65. Sei sicura di essere tanto diversa da noi?

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Una nuova tempesta si stava espandendo in tutta Inghilterra.
Per la prima volta mi capitò di sognare di prendere un aereo e volare verso l'Italia, per accarezzare le mie radici.
Non avevo mai visitato niente di quella meravigliosa - a detta di conoscenti - nazione.

Di italiano sapevo poco e nulla, ma della cultura ero un portento.
La pasta era sacra, così come il caffè e chiaramente la pizza.
Oh, e l'odio per i francesi!
Le temperature erano nella norma, a differenza di qui che erano sempre più basse.

Passato dicembre, l'anno nuovo si aprì con il botto di Capodanno.
Non erano precisamente i primi giorni, ma poco più della seconda settimana del primo mese.
Mentre il calendario segnava il conto alla rovescia per il mio compleanno, io avevo conti da saldare.

Il lavoro stava procedendo bene, nonostante non avessi alcun pezzo di carta ad identificare i miei titoli di studio a frustrate di impegno e costanza.
Una fortuna che realmente custodivo.

Tuttavia, in casa girovagava un clima gelido come l'inverno in cui eravamo piombati da diversi giorni ormai.

«Dovremmo darle una seconda possibilità», la voce di Fred era grave, la corporatura irrigidita e la cerniera difettosa del felpa bianca.

«Una...seconda possibilità?», mormorai, con gli occhi sensibilizzati a tale argomento.
Avevamo litigato nuovamente, probabilmente a causa della sua età critica.
Non succedeva così spesso, o almeno non prima di allora.

«Non possiamo restare con il rancore di una vita dietro, se solo aprissimo il nostro cuore, potremmo-».

Era tempo di prendere le redini della slitta di Babbo Natale e scaraventarli al di sotto dei nostri piedi sospesi in aria.
Aveva smesso con la droga dopo varie sedute da una psicologa a mie spese, aveva cominciato a fumare, ma un suo ragionamento alquanto scandaloso di contrasto al mio, era stato il vero colpo basso.

«Che cazzata è quella che hai appena sparato? Io... io non posso veramente crederci».

«È pronta a cambiare, mi ha cercato, mi ha parlato, piangeva e-».

«Pensi davvero che qualche messaggino e lacrima di coccodrillo significa che ci tenga? Fammi indovinare, ti ha mandato qualche cuore e riempito la testa di promesse che mai manterrà perché non ha i mezzi nè il buon senso di comportarsi d'adulta perché altrimenti lo avrebbe già fatto?!», sputai veleno, con il cuore che accellerava di battiti.

L'argomento "mamma" per me era sempre stato un qualcosa da abolire.
Ignoravo i bambini chiamarle di continuo, li ignoravo quando le prendevano per mano, quando andavo a piangere dalla loro genetrice o quando si lamentavano perché venivano sgriditi di continuo.
Un qualcosa di cui io avrei pagato oro per avere.
Un qualcosa per cui mi sentivo talmente assente da non essere sicura di far parte dello stesso universo.

Perché alcune persone vedevano bianco e nero quello che per altre era rosa e viceversa?
Perché esistevano persone sgradevoli quando la vita faceva già schifo?

«Perché non possiamo provare? Potremmo essere una vera famiglia, noi tre. Tutti insieme. Potremmo parlarne con papà».

«Sì, certo! Andiamo da papà e diciamogli: "hey, sei drogato o alcolizzato? O forse entrambi? Beh, non importa. Senti, noi andiamo con mamma. Sì, esatto, la tua ex moglie. Noi l'abbiamo perdonata, dimmi che non dobbiamo perdonare anche te". Poi magari andiamo da lei, ci gettiamo tra le sue braccia ed esclamiamo: "hey, ci sei mancata! Non è stata colpa tua, ma nostra! Non siamo stati abbastanza per te, hai fatto bene a fare quello che hai fatto. Avevi ragione, dovevamo stare male per capire i nostri errori. Ti abbiamo seguito come animali smarriti per chiederti di perdonarci, perché la colpa è nostra. Ti abbiamo raggiunto come avevi detto che NOI dovevamo fare per arrivare a te! Ti vogliamo bene, stavolta pensi di poter restare?". Svegliati, Fred! Lei non è quella che vorresti fosse, non lo è mai stata?! Credi che per me sia facile-».

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