ℂ𝕒𝕡𝕚𝕥𝕠𝕝𝕠 2 ℙ𝕠𝕧. 𝕁𝕒𝕟𝕖𝕥𝕥𝕖

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Era notte fonda, la fioca luce della luna filtrava indisturbata tra le tende della piccola camera. Jane si svegliò di soprassalto, ecco che tornavano a fargli visita quei brutti sogni, la ragazza sbuffò per poi alzarsi dal letto a baldacchino. Ormai era sveglia e non sarebbe più riuscita a prendere sonno, tanto valeva andare a farsi una passeggiata al chiaro di luna. Si tolse la camicia da notte di seta nera, afferrò dall'armadio un abito grigio scuro, prese i vecchi scarponi e legò i suoi lunghi capelli biondo cenere in uno chignon spettinato.
Guardò l'orologio, erano le quattro di mattina, sorrise leggermente per poi prendere la vecchia borsa logorata dalla sedia.
Uscì dalla sua stanza il più silenziosamente possibile per non svegliare la zia, raggiunse in punta di piedi il grande portone, diede un'ultima occhiata alla casa per assicurarsi che non ci fosse nessuno e poi uscì.
Era abituata a fare queste sue passeggiate notturne, adorava vedere Città-cielo immersa nella notte e nel silenzio. Salterellò per le vie buie, fece dei grandi respiri come per godersi quegli attimi di libertà. Decise di prendere uno degli ascensori con cui ci si sposta per Città-cielo, salì per quattro piani e scese al giardino d'estate, chiamato così per il sole perenne che caratterizza quel magnifico luogo, era consapevole che tutto quello era solo un'illusione ma non poté fare a meno di entusiasmarsi alla vista di quel bel prato verde, del vecchio pozzo di mattoni e del bellissimo e caldo sole che si rifletteva sulla pelle.
Si avvicinò al pozzo e si sedette sul bordo, sentiva il lieve tintinnare dell'acqua all'interno del pozzo, si affacciò e le venne spontaneo sorridere.
Mentre era lì ripensò all'incubo fatto qualche ora prima, non ne capiva il senso, era sempre lo stesso da settimane.
Nel sogno lei si trovava alla caccia dei Draghi, ma non era nei suoi panni, bensì in quelli di una donna sui quarant'anni, le assomigliava incredibilmente, aveva gli stessi occhi color smeraldo, lo stesso sorriso e lo stesso naso affusolato e un po' all'insù. Questa donna aveva paura, era questo che era rimasto impresso maggiormente a Jane, quell' emozione, quel senso di impotenza, di terrore. La donna cercava con tutte le sue forze di nascondere quel sentimento, ma proprio in quel momento, mentre meno se lo aspettava, fu attaccata da una bestia.
Jane si ricordava le urla, lei che chiedeva aiuto al resto del clan e gli altri che le voltavano le spalle senza fare niente per aiutarla. Il sogno finiva così e Jane si svegliava frastornata e confusa. Sospirò, sapeva che quel sogno significa qualcosa, ma non capiva cosa e aveva paura a parlarne con la zia Berenilde, non l'avrebbe capita.
~~~~~~~~
Dopo qualche altra ora passata a bighellonare in giro, Jane, decise di fare ritorno a casa. Erano le sette di mattina e la ragazza continuava a sperare con tutta se stessa che la zia dormisse ancora. Aprì delicatamente la grande porta in legno scuro, si tolse gli scarponi per fare meno rumore e in punta di piedi si avviò verso la sua stanza.
<Janette, ben tornata>
La ragazza si bloccò, fece un bel respiro per poi voltarsi nella direzione da dove proveniva la voce,
<Buongiorno zia Berenilde>
Jane si avviò verso il salotto e, seduta su uno dei divanetti in velluto rosso, si trovava la zia che beveva tranquillamente il suo tè. La donna era molto bella ed elegante anche da appena sveglia, i suoi bei boccoli biondi ricadevano delicatamente sulle spalle, anche se era arrabbiata non lo dava a vedere, manteneva sempre il suo solito sorriso rassicurante, ma Jane la conosceva troppo bene per lasciarsi abbindolare.
