Capitolo trentotto.

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"Vogliamo che tu venga via con noi,  Alison". Ecco, lo avevo immaginato.

Un silenzio tombale si fece spazio tra di noi, ed era insopportabile. Non riuscivo a dire nemmeno una parola per quanto ero sconvolta. Non posso lasciare tutti i miei amici, non posso, non voglio. "Dove?" riuscii a chiedere.
"Chicago, ci hanno chiamato lì e dovremmo starci per qualche anno"
"Non potete andarci da soli? Mi rovinerete la vita!" risposi e cercai lo sguardo di Nash, mi fissava spaventato. Neanche io volevo lasciarlo.
"No, devi venire anche tu. Siamo al corrente dei tuoi comportamenti, Alison. E questa storia deve finire", intervenne mio padre guardando impaziente l'orologio.
"Assolutamente no. Ma state scherzando? Spero vivamente di si. Io non posso andarmene, mi hanno accettato al college, tra non molto andrò in vacanza e non posso lasciarli, non ce la farei", spiegai agitandomi.
"Senti, tra poco dobbiamo tornare in aeroporto. Fattene una ragione il più presto possibile", ribatté.
"La mia risposta è no, quante volte devo ripeterlo? È assurdo", ammisi passandomi le mani sul viso.
"Facciamo così: adesso tu farai la bella vacanza, di cui non siamo d'accordo, inizierai il college e poi ci rifaremo vivi per portarti via con noi", spiegò mia madre.
"Quindi starò qui più o meno un altro mese? Fantastico. Non ha senso farmi iniziare il college se poi devo andarmene", urlai.

Le lacrime iniziarono a scendere. "Solo per farti restare un po' di più", disse di nuovo mia madre, torturandosi le mani.

Dovevano tornare a Los Angeles tra poco più di un'ora. "Sentite, non vi rubo altro tempo. E comunque la vacanza state certi che non me la godrò, perché voi l'avete rovinata", conclusi salendo le scale piangendo.

Entrai in camera e mi sdraiai sul letto, piangendo ancora più forte. Jade si sedette accanto a me, seguita da Cameron e mi accarezzò la schiena.
"Ehi, che succede?" mi chiese. 
"Jade... i miei vogliono che vada via con loro", risposi debolmente.
"Ah... e quando torni?"
"Mai più", ammisi abbracciandola forte. Iniziò a piangere anche lei.

Non volevo farla piangere, ma dovevo dirglielo per forza. Guardai Cameron: mi fissava solamente. Avrei dovuto lasciare anche lui e nonostante il mio orgoglio, nonostante la litigata, non volevo lasciarlo.

Ed io non credo alle relazioni a distanza, perciò dovrò lasciarlo comunque. "Ma quando parti?" domandò Jade, asciugandosi le lacrime.
"Dopo che avrò iniziato il college" 
"Cosa? Ma non ha senso", rispose stranita. 
"Vedi? L'ho detto anche io! Comunque, cerchiamo di stare il più tempo possibile insieme, d'accordo?"
"Certo, come sempre. Oddio, non posso crederci... ma perché?"

"Perché dicono che mi sto comportando male, faccio troppe assenze a scuola e i miei voti stanno peggiorando. Loro sono molto rigidi su queste cose", risposi facendo un sorriso finto.

Ad interromperci fu l'entrata di Nash. "Ragazzi mi ha appena chiamato Carter, raggiungiamoli al solito parco", disse asciugandosi gli occhi. Aveva pianto, potevo vedere i suoi occhi rossi.

Jade si alzò e lo raggiunse. "Venite?" domandò.
"Sì, scendiamo subito", risposi. Jade mi sorrise e chiuse la porta, lasciando me e Cameron completamente soli. Eravamo distanti, ci guardavamo negli occhi, in silenzio.

Si sentivano solo i nostri respiri. "Così... te ne andrai...", prese parola guardando in basso.
"Già...", risposi piano, non sapevamo cosa dire o fare. 
D'accordo, adesso solo per qualche minuto voglio mettere da parte il mio stupido orgoglio e abbracciarlo, più forte che mai e lo feci. Mi avvicinai a lui con passo veloce e lo abbracciai con tutte le mie forze. Le mie lacrime bagnarono la sua maglietta, ma poco ce ne importava. 
I suoi abbracci erano qualcosa di spettacolare, mi tranquillizzavano, mi sentivo protetta. 
Sentivo il suo profumo, il suo solito profumo.

Chiusi gli occhi, godendomelo. "Non voglio che tu te ne vada", disse Cameron rompendo di nuovo il silenzio "scusa, ti ho bagnato leggermente la maglietta", continuò ridacchiando.
"Tranquillo, anche io. Nemmeno io voglio andarmene, ma conosci i miei genitori... quando si mettono in testa una cosa..."
"Prova a convincerli, no?" mi consigliò. 
"Non cambieranno mai idea. Dai, andiamo. Io adesso tornerò ad odiarti", risi raggiungendo Nash e Jade, che erano già in macchina.

***

Raggiungemmo tutti gli altri in poco tempo. Erano tutti seduti in cerchio sul prato che parlavano tra di loro. "Dio Alison, vieni qui", disse Bethany abbracciandomi forte.

Le lacrime volevano scendere ancora. Non riuscivo a non piangere, piangevo per qualsiasi cosa.
"Okay, basta, levatevi tutti!" disse Matt, facendosi spazio e abbracciandomi. 
"Ma come farò senza di te?" gli dissi.
"Ehh lo so, mi vogliono tutte", rispose ironico.

Piano piano si aggiunsero tutti gli altri, formando un enorme abbraccio di gruppo. Non potevo lasciarli, non ci riuscirò mai. "Siete la mia famiglia ragazzi, tutti voi. Grazie di tutto", ammisi.

Per risposta, fecero un grande urlo. "Bene, da oggi andremo tutte le sere a bere, deciso", intervenne JackG.
"Si, così dovrei partire prima del previsto e no grazie", risposi subito.
"Ditemi una canzone da suonare", disse Shawn, che era con la chitarra in mano, secondo me con quella chitarra ci dorme anche.
"Life of the party, amo quella canzone", dissi e Shawn mi accontentò.

E quando iniziò a suonare e a cantare quella canzone, chiusi gli occhi e tutti i ricordi si fecero spazio nella mia mente: tutti i momenti passati insieme a questo gruppo di cretini, Natale, il primo giorno che li ho conosciuti, il campeggio, le dormite sulla spiaggia, la mia relazione con Cameron quando era ancora una relazione 'normale'.

Ma chi voglio prendere in giro? Non c'è niente di normale in questa relazione. Anzi, non c'è niente di normale nella testa di ognuno di questi individui.

Ma mi piacciono così come sono, perché sono fuori di testa e a loro piace essere così. Ecco perché non voglio lasciarli, perché sono pieni di vita, quella che non avrò io quando partirò.
Una vita, senza di loro, non riesco nemmeno ad immaginarla.

Il migliore amico di mio fratello || Cameron Dallas.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora