Capitolo 64

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Madison's Pov

Venti minuti.

Sono esattamente venti minuti che osservo l'insegna a led di fronte a me sinceramente pentita della mia decisione.

Sono sempre stata un persona impulsiva, pronta ad agire senza riflettere. Ho sempre fatto di testa mia pagandone poi le conseguenze, ma questa volta sento di aver esagerato. Di essermi spinta troppo in là.

Non avrei mai dovuto permettere che accadesse di nuovo. Doveva rimanere tutto così com'era. Senza nessun passo avanti ma soprattutto senza nessun passo indietro ed ora, mentre sono qui a cercare il coraggio per entrare in quel maledetto bar solo per incontrarlo, mi sento come se di passi indietro ne avessi fatti mille.

Butto fuori un sospiro nervoso, prima di stropicciarmi la faccia rassegnata.

"Ormai sei qui Mad, vai da lui, gli dici ciò che pensi e te ne vai via. Nulla di più" mormoro queste parole pensandole veramente.

Non ho deciso di incontrarlo per concedergli un'altra possibilità o per ascoltare le sue cazzate. Oh no, sono qui perché ho deciso di porre fine ad una relazione tossica una volta per tutte e non mi importa se gli altri non sono d'accordo perché questa volta voglio pensare io a me stessa, solo ed esclusivamente io.

Improvvisamente, con una grande convinzione, mi affretto a far scattare lo sportello della macchina pronta a mettere la parola fine ad una parte pietosa della mia vita.

"Sono pronta" ammetto, voltandomi per un secondo verso il finestrino incontrando il mio riflesso.

La felpa nera di Hunter mi avvolge largamente, non permettendo a nessuna delle mie forme di venire fuori, così come i pantaloni della tuta che ho deciso di indossare.

I capelli raccolti in una coda alta mi liberano completamente il viso e sorrido di fronte a questa immagine perché ho mantenuto fede alla parola data anni fa; mi ero ripromessa di non nascondermi più dietro le paure, mi ero ripromessa di non vivere più nell'ombra della sua follia, ma soprattutto mi ero ripromessa di non nascondere più il volto alle sue mani malate, consapevole che non ero io quella sbagliata con i lividi ma lo era lui con i suoi problemi.

L'ho giurato a me stessa anni fa che i miei capelli lunghi non sarebbero più stati un modo per nascondere la follia di qualcun altro.

"Bastardo" sputo acida, ripercorrendo per solo qualche secondo tutto ciò che il suo amore malato mi ha fatto passare.

Dopo aver lanciato un'ultima occhiata al mio viso completamente privo di trucco mi affretto a chiudere la macchina per poi avviarmi verso l'inferno per quella che spero sia l'ultima volta.

Appena con passo deciso varco la porta del piccolo bar che ho deciso di scegliere come punto di incontro, il suono di una piccola campanella ad avvisare la mia entrata fa voltare verso di me alcuni clienti.

Mantengo lo sguardo alto e la schiena dritta cercando di mostrare a tutti, ma soprattutto a me stessa, una sicurezza che piano piano sento abbandonarmi.

Mi guardo intorno consapevole del fatto che lui sia già qui.

Avevamo appuntamento venti minuti fa e lui non tarderebbe, la sua stupida possessività non glielo permettere mai.

Come a volermi complimentare delle mie supposizioni abbozzo un sorriso compiaciuto quando lo scruto a qualche tavolo di distanza con lo sguardo già puntato su di me.

Gli occhi neri come la pece mi osservano con quel pizzico di follia che mi fa rabbrividire ed è proprio in quel momento che non posso fare a meno di pensare a quanto io possa essere stata stupida a considerare, un tempo, quello sguardo come qualcosa di dolce e non di folle.

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