<Siediti a prendere il tè con me tesoro>
E dicendo questo indicò, con uno svelto gesto della mano, una poltrona vicino a lei.
Jane sapeva di essere in un mare di guai e con lo sguardo basso e senza ribattere si sedette,
<Allora, dimmi, dove sei andata di bello?>
Chiesa la donna sorseggiando un po' del suo tè, Jane non rispose ma continuò a tenere lo sguardo basso,
<Allora? Tesoro ti ho fatto una domanda, è buona educazione rispondere>
Continuò a chiedere la zia, ma questa volta Jane sentì un dolore improvviso, un forte mal di testa, alzò gli occhi per incrociare lo sguardo con quello della zia, sapeva che stava usando gli artigli su di lei,
< Sono andata al giardino d'estate>
Il dolore si interruppe immediatamente, così come era iniziato, la zia gli rivolse un bel sorriso,
<Vai in camera tua, rifletti un po' che ne dici?>
Disse la zia, Jane fece cenno di sì con la testa per poi dirigersi verso la sua stanza.
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Passarono cinque ore e Jane si era veramente stufata di star chiusa dentro quella stanza, ma aveva paura di affrontare nuovamente la zia. Qualcuno bussò alla porta, Jane sbuffò, si alzò di malavoglia dal letto ed andò ad aprire,
<Thorn>
Affermò la bionda ritrovandosi davanti il cugino, il ragazzo era sproporzionatamente alto, aveva i capelli biondo platino pettinati all'indietro e gli occhi color ghiaccio, il viso era segnato da grandi cicatrici, come anche il resto del suo corpo.
<Jane>
Rispose il ragazzo, il suo tono era sempre freddo e distaccato,
<Ho delle cose da dirti>
Jane annuì per poi fare entrare il cugino.
Lui si sedè sulla vecchia sedia di mogano, fin troppo piccola per lui, mentre Jane si buttò sul letto,
<Dimmi>
Il ragazzo la squadrò, poi prese il suo orologio da taschino per farlo scattare e rimetterlo a posto,
<Quando ti deciderai a comportarti da adulta? Hai 23 anni>
Disse lui serio, Jane alzò gli occhi al cielo e sospirò
<Zia ti ha raccontato della mia passeggiata? È per questo che sei qui? Vuoi farmi la ramanzina?>
Disse Jane scocciata, il ragazzo posò gli occhi su di lei e sbuffò,
<No, sarebbe solo uno spreco di tempo. Sono qui per parlarti del mio imminente matrimonio>
Jane si drizzò, guardò stupefatta il cugino,
<Matrimonio?>
Ripeté incredula, lui lanciò un altro veloce sguardo all'orologio e annuì,
<Lo sta organizzando la zia, la ragazza viene da Anima>
Si limitò a dire lui,
<Quindi un' Animista?>
Disse Jane con un sorrisetto malizioso,
<L'unico favore che ti chiedo...>
Cominciò a dire Thorn ignorando la cugina, ma Jane lo interruppe,
< Aspetta, aspetta, tu che mi chiedi un favore?>
Chiese ridendo, Thorn la guardò male e poi continuò,
<Prova ad essere carina con la nuova ragazza, prova a fartela amica>
Concluse lui, questa volta fú Jane ad alzare le sopracciglia,
<Farmela amica?>
Chiese sorpresa, Thorn guardò di nuovo l'orologio da taschino e poi annuì,
<Bene, adesso devo proprio andare>
E dicendo questo si alzò dalla piccola sedia e raggiunse la porta a grandi falcate, ma poco prima di aprirla si voltò,
<Jane per favore comportati da adulta per una volta>
Aggiunse poco prima di uscire, la ragazza sbuffò per poi ributtarsi a capofitto sul suo letto.

Vita al Polo: Storie di due nobili (Attraversaspecchi)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora