2. Astri luminosi

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Precisazione: non giudicare la storia dai primi capitoli. Non è scontata.

L'anima è piena di stelle cadenti
-Victor Hugo

«Scegli una stella, Hayra», mi disse una volta mia madre quando ero una piccola bambina con l'unico classico sfondo e modalità di vita pari a quella di una principessa Disney.

La mia preferita era Merida, a differenza delle mie coetanee che correvano dietro a Cenerentola.
Eppure, quella ragazza dai capelli ribelli e rossi, mi aveva sempre affascinata.
Così determinata, così libera.
Non aveva intenzione di regalare attimi, non fuggiva dalle proprie responsabilità, non le calzavano a pennello limiti e insulse regole di vita.
D'altronde, chi viveva meglio di lei?
Amava il verde, il suo cavallo, lasciare al vento gli innumerevoli ricci all'aria.
Non aveva bisogno di contare su nessun'altro, che non fosse sé stessa.

«Ti saprà mostrare il tuo cammino», continuava a dire, regalandomi un sorriso e rivolgendo l'indice al cielo luminoso sopra le nostre teste.

Forse è per questo che le palpebre si abbassavano di colpo con quella pace dei sensi estesa in tutto il corpo, con la consapevolezza che qualcosa o qualcuno avrebbe vegliato su di me.
Venivo cullata da una melodia sonora che mi addolciva l'udito e mi faceva sprofondare sul materasso comodo e pulito che la nonna mi preparava con affetto.
Sapeva di petali di rosa; erano i nostri fiori preferiti, quelli che noi ammiravamo dalla finestra nelle giornate di pioggia quando l'acqua li abbassava con prepotenza e quelli che accarezzavamo in primavera.
Non ne raccoglievamo, perché conoscevo bene che sarebbero morti per un mio atto di egoismo.
Adesso ne rimaneva solo un sogno, la speranza vana, un dolce sbiadito ricordo.

Pensavo e pensavo alle parole di quella trentenne dai capelli color carbone e dagli occhi verdi, dalla quale non avevo preso un bel niente.
A dire la verità, mi aveva continuamente riempito la testa di sciocchezze;
C'era un tempo in cui la mattina mi svegliava con baci e carezze, mi offriva della cioccolata calda da gustare con il cucchiaino più grande e guardavamo assieme svariati programmi infantili con lo scopo di apprendere ed educare i figli ad un mondo non crudo o spietato ma rosa e brillantinoso.
La stringevo forte a me, come se mi sarebbe potuta sfuggire all'improvviso via, come se qualcuno avesse potuto strapparmela dalle braccia senza preavviso da un momento all'altro.
La notte mi canticchiava canzoni, fino a che non mi perdevo a giocare con le sue unghie lunghe e mi addormentavo.
Lei sapeva di lavanda, a differenza di sua mamma.

Sorrisi, al pensiero del fagottino che ero una volta e strinsi i pugni a quello che ero diventata.

Lasciai i miei capelli liberi al vento, sciolti, per coprire parte della visuale.
Potevo guardare dritta in avanti, senza soffermarmi a sinistra o a destra.

Mi curai esteticamente, ma niente di eccessivo.
La mia chioma castana chiara si muoveva a piacimento in quella mattinata particolarmente fredda di inizio ottobre, i miei occhi annebbiati dalle ciglie nere di mascara captavano precisamente la distanza tra me e la mia migliore amica, mentre convincevo i miei anfibi a darsi una mossa.

Corri come il vento Hayra che nessuno può sfiorarti.

Tastai la tasca alla ricerca del mio cellulare nei jeans scuri e le palpitazioni si davano una regolata.

Corri come il vento Hayra che nessuno può farti del male.

Lasciai scorrere le mani agitate sul mio outfit nero mentre avanzavo e acceleravo di velocità.

Corri come il vento Hayra che nessuno può fermarti.

«Ehy, pssst», la diciottenne alzò e mosse il braccio destro per farsi notare nonostante ci fosse stata solo lei nelle circostanze.

LA FIGLIA DEL CAOSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora