Odiavo lei, ma amavo quel che lei stessa mi aveva insegnato ad amare.
Era forse l'unica scelta logica del perché amassi tanto le stelle: perché mi ricordavano la parte buona che mi aveva fatto acquisire affetto per lei, la parte che era stata scarabocchiata e rovinata.Mia madre mi diceva di guardare la stella meno luminosa.
Quella in disparte, che nessuno reputava adatta.
Mi raccontava di quanto un giorno sarebbe diventata luminosa, la più splendente nel cielo scuro, visibile durante la nebbia.
Diceva di non riponere ammirazione per la stella che brillava di più, perché come un vecchio lampione sull'orlo di spegnersi, non si poteva riponere ogni speranza in una cosa sola.
Diceva che gli esseri umani temono quel che non sanno e che non vedono, perché non sanno cosa c'è dall'altra sponda.
E che bisogna iniziare a preoccuparsi, quando non ci interessa più nulla.
Non piangevo mai davanti a lei, così chiudeva gli occhi fingendo di non guardare e lasciava che mi sfogassi. E se proprio non riusciva, mi preparava uno strano infuso non da ingerire a base del suo profumo preferito. Era strano, lo ricordo ancora. C'era il bagno schiuma con cui si lavava sempre, era al cioccolato, non sapevo neanche esistesse. In più, era contornato da dei petali di rose.
Nella notte in cui se n'è andata, ricordo di aver preso il barattolo tra le mani e aver rovesciato un po' del contenuto in una mia maglia. Inutile dire che avevo fatto una stronzata e ho dovuto gettarla, era pure quella che mi piaceva di più...Invece mio padre era un uomo diverso.
Da piccola era assente, a causa del lavoro, perché mia madre era disoccupata.Lei era mia madre e mio padre, semplicemente essenziale, ma non aveva mai fatto niente per me.
Eppure, ero abituata ad averla in casa.
Quando usciva per la spesa, rimanevo fino a pomeriggio inoltrato aspettando il suo ritorno, perché se qualcosa non andava, il sollievo cresceva e stavo meglio quando la porta si chiudeva rivelandola.
Crescendo, ci siamo allontanate.
O meglio, lei l'ha fatto, davanti ai miei occhi.E quindi, l'ho lasciata andare.
Non puoi rincorrere chi non ti ritiene di valerne la pena.
Può pentirsene, ma ti ha comunque valutato e non puoi costringerlo a restare se non vuole.
Bisogna mettere le carte in regola e capire che non sempre sia la priorità di chi per noi lo è.Autodifesa.
Mio padre era appunto l'opposto.
Quando ha scoperto il tradimento, l'ha distrutto. Tornava tardi, beveva, piangeva, fumava, ascoltava canzoni anni settanta, fumava, beveva, piangeva, fumava e fumava.
E io rimanevo impassibile perché mi reputavo responsabile e complice della donna che amava, la stessa che mi aveva obbligata a tacere.Ma non mi ha mai toccata.
Si è lacerato dentro, lentamente.
Piano, e poi tutto d'un colpo. Gli ho trasmesso il mio amore, ma lui aveva bisogno di quello di lei, non della figlia. O meglio, anche del mio, ma non era sufficiente, non era quel che richiedeva come bisogno.Ho tre modi per stare meglio: guardare le stelle, immaginare quel profumo, parlare con lui o immaginarmi come sarebbe andata se la mia vita fosse stata diversa.
Non puoi tornare indietro, ma la tua mente sì.
Puoi immaginare, anche se fa male tornare alla cruda verità.
Può sembrare idiota, ma a volte si desidera tanto una cosa, che si presenta in altro modo. In sogno, per esempio.La finestra era spalancata, il tronco di una vecchia quercia batteva a ritmo di vento sul davanzale.
Mi muovevo tormentata dall'ennesimo sogno, mi dimenavo dentro il grande letto dalle coperte verdi, cercando qualcuno che sapeva non c'era.
Era freddo, tutto troppo freddo.
Imprigionata da quell'amore che voleva rendere parte del passato.
Nel momento in cui aveva cacciato Kevin dalla sua testa, lui aveva obbedito alla sua preghiera di lasciare ogni appiglio con il mondo dei vivi.
Gliene era riconoscente, o altrimenti a quell'ora avrebbe già avuto i capelli bianchi!Emisi un verso strozzato nel sonno, mentre appoggiavo la guancia sul mio gomito e la mia mano sorreggeva la testa pesante.
Mi liberai delle lenzuola e deglutii, lasciando scorrere la mano sui capelli e poi lasciarla cadere inerme.
Ci fu una pausa, forse una disconnessione, forse il solo bisogno di fermarsi un qualche attimo.
Il cuscino cadde a terra, mentre rimanevo sdraiata in una posizione piuttosto scomoda.
Il materasso aveva le grinze, forse perché trattenuto tra le unghie della sottoscritta.Servì un banale scricchiolio della porta per svegliarmi di soprassalto: il rimorso.
Il rimorso mi rendeva prigioniera.In men che non si dica, lasciai il pigiama sotto la giacca e mi affrettai ad uscire in punta di piedi.
Il vento non si dava per vinto, ma andava a braccetto con la mia determinazione.
Era un impresa ardua, ma conoscevo mio padre.In mezzo alla strada, guardando se qualche macchina notturna stesse passando di lì, incrociai le braccia.
Ai miei piedi, l'uomo dai miei tratti somatici, era privo di sensi.
Affiancato dalle solite bottiglie di troppo a tenergli compagnia, mi riscaldai le braccia facendo in su e in giù.
Guardai ancora l'uomo, indecisa.
Nel frattempo, il gelo mi stava ripercuotendo la ragione, portando via la razionalità che avevo avuto fino ad allora.Quella sera non c'erano stelle, ma la luna.

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LA FIGLIA DEL CAOS
RomanceCOMPLETATA - IN REVISIONE Trama: Hayra Stevens è una giovane alle prese con la vita. Non è mai stato facile per lei integrarsi nella società fin da piccola tra traumi e drammi. Potrà sembrare esagerato affermare già questo data la sua giovane et...