76. La Guerra Finale!

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Vorrei aver capito prima perché stava sempre sotto la pioggia.

Lo osservavo da lontano stare con gli occhi chiusi ed il viso rivolto al cielo grigio. Quando ebbi il coraggio di avvicinarmi e dirgli che, se fosse rimasto ancora là sotto si sarebbe preso un malanno, lui non aprí nemmeno gli occhi.

Non si mosse, e per un istante pensai che le mie parole non si fossero sentite attraverso il rumore delle gocce che colpivano il suolo sotto di noi.
Aprii la bocca per ripetere, ma lui mi zittí con una frase detta troppo superficialmente.

«La pioggia è l'unica amica che, invece di asciugarti le lacrime, le riesce a nascondere dalla vista di tutti».

Finalmente aprí gli occhi, e girò lentamente la testa verso di me, mostrandomi gli occhi rossi.
Mi fece un piccolo sorriso acquoso, e quella volta riuscì a vedere una piccola scìa d'acqua formarsi e cadere sulla sua guancia. Potrei giurare che la pioggia non centrasse nulla.

Non sussurrai il suo nome, nè tantomeno azzardai a toccarlo.
Bensì, guardai indietro appena in tempo per cogliere impreparato Chase che ci stava spiando dalla finestra.

Ormai totalmente soli, con il cellulare spento che squillava a vuoto, rimanevo impassibile davanti ad Ash.

«Alla fine avevi ragione tu.
Non sono riuscito a starti accanto come ti avevo promesso. Vorrei poter riuscire a mantenere tutte le promesse che ti avevo fatto, quindi suppongo che tu avessi ragione anche sul chiamarmi bugiardo, ma questo in fondo lo sapevamo entrambi.
Vorrei poter dire che ti ho trovato, ma mantirei anche in quel caso.
Ho fallito con te. Ho fatto un vero e proprio casino, non è vero?», mi rivelò, facendomi perdere quattro battiti.

Era sempre lui, persino in quel momento.
Con gli occhi che parevano iniettati di sangue, la sua anima non trovava tranquillità.

«Mi dispiace per come ti ricordo, mi dispiace per come ti ho trattato, mi dispiace per aver inintenzionalmente giocato con il tuo cuore, mi dispiace per non averti amato come avrei dovuto. Ma ormai non fa differenza no? Dopotutto ci separano ancora quei due metri di terreno ed un pezzo di marmo che si sbeccherà prima del previsto. Avrei voluto che ci scrivessero tutti i tuoi sogni e aspettative invece che un nome vuoto. Detesto come si siano limitati a nasconderti, a lasciarti scivolare lentamente nel dimenticatoio insieme a tutti i ricordi che ti riguardano. Odio con tutto me stesso anche l'amaro che mi hai lasciato in bocca, sai? Avrei voluto dirti e darti di più, ma suppongo che ora sia impossibile.
Suppongo che avrei dovuto farlo quando mi era stata posta la possibilità.
La stessa di cui ho studiato la compattezza e che ho lasciato perdessi.
Probabilmente non ti importa, e non ti biasimo, però ora che sto facendo la resa dei conti credo che io debba essere il più onesto possibile. E, dannazione, odio come mi sento in questo momento. L'impotenza, il rimpianto, forse amore represso in questo momento mi stanno uccidendo, ma come mi dissi tu a chi importa? Siamo solo ragazzi».

Raccolse una goccia sul palmo della mano, appena posata su di lui.

«Parto svantaggiato e ne sono cosciente. Io sono fradicio, ho lasciato che il diluvio mi investisse per essere ripulito di ogni mio peccato. E tu... tu sei così pura.
Con quell'ombrello che ti copre, mi fa capire che anche questa volta siamo troppo diversi.
Non balli più sotto la pioggia, altrimenti lo avresti fatto anche adesso.
E, questo, mi fa capire che l'intruso sono io.
Sono stato importante, ma ho mandato tutto a puttane fin dall'inizio.
E non c'è niente, per quanto entrambi vogliamo, che tu possa fare».

Non seppi cosa dire.
Da quando avevo riscoperto l'uso della parola, mi ritrovai faccia a faccia con la bambina che ero stata.
Mi aveva tolto di nuovo le parole.

«È sbagliato. È sbagliato dirti questo dopo questo ragionamento. E lo sai?
Mi sto incazzando totalmente a caso!», iniziò ad alzare la voce preso da una possibile euforia, in balìa di chi l'orgoglio lo aveva perduto.

LA FIGLIA DEL CAOSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora