12. Non ho tempo per te

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ASH'S POV

«Hai capito el preterito indefinido ora?», indicai il titolo con la penna.

«Sì, mi è molto più chiaro adesso», annuì.

«Bene, allora esercitati con questo esercizio in fondo alla pagina. Io torno subito», mi alzai, vedendola rientrare in casa.

Si stava rafforzando la coda, quando posò i suoi occhi ambrati nei miei.

Era in ritardo, come al solito.

Era scompigliata, come al solito.

Spostò una ciocca dietro all'orecchio destro, sbirciando direttamente Fred.
Quel marmocchio era la sua unica priorità e mi faceva quasi paura.

«È andata bene?», mi chiese come da manuale, poggiando la borsetta bianca sulla sedia.

«Sì, è migliorato».

«È da vedere».

«Quando ti fiderai di me?», assottigliai lo sguardo.

«Mai», mi toccò la spalla violentemente, ma non mi infuriai.
La conoscevo fin troppo bene, sapevo che quando era eccessivamente incazzata - anche se con me lo era sempre - significava che la situazione doveva aver oltrepassato il limite.

Contai i secondi sulle dita per attendere che il suo nervosismo prendesse il sopravvento, facendola mangiare quel che le capitasse a tiro.

I nostri incontri non le erano particolarmente importanti, anzi, se ne fregava altamente.
Non era però un problema, quello.
Prima o poi, sarebbe affondata troppo in basso per riuscire anche solo a pronunciare la parola "aiuto" nei miei confronti.

«È corretto», rimase immobile un attimo, senza volermi dare alcun riconoscimento in merito.
Fred imparava in fretta.

«Ehm, i soldi».

Sganciò le sterline precise senza resto, dopo di che prese una spugna e un secchio pieno d'acqua e di sapone.

Guardai il fratello confuso.

«Credi che il pavimento si lavi da solo?».

La guardai ancora inginocchiarsi, mentre i suoi glutei erano rivolti verso di me.

Se ne rese conto, sistrmandosi poi alla cieca la maglia.

Annuii con un sorriso, passando una mano sul mente.

La porta si era spalancato quando lei aveva mollato lo straccio, per mia fortuna, oserei dire.

Daniel era a terra.

Rimasi in disparte, per non intromettermi ulteriormente in una faccenda da cui volevo starne fuori.

Fred era salito fuori sotto consiglio di Hayra che aveva chiaramente organizzato di proposito la sua uscita di scena.

Cercò di farlo rinvenire, e ci riuscì solo diversi tentativi dopo.

«ALZATI PAPÀ!».

Sussultai io stesso con la bottiglia rotta contro la parete.

Osservai le sue mani scendere lungo il corpo del padre, in maniera disgustata.
Potevo sembrare malato, ma non riuscivo a togliere dalla mia mente il modo in cui io scorrevo le mie di mani nel corpo di lei.

Osservai il suo viso, le sue espressioni facciali contrariate, i capelli che le coprivano la faccia e la infastidivano.

Aveva una sua semplicità, ma allo stesso tempo riusciva ad essere sensuale, pure inconsciamente.

Non era Santa, ma nemmeno troia.

Studiavo il suo modo di comportarsi, mentre le sue pupille erano dilatate e oscurate.

Vorrei dire che fosse stata la prima volta, ma non lo era.

Nonostante questo, sapevo che non era il massimo della sua vulnerabilità.

Io c'ero quasi arrivato, molto tempo fa, prima che partissi anni prima.

Ma il limite non l'aveva mai mostrato a nessuno, nemmeno a me.

Non sapevo spiegare a nessuno il nostro rapporto, così strano e complicato.

Ci odiavamo, ma eravamo costantemente legati.

Non cercava appiglio a niente o nessuno, conosceva la verità dei fatti.

Con una disinvoltura da brivido, eseguiva quel che doveva esser fatto, senza tralasciare nulla in sospeso.

La ammiravo, di nascosto.

Infierivo del suo essere timorosa sotto i miei occhi che proiettavano nient'altro che bruciore e insanità.

Conoscevo i suoi genitori, quando stavano ancora insieme.
Li aveva già persi, non li aveva mai avuti in realtà.

Era sempre stata lei, da sola, contro il mondo.

Mi sarebbe piaciuto poterle dire "ci sono io", ma non potevo.

Non potevo, per svariate ragioni.

Non mi si ruppe il cuore, il mio era sempre così forte e indistruttibile.
Avvertii però un qualcosa che mi smosse.

Era certo, però, che non avrei preso le sue difese.
Non sarei stato l'eroe.
Mi trovavo solo nel momento sbagliato, in un qualcosa in cui non c'entravo niente.

Doveva morire per me.

LA FIGLIA DEL CAOSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora