43. Sorpresa

79 14 3
                                    

Io e Jane facevamo parte di un gruppetto di catechismo nella nostra parrocchia.
Non per una fede ferrea, bensì per stare in mezzo ad un clima tranquillo come quello in mezzo ai bambini.

Una ventina di piccole pesti sui sette anni si era avventata verso di noi con il solo obbligo di divertirsi.
Sorrisi alla mia complice, facendo intendere cosa avevo intenzione di fare.

«Ciao bambini. Io mi chiamo Hayra, lei è Jane. Voglio avvertirvi; potete andare ovunque andiate, ma se vi allontanate da noi non sapete cosa vi perdete. Ditemi, cosa vi piace di più?».

Una bambina saltellò contenta senza alzare la mano.
Aveva una voce acuta, i riccioli biondi le ricadevano sulle spalle, coprendo Minnie disegnata sulla maglietta.
Sbattè le palpebre coprendo i suoi occhioni verdi in un secondo e sorrise.

«A me piacciono le figurine!».

In mezzo alla folla, un bambino dai capelli nero pece e gli occhi azzurri chiaro spiccò.
Era notevolmente alto per la sua età, indossava una maglietta a tinta unita rossa e dei jeans.
Il berretto del medesimo colore della maglia gli copriva il ciuffo ribelle che si intravedeva appena e, senza essere particolarmente asfissiante, esprimette la sua.

«A me piace l'avventura, come gli esploratori in Amazzonia, loro sì che sono i miei idoli!».

«Io voglio attraversare un ponte per avere il brivido del pericolo! Tipo nei film quando ci sono gli squali o i coccodrilli pronti a mangiarti e i protagonisti devono essere calmi se vogliono tornare a casa dalle loro mamme!», una bimba dalle multitudini di lentiggini spruzzate sul naso e qualcuna sotto gli occhi mi ispirò vivacità.
Aveva gli occhi grigi, i capelli lisci di un lucente ramato.

«Bene, bene, bene», prese parola la mia compagna, riunendo le idee.

«Mentre io vi preparo una buonissima merenda, Hayra andrà ad organizzare il nostro viaggio».

«Ma io voglio iniziare ora!», piagnucolò un bambino più basso di statura rispetto agli altri, aveva gli occhi nero pece e i capelli castani scuri che non stavano fermi un attimo per colpa del vento.

«Non vorrai farlo a stomaco vuoto. Tutti i grandi della storia avevano un appetito formidabile. Conosci Ulisse? Lui ha varcato e superato tanti ostacoli, pensi che lo abbia fatto senza aver messo niente sotto i denti?», mi intromisi io.

Un quarto d'ora dopo era tutto pronto.
In un giardino piuttosto grande si era svolto il nostro percorso;
Una grossa panchina abbastanza scassata fungeva da ponte traballante, un fiumiciattolo nei dintorni - con qualche pesce che ne abitava - aveva un cartello con scritto in caratteri grandi: STATE ATTENTI.
Dei cartoncini colorati erano stati utilizzati come indizi nascosti ovunque, citanti frasi della Bibbia semplici che avrebbero portati a scovare l'ultima parte.

Una enorme montagna di figurine con disegni di Gesù in diverse parti del Vangelo aspettavano solo di essere scovate e colorate.
Il primo che avrebbe terminato, avrebbe avuto in premio una medaglia.

Soddisfatte, ci battemmo il cinque.
Mi mancava quel clima tranquillo, quel polline che infastidiva le allergie altrui ma che dava inizio al periodo primaverile.
Quel periodo in cui non si sa mai come vestirsi, se pesanti o leggere.
Quel periodo in cui si è stressati dal lavoro o dalla scuola, ma non si perde tempo a rimanere fuori contornati dalla natura e dai primi caldi.
Il clima mite, perfetto, per ogni gusto.

Un tipo contornato da tatuaggi su braccia, gambe e collo si mise fra di noi.
Stava divorando Jane con la mente e questo mi fece sorridere.
Sembravano conoscersi, data la spiccata scioltezza con cui la mia partner in crime stava spiegando il nostro lavoretto.

Girava con una bicicletta nera e degli occhiali da soli neri per mettersi in mostra.
Non si era nemmeno accorto della mia presenza e questo mi fece dedurre quanto fosse attratto da lei e da una deducibile relazione seria.
La mia mente vagava, ma sgorgava nell'immagine della sua Jane felice.

Li lasciai alle chiacchiere mentre mi diressi verso il bar lì vicino alla chiesa.
Era molto comodo e mi incuriosiva, almeno dalle vetrine e dall'odore pareva buono.

«Ha già pagato la ragazza laggiù seduta in prima fila», mi spiegò il ragazzo qualche anno più grande di me da dietro il banco.

Mi girai e sgranai gli occhi alla vista di chi fosse.

Lei.

LA FIGLIA DEL CAOSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora