30. Amy

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ASH'S POV

Non serviva un dono per capire quanto e come Hayra aveva seguito alla lettera ogni istruzione che le avevamo fornito.
Il salotto era imbadito di una cenetta con i fiocchi tipica del giorno del Ringraziamento americano.

Stava posizionando qualche palloncino perché la piccola Amy, l'ultima arrivata nonché la mia sorellina, avrebbe compiuto
cinque anni.
Qualche stella cadeva sul filo tenuto in alto perché lei adorava tutto ciò che riguardasse lo spazio.
Le candele profumate lasciavano un profumo invitante al benvenuto.

Io non ero per i grandi festeggiamenti, ma alla festeggiata piacevano quindi mi ero adattato ai suoi desideri di bambina quasi delle elementari.

Il suono del campanello fece scattare ognuno di noi.
Non fecimo "l'effetto a sorpresa" perché a lei spaventavano, nonostante fosse una tipetta tosta.

Hayra andò ad aprire;
Mio padre e mia madre le sorrisero, mia sorella inclinò il capo confusa ed estraniata da quella faccia nuova.

La mia coetanea, non obbligata ad stringere un legame con lei poiché il suo lavoro lo aveva già svolto, si abbassò alla sua altezza.

«Ciao futura astronauta. Mi ha detto un uccellino che qualcuno qui vuole camminare sulla Luna tra qualche anno. E dimmi, questa futura esploratrice ha anche un nome?», lo conosceva bene, il suo nome.
Glielo avevo accennato e sapevo che lo ricordava.

«Amy», le rispose timida arrossendo.

«Amy? Che bel nome! E dimmi, Amy, sai per caso che giorno è oggi?».

«Quando sono nata».

«Oh, ma davvero? Allora dovemmo festeggiare. So che non si chiedono ad una signorina già grande ma.. quanti anni?».

La piccola si guardò le manine e ne aprì soltanto una.

«Cinque?», le sorrise.

«E tu?».

«Beh, non si chiede l'età ad una signorina».

«Ma tu me lo hai fatto dire!».

«Hai ragione, avrei dovuto aspettarmelo che questa principessina fosse cresciuta», le fece l'occhiolino.
Senza dubbio, ci sapeva fare con i bambini.

«Quindi quanti anni hai?», domandò curiosa.

«Che ne dici se ne parliamo dentro?», la fece entrare assieme ai genitori con un piccolo inchino, nonostante li conoscesse già.
Chiuse la porta e si voltò verso di me.
Annuii come a ringraziarla e lei alzò le spalle.

«Mamma, papà», li salutai, assieme a Chase che però non chiamo entrambi in quel modo in quanto con me avesse in comune solo un genitore.

«Sediamoci, che dite?», iniziò quel buon vecchio golosone di mio padre.

L'unica ragazza servì il primo piatto e si mise in disparte.
Amy, però, la andò a cercare.
Le stropicciò l'abito, tirandolo verso il basso per attirare la sua attenzione.

«Non ti piace quel che c'è a tavola? Vuoi che rimedi?», si mostrò servizievole.

«Non mi hai ancora detto come ti chiami. Anche quello è un segreto? Sei una maga?».

«Mi chiamo Hayra».

«Non conosco nessuno con questo nome».

«Sai che cosa significa in turco? Che compi il bene», si intromise mia mamma, una donna colta e aperta di mentalità, molto intelligente e all'avanguardia.

LA FIGLIA DEL CAOSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora