Capitolo 19

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Sbagliare.

Compiere un'azione non giusta, inopportuna o controproducente.

Sul dizionario questo c'è scritto e nella vita quante volte ci capita di farlo?

Nella vita si sbaglia un'infinità di volte, perché nonostante dopo che commettiamo un'errore, uno sbaglio ci promettiamo di non commetterne più, ci promettiamo che quella sia stata l'ultima volta alla fine in un modo o nell'altro ci ricadiamo sempre.

Ed io quante volte ho sbagliato nella vita? Purtroppo tante.

E ogni volta mi ripetevo:

Questa volta sono stata una stupida, non ho ragionato abbastanza, non ho riflettuto, ma non si ripeterà più.

E poi non so perché in un battito di ciglia mi ritrovavo a commettere un'altro errore, avvolte anche peggiore di quello precedente. Non c'è mai una cronologia di gravità tra uno sbaglio e l'altro, ma mai, mi sono sentita tanto in colpa e pentita di un mio sbaglio, come questa volta.

"Hey ti volevo dire che per domani a pranzo va bene" avevo scritto a Dan presa dalla rabbia e dalla sete di vendetta.

"Perfetto allora ci vediamo, ti vengo a prendere io a mezzogiorno. Buonanotte Clare" aveva risposto lui.

E li per li mi sono sentita felice, soddisfatta di ciò che avevo fatto, ma ora, dormendoci sopra ho preso coscienza della grande cavolata che ho fatto.

Ora, mentre sto seduta al tavolo di un lussuoso ristorante italiano ho capito quanto io sia stata stupida.

Cos'è che volevo?
Vendicarmi per quello che mi ha fatto lui?
Questo volevo? Si.

Ma cavoli io non sono così, non lo sono mai stata, non ho mai nutrito una voglia di vendetta verso qualcuno.
Mai.
Ed avere iniziato ora mi da fastidio, e anche parecchio.

"Sono felice che tu abbia cambiato idea"mi sorride mentre si porta alla bocca una forchettata di lasagna.

Mi limito a sorridergli.
Non voglio mentire ancora.

"Allora come va il college?" continua poi cercando di fare conversazione.

"Bene. A te come va non ti vedo molto in giro?" 

"Non frequento molto" ammette in imbarazzo.

"Come mai?" domando bevendo un sorso d'acqua.

"Diciamo che sono molto impegnato" dice alzando le spalle "Comunque non parliamo di me ora... Non sei di New York vero?"

"A dir la verità no sono del Queens" dico sorridendo al ricordo di casa.

Mi manca la mamma.
Mi manca la mia casa.
Mi manca la mia camera.
È vero che ho sistemato quella del campus con le mie cose. L'ho riempita di foto in modo tale da sentirla più mia, ma resterà comunque il fatto che a quella stanza manca il vissuto; l'anima di un ambiente.

"Ci sono stato da piccolo con i miei genitori" inizia a dire "È un bel posto"

"Lo è" Mi limito a dire.

"Hai fratelli?" domanda spostandosi dagli occhi il ciuffo biondo.

"No sono figlia unica però mi sarebbe piaciuto avere un fratello o una sorella" confesso.

Mi è sempre dispiaciuto stare sola ed è proprio per questo che ho sempre desiderato avere un fratello od una sorella con cui giocare, con cui condividere le mie giornate, il mio affetto.

Quando ero molto piccola desideravo troppo avere una sorellina per potermici divertire inseme. Fantasticavo di giocare con lei a servire il thé con le bambole, di dormirci insieme quando avevo paura, e poi crescendo quando il mio migliore amico immaginario non era più abbastanza, ho iniziato a voler anche un fratello maggiore.

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