Capitolo 38

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Sapevo che al mio risveglio non ci sarebbe stato.

Ho aspettato di sentite la porta chiudersi e i suoi passi farsi sempre più distanti prima di lasciarmi andare in un pianto silenzioso, che è durato fino a quando ormai stanca mi sono addormentata.

Mi ha ferita di nuovo con i suoi comportamenti. Credevo che dopo avermi regalato il casco le cose tra noi fossero cambiate. Mi aveva detto che si fidava di me, me lo aveva anche dimostrato ed io ci ho creduto. Ma ora, dopo che se ne è andato lasciandomi di nuovo sola, non so se credere ancora alle sue parole. Non più.

Mi sento delusa da lui, ma allo stesso tempo provo anche rabbia nei suoi confronti. Rabbia che si intensifica quando il mio sguardo si posa sulle lenzuola sporche del mio letto.

Per me quello è stato un momento speciale e unico. So che non è stata la nostra prima volta, ne sono consapevole, ma d'altro canto per me ciò che abbiamo condiviso stasera, il suo fiato corto sul mio collo, le sue mani sue mie seni, le sue dita dentro di me, sono state cose che non ho mai fatto con nessuno ad eccezione di lui. Lui; il ragazzo con cui sto superando tutti i miei limiti, il ragazzo a cui sto facendo fare cose che non ho mai permesso a nessun'altro di fare, il ragazzo per cui sto andando contro tutti i miei valori. Lui è il ragazzo a cui sto lasciando prendere tutto ciò che vuole quando vuole e questo mi fa arrabbiare perché forse non se lo mereta. Non dopo avermi lasciata da sola dopo avergli concesso una piccola parte di me.

Sorrido amaramente quando vedo il mio riflesso nello specchio del bagno. Gli occhi sono ancora lucidi a causa delle emozioni provate poco fa, per non parlare delle guance rosse e accaldate.

"Ci sono ricaduta" sussurro pensando al fatto che ha di nuovo fatto di me ciò che voleva.

Senza curarmi particolarmente del mio stato, mi lego i capelli in una coda alta. Mi avvicino lentamente al comodino per prendere il telefono, facendo attenzione a non svegliare Mad.

Butto uno sguardo sul display notando che sono le dieci e mezza.

Indosso le converse bianche sotto il pigiama rosa e dopo aver indossato il giacchetto felpato esco fuori da quelle quattro mura, che oggi hanno vissuto troppo. Troppo per un solo giorno.

A passo lento mi dirigo verso l'ingresso principale dei dormitori e quando finalmente sono fuori, con il vento freddo che mi fa stringere nel giacchetto nero, non posso fare a meno di pensarlo.

Penso dove possa essere ora.
A fare cosa.
Con chi.
Forse con Chanel?

"Magnifico" sbuffo quando mi accorgo del corso che stanno prendendo i miei pensieri.

Con l'umore sotto zero cammino fino alla quercia, sotto la quale ho creato tanti ricordi qui alla Columbia. Mi ci sdraio sotto, per poi puntare gli occhi sul cielo stellato.

Osservo le stelle luminose una ad una.
Mi sono sempre piaciute, fin da bambina.

Ricordo che quando d'estate, io e la mamma facevamo dell'escursioni in montagna, la sera, dopo aver cenato ci fermavamo sempre ad osservare le stelle, che nella loro semplicità riescono ad aprirti un mondo fatto di sogni e immaginazione.

Sorrido quando una stella in particolare attira la mia attenzione: Cassiopea.

Sono sempre stata affascinata dalla leggenda che ruota intorno a questa stella. Le vicende di Cassiopea, moglie di Cefeo e regina dell'Etiopia, che a causa della sua bellezza finisce nei guai.

Allungo il braccio verso il cielo, cercando di sfiorarla con un dito.

"Amati sempre" chiudo un occhio per creare l'illusione ottica in cui il mio dito riesce a toccare la piccola stella "Amati perché sei come la luce di una stella. Ci mette tempo a rendersi visibile all'occhio degli altri, ma quando la si vede non si può fare a meno di guardarla" concludo le parole, che per una vita mi ha ripetuto la mamma per cercare di placare le lacrime di una bambina, che dalla vita ha avuto forse tutto tranne che un padre.

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