meno! Né se io ti creda o meno, perché io credo alla storia dei documenti e della tua vita segreta...>>
Per un attimo la sua voce ebbe un tremito e la sua espressione si colmò di tristezza... Non durò a lungo...
Strinse i denti e mi lanciò un sguardo di fuoco omicida.
<<Si tratta di me e te! Di noi! Di quello che dovremmo essere! Di fiducia!>>
Ricambiai la sua occhiataccia, nonostante mi sentissi morire dentro, e aggiunsi seccata, incrociando le braccia: <<Non avevo finito di parlare! È ovvio che si tratta di noi, ma se non mi fai spiegare il perché ho agito come ho agito non caveremo nulla da questa conversazione!>>
<<E allora spiega! Sono tutto orecchi!>> sibilò a denti stretti, spronando i cavalli.
<<Io ho valutato le varie opzioni. Tu che non mi credevi e mi consegnavi. Tu che non mi credevi o mi credevi e mi lasciavi fuggire prendendoti le conseguenze di quel gesto e le punizioni al posto mio. Tu che mi seguivi e venivi a vivere in quell'inferno di sottosuolo con me.>> elencai il tutto come se stessi leggendo la lista della spesa.
<<E quindi?>> torse la bocca Jean, iniziando a rimuginare su quello che avevo appena detto.
Del resto era molto riflessivo sebbene sembrasse un insopportabile saccente.
<<Non ti volevo con me...>> mormorai.
Nella espressione di Jean balenò una luce di profondo dolore.
Lo squadrai accigliata: <<Intendevo nel sottosuolo... con me nel Sottosuolo. Quello...>>
Mi passai una mano sul viso: <<...Non è un posto dove vorrei passasse la vita la persona che più amo al mondo. Non è luogo per te... Quel posto è un inferno e ti scava dentro giorno dopo giorno, incessantemente. Non volevo condannarti a quella vita. Non volevo che tu la scegliessi, né che qualcuno del corpo di ricerca ti ritenesse mio complice...>>
Jean mi osservò con uno strano sguardo. Iniziava a mettere in ordine le idee, ma per qualche bizzarra ragione sembrava ancora più incazzato di prima.
<<Non pensi che la scelta spettasse a me?!>> ringhio infatti, irritato e offeso <<Credi che io non sia in grado di scegliere per me stesso?!>>
Rimasi a bocca aperta e ci misi un istante a trovare le parole: <<Io non...non volevo coinvolgerti...>>
Seccato deviò lo sguardo e rispose seccamente: <<Beh, non spettava a te ugualmente! Non sono un tuo suddito! Non puoi decidere della mia vita come diamine ti pare e piace, neanche fossi la regina!>>
Beh ... tecnicamente una duchessa non è che sia tanto meno di una regina...
Mi resi conto di non avere pensato minimamente a questo.
E non me ne pentivo.
Avevo messo in conto che mi avrebbe odiato. Mi andava bene perdere il suo affettuoso questo significava saperlo vivo e al sicuro.
Sicuro per modo di dire... insomma è del Corpo di Ricerca...
Insomma chi ce lo vede Jean a vivere nel Sottosuolo?
Impazzirebbe dopo due giorni...
<<Meglio essere odiata da te che vederti in pericolo a causa mia. Quindi odiami se vuoi, ma non mi sentirò in colpa per quello che ho fatto! Avrei dovuto considerare il tuo libero arbitrio? Si, probabilmente si! Ma sono troppo egoista e non ce la facevo a saperti nei guai per quello che ho combinato!>> feci seria e con un tono di voce alterato.
Calò il silenzio tra noi. E io decisi che se volevo avere una chance dovevo fargli vedere qualcosa di me solitamente chiuso in fondo al mio animo.
Sospirai, abbassando lo sguardo e guardando gli zoccoli dei cavalli battere sul terreno.
Quante ne stavo passando in una breve vita di quindici anni?
Ripresi la parola con voce tremante.
<<Sai... pensavo che il Corpo di ricerca fosse la soluzione a tutti i miei problemi...>> mi sentii gli occhi lucidi senza neanche sapere perché.
<<Che finalmente mi sarei sentita al posto giusto e me stessa.>>
Lui taceva, sembrava infastidito, ma ascoltava.
<<Al Palazzo era come... se non andassi mai bene per nessuno.>>
Li ricordavo i giorni da duchessa.
Sembravano così lontani, quasi appartenessero ad un'altra vita, ad un'altra me.
Non solo ero nata al di fuori di un matrimonio... avevo anche un enorme fuoco interiore pronto a farmi ribellare a qualsiasi costrizione sociale non mi andasse bene.
Ero un incubo per serve e soldati.
Un danno di immagine per mio nonno.
E mio nonno mi aveva costretto a darmi una calmata.
Il problema ben peggiore erano gli sguardi che mi indirizzavano da bambina...
Pena, pietà, disprezzo.
Vederli stampate sulle loro facce ogni giorno era uno strazio.
Mi chiedevo spesso cosa ci fosse di tanto sbagliato nella mia vita, nel mio esistere.
Mi arrabbiavo sempre!
Cosa dava loro il diritto di giudicare se  la mia nascita era un bene o un male o qualsiasi altra cosa gli venisse in mente?!
La cosa che detestavo di più era però sentire il nome Elisabeth sulle loro labbra. Quel nome dole passava sulle loro labbra quasi fosse una parolaccia.
Mi infastidiva ancora di più di essere presa di mira dai miei coetanei nobili, con quei modi di fare affettati, lo sguardo angelico e falsamente ingenuo e la lingua tagliente come un rasoio. In grado di non scomporsi neanche nell'assestarti una pugnalata al cuore.
Ovviamente non erano tutti così, altrimenti avrei ucciso qualcuno ben prima della vicenda di Trost.
<<Mia madre era una figura aleggiante in ogni passo della mia vita. Eppure nessuno parlava mai di lei, quasi fosse un fottuto tabù. Senza le sue lettere, non avrei la minima idea di che tipo di persona fosse. A nessuno sembrava importare che io non la conoscessi...>> 
A tutti sembrava meglio che io non sapessi niente di lei.
Casomai il solo suo nome potesse farmi cadere nei suoi sbagli.
<<Ma era mia madre capisci?! Mia madre!>> mi si ruppe la voce. Mi costrinsi a non piangere, stringendo rabbiosamente i denti, gli occhi lucidi.
<<Che diritto avevano di impedirmi di conoscerla? Chi diamine sono per giudicarla! O per dire che io non dovevo nascere?!>>
Strinsi i pugni con rabbia: <<Volevi sapere perché lasciare quella "Splendida vita dorata "per andare a suicidarmi nella Armata esplorativa, eh?! Secondo te perché?!>>
Ero arrabbiata, con tutti, con i nemici, con Jean.
Mi torturai le mani, sforzandomi di abbassare il tono della mia voce: <<Vedevano sempre il mezzo-sangue. Fingevano che fossi loro pari solo perché sono potente. Bastava che voltassi le spalle per sentire la parola "Bastarda" sulla loro lingua e le risatine.>>
Mi ero concessa molti pianti all'inizio. Pianti rabbiosi.
Perchè? Chi erano per giudicarmi così?
Poi imparai a giocare al loro stesso gioco, infischiandomene altamente degli esseri inferiori quelli erano.
Ero io un membro delle famiglie più potenti del Regno e in confronto a me le nullità erano loro. Quindi che si infilassero la loro invidia dove meglio credevano!
<<Una mia cugina una volta mi disse: "Non sei altro che una mezzosangue bastarda, al pari di una plebea. Tua madre era un'infima scostumata, ha fatto la fine che meritava">> ridacchiai amaramente <<Beh, almeno da un lato la stimo. Ha avuto e ha ancora il fegato di dirmelo in faccia!>>
La contessina...
Lei era potente quanto me. Quello che diceva pensava. Non era animata da invidia o altro.
Solo da disprezzo.
Quelle parole volente o nolente si insinuavano ancora dentro di me, per quanto le scacciassi.
Era stato forse l'ambiente soffocante a  fare esplodere quel desiderio atavico di fuggire?
O una conversazione avuta con un soldato?
Già quel soldato.
Chissà chi era...
<<E il sapere chi fosse mio padre e non vederlo. Non sapere neanche quale fosse la sua faccia...>>
Era uno strazio.
Implorare mio nonno per conoscerlo.
Negato sempre il consenso.
Immaginavo il giorno in cui avrei visto mio padre, in cui gli avrei parlato.
Certo, alla fine avevo confessato tutto nella maniera peggiore possibile...
Tipico mio.
Mi era mancato da sempre!
E anche mia madre...
Un vuoto incolmabile.
<<Le Ali della Libertà sono state il mio ambiente. Vi ho trovato tutto quello che cercavo. Degli amici, dei compagni fidati  a cui non fregava nulla del mio status, del mio denaro o del mio essere una bastarda. Di chi fosse la vera me! Ho scoperto di più su mia madre che in tutti quegli anni con mio nonno e ho conosciuto mio padre.>> 
Peccato che non avevo risolto nulla.
Il vuoto non si era colmato. Forse si era solo ampliato.
<<Ma era tutto un'illusione! Non era il corpo di Ricerca la soluzione. Erano le persone! Ed è bastato vederle morire per farmi crollare in un baratro ancora più nero! A cosa mi è servito questo cazzo di percorso? Volevo esplorare e aiutare! Non ho concluso nulla di tutto ciò! Non ho certo trovato me stessa e non ho certo trovato il mio posto nel mondo... Non mi sono mai sentita tanto fuori posto in tutta la mia vita!>>
Come si capiva chi si era?
Era dannatamente difficile.
Eppure c'era Jean...
Alzai gli occhi su di lui e lo fissai intensamente, così intensamente che distolse lo sguardo: <<Però ho incontrato te... Eri lì sempre per me, qualsiasi fosse il contesto, che fossi felice o triste. Non ho mai permesso a nessuno di avvicinarsi tanto a me, neanche a Dean.>>
Ed era vero.
Mio fratello aveva tanti fardelli addosso esattamente quanti ne avevo io. Forse di più.
Volevo essere forte per lui esattamente come lui lo era per me.
Si era instaurata una complicità tale che le parole non necessitavano e in fondo sapevo benissimo che lui capiva cosa provavo.
Non chiedeva mai, ma era sempre lì al mio fianco.
<<Senza accorgermene ho iniziato a cercarti in mezzo alle altre reclute, a tendere le orecchie per sentire la tua voce. Vedere i tuoi occhi come si assottigliavano quando ridevi, con quel ghigno inquietante che non potevo fare a meno di adorare!>> mi rigirai i pollici <<Le tue uscite, le tue scazzottate con Eren... Il modo in cui ci stuzzicavamo a vicenda... I momenti che passavamo da soli. Mi mancano... Quanto li ho amati! Non ci avevo fatto caso, ma passavo il tempo a sperare di trovarmi da sola con te! Mi sei diventato indispensabile come l'aria e non me ne ero accorta.>> sospirai.
Lo guardai di sottecchi, addolorata.
Sapevo in fondo cosa gli avevo fatto passare ed iniziavo a pensare che non c'era modo di risolvere.
Gli avevo fatto troppo male.
Lo conoscevo e sapevo di averglielo fatto parecchio.
<<Io so cosa pensi... specialmente ora. Pensi che era impossibile che una come me si sia innamorata di te, che quello che c'è stato fra noi era un inganno. Che stessi giocando con te...Non è così.>> e lo dissi con una certezza nel tono indiscutibile.
Lo vidi indugiare nello scoccarmi uno sguardo veloce.
Sembrava che avessi sollevato il telo che copriva tutti i suoi dubbi portandoli alla luce.
Allungai la mano fino a posarla sulla sua guancia, con lentezza, saggiando il terreno per evitare che il contatto lo infastidisse.
Del resto stava guidando... e io non volevo morire per una corsa pazza in carro.
Dopo un attimo di esitazione lo percepii abbandonarsi con la guancia sul mio palmo, avido del calore che sprigionava.
Allo stesso tempo capivo che non si sentiva di stare facendo la cosa giusta.
Gli ero mancata e avermi li viva e vegeta lo rendeva felice. Probabilmente aveva anche lui sperato di poterla riabbracciare nei momenti in cui non mi vedeva come un mostro dedito a stritolare cuori.
Socchiuse gli occhi per qualche secondo.
Tremava...
<<Mi hai reso felice quando tutto intorno a me crollava, si spezzava e spariva. Hai incollato i pezzi di me che si andavano sgretolando al vento dei brutti eventi.>>
Mi avvicinai con una certa difficoltà al suo orecchio e propruppi in un sussurrato: <<Io ti amo con tutta la mia anima>>
Sussultò e mi rivolse uno sguardo terrorizzato e incerto. Era arrossito e sembrava non sapere come comportarsi...
<<Guarda la strada Jean.>>
Proseguii...
<<... Ma proprio per quetso non posso tollerare di perderti! E sei libero di non crederci... Però è la verità. Ho agito solo per proteggerti e lo ammetto, anche per proteggere me stessa>>
Finalmente tacqui. Avei dovuto esprimere molto di più.
Il mio mondo interiore era molto più profondo di questo, ma non riuscivo a esternarlo. Era cresciuta nascondendo la vera me e le mie difficoltà, come potevo ammettere con chiarezza che ero fragile anche io?
Jean non sapeva come rispondere dal canto suo. Sembrava  preso totalmente in contropiede ...
Da un lato era sconvolto da quel "ti amo gettato così" e in parte dal mio rivelare tanto di me.
Di solito ero una sorta di specchio, riflettevo tutto ma era impossibile vedere cosa ci fosse dietro di questo. E Jean ogni volta che intravedeva qualcosa di me, la percepiva come un frammento prezioso del mio animo che era riuscito a scorgere. E in fondo voleva togliermi di dosso tutte quelle difese che mi impedivano di essere davvero libera...  
Aveva percepito il dolore nel parlare della mia vita e probabilmente anche l'affetto che provavo per lui.
Era una sua dote capire gli altri...
Non ero però sicura che mi avrebbe perdonato.
Continuava a sembrarmi combattuto. Un tarlo lo divorava... ne ero certa.
Infatti dopo un poco e con estrema incertezza:<<Io vorrei crederti T/N... Non hai la minima idea di quanto vorrei semplicemente perdonarti e stringerti tra le mie braccia e fare finta che non sia successo nulla!>> sembrava addolorato e la sua voce era stranamente dolce.
Aveva sussultato nel sentirmi dire "Ti amo" e si era maledetto nel trovarsi così debole quando si trattava di me. 
Però...
<<C'è un ma...>>
Jean annuì.
<<Non ci riesco. Mi basta guardarti che mi passano per la testa tutti i momenti in cui avresti potuto dirmelo che avevi una doppia vita...>>
Mi guardò dritto negli occhi: <<Anche io ti amo T/N.  Questo non è cambiato e dubito che cambierà mai... Ma mi hai ingannato! O quanto meno io mi sento ingannato... Hai tradito la mia fiducia... Per amore di me stesso, non posso stare con una persona di cui non mi fido.>>
Quella frase fece un male cane. La sentite anche voi la pugnalata al cuore?
Si?
                           Bene.
Non potevo però dargli torto.
<<Lo capisco>> biascicai intimidita.
<<Ho sempre sospettato che tu nascondessi qualcosa...>> si massaggiò la radice del naso <<Quei pugnali da lancio, il tuo modo innato di agire come se combattere fosse il tuo pane quotidiano. Puoi prendere in giro tutti T/N, ma né un semplice addestramento e né l'essere un Ackerman ti possono miracolosamente rendere un'assassina di giganti provetta. Tu eri già pratica di missioni reali sul campo, che si trattasse di titani o persone fa distinzione. E le tue discussioni con Dean! Dio sono il tuo ragazzo, ma ti confidavi con lui e con me no... Avresti dovuto dirmi tutto... Ma anche in questo caso non ti sei fidata di me...>>
Inflessione del suo tono tradiva un sommo dispiacere. Si sentiva tradito...
Preso in giro esattamente come pensavo.
<<Jean... io...>>
<<Ho aspettato ... sperando che volessi il tuo tempo! Che stupido!>> rise amaramente.
<<Pensavo di sapere chi tu fossi, T/N. E incece non so più con chi ho a che fare...>> mormorò guardando in basso, per poi riportare gli occhi alla strada.
Mi aiuterai vagamente...
<<Che cazzo dici!? Sai benissimo come sono fatta!>>
<<No che non lo so invece!>> alzò la voce <<Non mi racconti nulla del tuo passato! Sei passata da Duchessina a traditrice ricercata! Da una ragazzina che piange per la morte dei compagni a una assassina a sangue freddo che non di fa scrupoli!>>
... e io gli andai dietro...
<<Assassina senza scrupoli?! Come puoi pensare una cosa simile di me?!>>
<<Come?! Mi dici come?! Wall Sina! Affettavi gente come se si trattasse di un foglio di carta! Non ho mai visto una persona ammazzarne un'altra con tanta freddezza e spietatezza! Dovevi vederti! Una pura macchina di morte! Quante persone hai ucciso prima di entrare nel corpo di ricerca!? Perché sei così fottutamente brava che non puoi essere una principiante!>>
<<Nessuna!>>
<<Non si direbbe, sembravi piuttosto pratica in materia...>> sibilò spietato e subito dopo risentito.
