Capitolo 40

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Mi sveglio di soprassalto quando un rumore assordante mi fa letteralmente saltare sul letto.

D'istinto porto la mano al mio fianco, notando l'altra parte del letto vuota.

"Christopher?" lo chiamo sfilandomi di dosso la trapunta, che probabilmente mi ha messo addosso lui, visto che quando ci siamo addormentati non ci siamo infilati sotto le coperte, per poi poggiare i piedi a terra.

Sussulto quando entrano in contatto con il pavimento freddo, per poi alzarmi e dirigermi verso la porta finestra che vedo essere aperta, fino a quando la mia attenzione viene attirata da due borsoni posizionati a terra.

Ha preparato i borsoni mentre io dormivo?
Se così fosse da quanto tempo è sveglio? Ha avuto un'altro attacco di panico?

Con mille domande in testa mi affretto ad avviarmi verso la porta finestra, rabbrividendo quando l'aria fredda di novembre mi colpisce la pelle coperta solo da un maglioncino di lana e dei skinny jeans.

Mi prendo qualche secondo per osservarlo intento nell'osservare il cielo notturno. È seduto su una piccola poltrona, gli occhi sono fissi su una grande stella che spicca rispetto alle altre, mentre le labbra tengono stretta una sigaretta quasi del tutto consumata. Le spalle possenti, insieme al busto, coperte solo da una maglietta di cotone nera a maniche corte sembrano essere rilassate, mentre le gambe robuste sono incrociate tra loro.

"Hey" mormoro sedendomi al suo fianco, abbracciandomi il busto per cercare di ripararmi dal freddo.

"Perché sei sveglia?" chiede non distogliendo lo sguardo da quella distesa luminosa.

"Tu perché lo sei?" lo guardo spegnere la sigaretta nel piccolo posacenere al suo fianco prima di incrociare le braccia al petto.

"Torna dentro Clare. La notte è ancora lunga. Vai a dormire" dice portandosi alle labbra una birra che solo ora ho notato.

"Che stai facendo?" quasi urlo quando mi accorgo di altre due bottiglie vuote ai suoi piedi.

"Cerco di dimenticare" alza le spalle facendosi girare tra le dita il collo della bottiglia.

"Dimenticare cosa?"

So che probabilmente si tratta dello stesso ricordo che poche ore fa lo ha fatto cadere nel panico più totale.

"Ho chiamato il dottor Housted" mi lancia un'occhiata "Gli ho detto quello che è successo oggi, gli ho raccontato di come io mi sia messo a frignare come un bambino del cazzo tra le braccia di Celine" scuote la testa, lasciando che le sue labbra si pieghino in un sorriso amaro "Sai lui che mi ha detto?" chiede aspro.

"Cosa?" lo guardo con una stretta allo stomaco.

Non mi piace quando parla così di sé stesso.  

"Che devo superare il passato. Che il problema è nella mia testa e nel non volere andare avanti. Ha detto che non mi sentirò mai libero fino a quando non prenderò a calci in culo i ricordi che mi fanno male e lì allontanerò da me, ma soprattutto da qui" si tocca la tempia con l'indice "Ma come faccio? Eh? Come cazzo faccio a liberarmi dei ricordi che mi fanno male se costituiscono un passato che mi fa lo stesso male? Come faccio Clare? Dimmelo perché io non ci riesco" si da un pugno sul petto prima di portarsi la bottiglia alle labbra e prendere un lungo sorso.

Rimango in silenzio, colpita in pieno volto dalle sue parole. Come posso dargli una risposta, se io sono la prima a lasciarsi schiacciare dai ricordi quando la solitudine mi viene a fare visita. Come posso aiutarlo, se in un certo senso sono rotta anch'io?

"Io... Non lo so" ammetto "Ci sono ricordi che ci fanno male. Ad alcuni fanno più male e ad altri meno, ma tutti li hanno. Bisogna solo impare a conviverci e sperare che con il passare del tempo facciano meno male"

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