Capitolo 42

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CHRISTOPHER'S POV

Sbuffo quando l'ennesima fitta alla tempia mi fa bloccare nel mezzo del corridoio.

"Merda" mormoro massaggiandomi la testa nel punto in cui sento il dolore.

Era da parecchio tempo che ormai non mi prendevano mal di testa del genere. In passato ci soffrivo molto spesso, ma ultimamente non se ne presentava uno così da tanto, e questo mi fa incazzare, perché mi sembra di star tornando al periodo in cui ero un malato del cazzo, più di quanto io non lo sia ora, che soffriva di stupidi attacchi di panico e mal di testa talmente forti che lo costringevano a stare a letto a riposo.

Sospiro prima di sbattere un paio di volte le palpebre, cercando di riprendere lucidità e ricominciare a camminare verso l'uscita.

Sono stufo di questo posto di merda. Sono stufo di compiacere quel bastardo di mio padre. Lui ha deciso che sarei dovuto venire qui. Per lui questo era il college adatto a me, il figlio di un potente avvocato, ma io in realtà odio stare qui, perché mi ricorda ancora una volta come io gli stia sotto, mi ricorda il modo in cui lui ha sempre impugnato le redini della mia vita. Mi ha sempre visto come una marionetta, con cui poteva liberamente muovere i fili ed infatti è così che ha sempre fatto. Mi ha spedito qui, senza sapere che in realtà a me di seguire le sue orme non frega un cazzo. Non mi interessano tutte le materie di merda che si studiano qui. Lui lo ha sempre saputo. La mamma l'ha sempre saputo, ed io ho sempre saputo che finché sto con loro non avrò mai libero arbitrio.

"Che stronzi" scuoto la testa, accennando un sorriso. Uno di quelli che nasconde tutto il risentimento che ormai da anni covo nei loro confronti.

Quando sento la rabbia, che ormai come una fedele amica, viene a farmi visita ogni giorno, mi affretto a tirare fuori dal pacchetto delle Marlboro una sigaretta.

Ho bisogno di fumare e sinceramente non mi frega un cazzo del fatto che qui non si può. Se fumo infrango le regole, regole imposte da persone ipocrite come i professori, che pensano di avere in mondo in pugno. Pensano di poter dettare legge solo perché si trovano dall'altro lato della cattedra. Pensano tante cose, la maggior parte cazzate. Pretendono il rispetto quando la maggior parte delle volte non lo portano, bramano il potere come gli assetati bramano acqua nel deserto. Quindi no, non le rispetto le loro regole, che vengono fatte per farle rispettare a noi studenti, quando loro poi sono i primi che le infrangono con la loro morale.

Abbasso gli occhiali da sole in modo tale da coprire gli occhi, prima di portarmi una sigaretta alle labbra e lasciarla a penzoloni tra di esse, non curandomi delle occhiate curiose che mi rivolgono. Sbuffo infastidito prima di avvicinare l'accendino alla sigaretta pronto ad accenderla.

Ispiro a pieno il fumo, sentendo già la sensazione che il fumare mi trasmette.

Avrò avuto sì e no quattordici anni quando ho iniziato a fumare. All'inizio per gioco, così per il gusto di farlo, non riuscendo a capire perché continuavo anche se non mi piaceva. il pomeriggio uscivo con gli amici e fumavo. Tanto. Senza però capirne il motivo. Perché lo faccio? Mi chiedevo. Perché continuo a distruggermi i polmini senza una vera ragione? Ma un giorno lo capì, quando tornando a casa incontrai il bastardo che mi sgridò, mi disse che dovevo smetterla con quella merda. Mi disse che odiava l'odore di fumo nell'aria e che odiava ancora di più sapere che suo figlio andasse in giro a fumare sigarette e chissà cos'altro.

Lui lo odiava. Ecco il motivo.
Se lui lo odia, io lo devo amare mi ripetevo. La mia mente malata mi diceva di farmelo piacere, mi imponeva di non smettere. Se a lui dà fastidio, io non posso smettere.
Il motivo? Lo trovavo un modo per fargli capire come ci si sente a dire qualcosa e a non essere ascoltati. Più lui mi diceva di non farlo e più io facevo il contrario, proprio come ha sempre fatto lui con me; leggimi una favola papà gli dicevo io, leggitela da solo rispondeva lui. Giochiamo insieme papà lo pregavo io, hai una babysitter per quello mi rispondeva lui. Il contrario. Ha sempre fatto tutto il contrario di quello che io gli dicevo e continuando a fumare questo io volevo, fino a quando non è diventato per me un vizio. Un fottuto vizio, un'altro fottuto problema che mi porto dietro per colpa sua.

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