Non doveva lasciarselo scappare, se ne rese conto il ragazzo. Ma era tardi. La lama affilata aveva attraversato metaforicamente il mio cuore infranto.
Una ferita mi si aprì nel profondo. Allora era vero...
...mi vedeva come un mostro ora.
Una assassina...
...una sanguinaria...
Non potevo crederci! 
Proprio lui mi vedeva così?
Provai una rabbia cieca e sentii formarsi un groppo in gola. 
Sta volta urlai: <<Ma ti rendi conto di cosa stai dicendo?! Davvero pensi che io non abbia provato nulla ad uccidere quelle persone?! Che io sia una dannata assassina senza scrupoli?!>> sentii le lacrime agli occhi <<Cosa avrei dovuto fare secondo te?! Morire?! Lasciarvi morire?! Spiegami! Pensi che non mi senta in colpa?! Mi sento le mani perennemente sporche di sangue! Non faccio altro che vedere quegli istanti! Come ti permetti di dire cose simili!? Questa non te la faccio passare! Tutto ma non questa!>>
Jean parve pentirsi della sua uscita, vidi una nota di preoccupazione e di mortificazione nel suo sguardo. Però nei suoi occhi continuava a regnare l'incertezza.
Sembravano privi di quella luce che li illuminava quando guardava me, nonostante vi leggessi anche tutto l'affetto provato nei miei confronti.
<<Vorrei convincermi, ma non ci riesco. Io capisco cosa ti ha spinto agire e so che il tuo modo di comportarti ha un suo perché. Dopo il tuo racconto capisco che non sei mai stata una nostra nemica...e che hai sofferto e che sono uno stupido a chiederti quelle cose quando ci siamo conosciuti. Avrei dovuto aspettarmi una storia dietro alla tua scelta...>> fermò i cavalli << ... e sono pronto a convivere nella squadra con te. Ma non chiedermi qualcosa che non posso fare. Non riesco a vedermi insieme a te con tutti questi dubbi che mi tormentano, con questa confusione... Vorrei dirti va tutto bene e baciarti, perché ho il terrore che non possa essercene più l'occasione, ma non posso. Sarebbe una bugia. I miei sentimenti per te non sono cambiati, ma ora come ora sono confusi dato che la persona verso cui li ho indirizzati sembra essere del tutto diversa.>>
<<Non sono diversa...>>
<<Devo pensare e elaborare tutte queste informazioni da me prima di buttarmi in qualcosa che potrebbe ferirmi ancora più di quanto non abbia fatto. Ho bisogno di tempo per riflettere...  Quindi scusami ma al momento non ho intenzione di dire "Non è successo nulla" e giocare agli innamorati persi...>> il suo incedere era calmo e triste, riflessivo. 
<<Non dirai sul serio?! Io sono la stessa persona a cui ti sei dichiarato al chiaro di luna! Non sono diversa da come mi hai conosciuto!>> esclamai sorpresa e angosciata da quella piega inaspettata degli eventi.
Pensavo si sarebbe sistemato tutto. Avevo peccato di presunzione. 
Jean evidentemente era molto più ferito di quanto mi aspettassi.
<<Spiegami come cazzo dovrei crederti!? Mi hai preso per i fondelli! E non so neanche per quanto! Come posso fidarmi se non so un cavolo di te?!>> aveva gridato furioso.
Si stava scaldando.
<<Mi fa incazzare che tu me lo chieda! Tu sai benissimo come sono  fatta! Mi conosci!>>
Si... anche io mi stavo scaldando.
<<Hai persino abbandonato Dean in coma per fuggire!>>
<<Era la scelta migliore per proteggerlo!>>
<<Certo! Quante persone hai protetto con una sola fuga! Ha dell'incredibile!>> con sarcasmo.
Lui smontò dalla seduta del cocchiere. La sua espressione era colma rabbia repressa e il suo sguardo era tagliente. 
Con un sibilo acuto mi ricolse seccamente una frase che mi uccise dentro.
Letteralmente ...
<<E comunque ti sbagli, Io non ho la minima idea di chi tu sia>>

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