29. Donna

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Verso la strada di ritorno dal supermercato, con la spesa tra le mani, mi avviavo verso casa.
Il cielo si era rabbiato, una folata di vento mi aveva colpita in pieno ma non permisi al freddo di avermi in pugno.

Controllai quel che avevo addosso;
leggins fino alle ginocchia e una maglietta leggera a maniche lunghe.
Di tre lampioni ne era rimasto funzionante uno soltanto, questo lo constatai dalla poca luce che mi illuminava il cammino.

Le gambe andavano avanti mentre accelleravo il passo e contavo quanto mancasse per tornare a casa.
Mi strinsi nella maglietta che avevo, sperando di non incontrare nessun ragazzo.

Nella società odierna sono tante le ragazze che amano essere donna per il fatto di curarsi di più, di aver lottato per l'indipendenza.
Io non la penso come loro.

Partendo del presupposto che non siamo noi ad aver lottato, ma donne prima di noi.
Seriamente credono di aver fatto qualcosa per raggiungere i diritti che abbiamo oggi quando si lamentano se la loro cotta non ha messo "mi piace" ad un post su Instagram?

Curarsi esteticamente non deve essere per forza attribuito la donna, perché pure l'uomo se vuole sa prendersi cura di sé.

Per lottare ci vuole forza, una forza che io in questa società non riesco a trovare.
Se io per prima non combatto per me, come posso credere di farlo per un intero sesso?

Inoltre, siamo ancora lontane da essere riconosciute per quel che siamo davvero.
Un po' come l'eterosessualità; in un mondo di persone ABITUATE alla "normalità" di uomo e donna unite, vedere due donne o due uomini innamorati è considerato un pessimo messaggio alle generazioni future.
L'uomo, riconosciuto da sempre come il più forte e persino quando si generalizza sull'essere umano si usa solo uomo, ostacolerà sempre la donna.

Se è amore, che c'è di sbagliato?
Se sono nata così, che c'è di sbagliato?

Ci sono eccezioni, ovvio, ma in fenomeni così frequenti come femminicidi anche i più tosti mollano la presa.

In poche parole, staremmo tutti bene se la gente si facesse gli affari propri.
Ma altra meta da cui siamo ancora lontani.

Odio essere donna.

Mi ritengo fortunata rispetto ad una volta, ma non mi sento affatto a mio agio.
Siamo realisti, per piacere.
Essere donna non è solo ceretta, vestiti, trucchi, parto, faccende domestiche.
Ma, oltre ad una ragazza a dirlo, c'è qualche maschietto che lo dice sul serio senza mettere avanti un "però..."?.
È una moda?

È un tema delicato che non dovrebbe esistere e che in tanti prendono sotto gamba.

Mi pesa incredibilmente essere donna.
Da buona contraddittoria, sì, mi reputo anche una femminista.
A questo proposito, ci tengo a puntualizzare qualcosina:

1. "Femminismo" non è una brutta parola.

2. Far sentire la propria voce non è essere vittima.

3. Essere femminista significa sostenere la parità dei sessi.

4. Sappiamo bene quanto l'uomo abbia bisogno della donna e quanto la donna abbia bisogno dell'uomo.

Il vero traguardo arriverà quando e se nei paesi meno sviluppati uomo e donna non saranno in rivalità.
Non esiste più e meno importante, esiste diversità di persona e non di sesso.
Siamo diversi, chi vivrebbe in un mondo di pensieri uguali invaso dalla noia?

Esiste ancora tanta ignoranza, mare incredibile di insulti senza cura.

Un ragazzo sulla trentantina mi puntò e mi fece l'occhiolino seguito da un sorrisetto.
Proseguì la sua strada ed io la mia.
Puntualmente, lo ignorai.

Mi ripetei che non era niente di che, ma dentro me ne vergognai totalmente.

Controllai l'ora sul cellulare che era scarico: le otto ed ero già in ritardo.
Ancora dieci minuti e sarei arrivata.

Sistemai i pantaloncini sotto lo sguardo di un sessantenne poco dietro di me che aveva in fanali accesi nella mia direzione.

Giorno o notte che fosse, mi sentivo totalmente impaurita, terrorizzata.
Anche uscire era diventato difficile.
Non perché fossi depressa - perché non lo ero - ma perché il comportamento delle persone era deplorevole.

Non riuscivo nemmeno ad alzare il dito medio, ero paralizzata da una possibile reazione aggressiva e sappiamo anche quanto un uomo tra l'altro adulto possa avere la meglio su una ragazza nemmeno trentenne.

Guardai di nuovo il mio outfit sospirando.
Avevo smesso di indossare i jeans corti e il top a tredici anni quando alla fermata dell'autobus un ragazzo sui vent'anni si era masturbato mentre mi guardava.
Sono parecchie le persone che giudicano la vittima di "essersela cercata" solo perché aveva indossato quel che voleva.
L'estate, il caldo erano insostenibili.
Ero arrivata anche ad indossare i reggiseni a fascia che non contenevano push-up perché il mio seno era formoso di suo.

Non ero io a fare schifo, o ad essere in torto.
Erano loro e lo sapevo.
Ma avevo paura.

Un fischio mi fece scattare a guardare chi fosse, un clacson pure.

Viene chiamato "cat calling" e ogni atto viene riconosciuto come MOLESTIA SESSUALE.

Ho sentito persone del mio sesso giustificare atti simili, riconoscendo quanto le loro intenzioni fossero "innocue" e che volessero semplicemente flirtale.
Non esiste modo più sbagliato.
Far sentire un cane, un gatto, inferiore, scomoda nei miei panni, a disagio, non farebbe piacere a nessuno.

Accellerai il passo e chiusi la porta alle mie spalle con un tonfo.

«Sei in ritardo», mi ricordò Ash.

«Ho fame, fammi mangiare, donna», sovrastò Chase.
Voleva solo far divertire, o almeno così sperai, fatto era che io l'ironia non riuscivo a farmela andare giù.

Quella parola mi recò un disgusto disarmante.
Chiusi i pugni stringendoli forte al punto da lasciare sui palmi delle mani il segno delle unghie.

Il mio coetaneo guardò il fratellastro, senza ribattere.

«Hayra, mia sorella e i miei verranno domani e sarai presentabile».

«Come se non mi avessero mai visto in tuta», bofonchiai.

Una smorfia fu il mio "d'accordo" e chiudemmo qualunque discorso con il rumore delle posate che poggiavo sulla tovaglia.

LA FIGLIA DEL CAOSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora